Recupero e riuso di Torre da Boraco | Gloria Valente e Vittorio Carofiglio
Apulia Marble Awards 2013 - Vincitore sez. Architettura Campomarino / Italy / 2012
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MISURATORE DELL’ORIZZONTE
Il nostro è un edificio monomaterico.
Una presenza molto potente, la stessa delle piramidi egizie, dei templi greci e degli ziggurat.
E’ un monolite, una massa semplice e densa, un’architettura che oggi potrebbe definirsi minimalista, un’intelaiatura potentissima che ci permette di trovarci faccia a faccia con il peso, la pietra e il suo valore permanente.
La torre, in quel luogo, non è che un potente frammento costruito, condensato, modificato e addomesticato della roccia su cui si radica, come spesso accade per tutti gli edifici di questo tipo dove la potenza si agglutina intorno ad altri elementi peculiari del paesaggio e dell’architettura: il confine tra due infiniti, la luce speciale, una forte geometria, il peso, lo spessore e non ultimo il tempo, con cui anche edifici così potenti dovranno fare i conti, perché alla fine il tempo vincerà.
Fin dalle nostre prime ricognizioni sul luogo, abbiamo subìto il fascino e la seduzione della rovina che metteva in luce la sacralità della costruzione che si lasciava attraversare da una natura dirompente, che s’inerpicava e affondava le sue radici nel cuore del bastione imploso.
Subire la seduzione della rovina significava anche riconoscere
l’essenza dell’architettura con la grande verità contenuta nelle parole di George Simmel, cioè che “un edificio non pensa ad altro che a crollare, perché soltanto quando cade può finalmente giacere, avendo esaurito il suo ruolo”, o considerarla, come diceva Schopenhauer, un “contrasto tra forze opposte che cercano un equilibrio stabile ma temporaneo”.
Il frammento, se lo leggiamo come accumulatore concettuale e iconico densificatore di contenuti di un edificio, ci permette talvolta di mettere in relazione la parte con il tutto, ricreando nel frattempo la piena identità tettonica della fabbrica. Lavorare su quel frammento significava comunque aprirsi alla possibilità di altre letture, anche latenti di architettura, appena suggerite o ancora non dichiarate.
Il frammento ci dettava il cosa e il come, ed anche le misure, perché esiste una relazione profonda e per certi versi misteriosa, tra la pietra, che è una materia naturale, e le misure che da essa dipendono. Era obbligatorio effettuare una declinazione di misure che la pietra si portava dietro insieme al modo di organizzarle, ed era necessario intercettarle.
Faccia a faccia con il confine e corpo a corpo con il tempo, dunque, e poi rovina e frammento.
Il nostro intervento doveva essere la ri-scrittura di un testo già composto, dove pezzi mancanti erano stati accolti al suo interno - dove il tempo li aveva preservati e stratificati - mentre il vento vi aveva portato sabbia e semi di piante, levigato le superfici, e la salsedine eroso trama e contorni rivelandovi i detriti del mare.
Non aveva più la sua funzione ma conservava il suo peso in quel luogo di confine. Non più sentinella del mare, dunque, ma misuratore dell'orizzonte, dispositivo visivo, "protesi scopica" per vocazione morfologica, come il Genius Loci suggeriva.
La richiesta del committente, finalizzata al recupero della torre, poggiava su tutto questo.
Si trattava di restituire allo sguardo un riferimento nella sua interezza.
Ridare a questo pezzo di costa il suo “iconema" come riferimento del nostro guardare a questo paesaggio roccioso, lì dove s‘intrecciano storie di mare, di corsari e dl fuoco. Anche loro storie non molto leggere.
Un’architettura di/sul mar-gine, dunque, sulla linea di confine tra due distinti mari: quello liquido e mobile dello Jonio e quello solido pressocché immutabile della scogliera.
Contrappunto tra la scogliera e il mare.
STATO DI CONSERVAZIONE: “IL RUDERE”
La torre versava in un grave degrado: la parte basamentale dell’edificio ed in particolare i quattro cantonali esterni erano fortemente deteriorati e presentavano importanti sbrecciature ed ammanchi di materiale. Inoltre i crolli subiti dagli elementi di coronamento e di gran parte delle caditoie, così come l’implosione della volta e della copertura, avevano ulteriormente deteriorato la statica del manufatto evidenziando fenomeni di distacco delle pareti.
All’interno del vano al primo piano era cresciuta una rigogliosa vegetazione spontanea e addirittura un grande albero di fico
IL RESTAURO
Lo stato di rudere ed il crollo della volta hanno permesso di studiare e meglio comprendere le tecniche costruttive adottate per le torri costiere. Il materiale crollato ed accumulato alla base della torre e all’interno del vano è stato recuperato e selezionato per essere riutilizzato nel restauro ed ha rappresentato il modello di riferimento per la scelta del nuovo materiale integrativo.
I beccatelli crollati hanno messo in mostra la tecnica costruttiva della controscarpa: conci di tufo carparo sono stati collocati di testa nella muratura di parete formando l’ammorsamento per incastrare a spina i conci che completavano all’esterno la mensola di appoggio per la caditoia. La volta, ad un solo filare di tufo carparo posti di piatto, presentava sull’estradosso un riempimento di pietrame misto sciolto.
Nelle operazioni di restauro, si è inizialmente intervenuti sul piano fondale e risarcendo la muratura espulsa; si sono riconnessi i filari di tufo mancanti agli spigoli, punto di accumulo di tensioni, ammorsandoli alla base attraverso l’inserimento di conci nuovi e/o di recupero attraverso la tecnica del cuci-scuci.
Sulla base degli elementi ancora esistenti si è proceduto alla ricostruzione delle murature della controscarpa superiore e dei beccatelli, delle archibugiere e delle caditoie, nonché del toro marcapiano di coronamento. Laddove non si è potuto riutilizzare il materiale di spolio si è utilizzato tufo carparo di Alezio con stilatura dei giunti con malta di calce idraulica naturale, inerti silicei, polvere di tufo e cocciopesto. Una leggera velatura a latte di calce lievemente pigmentata e tonalizzata con terre esclusivamente naturali armonizza, pur senza mistificare la sua origine posteriore, il nuovo materiale con quello preesistente.
La pavimentazione della copertura è stata realizzata con lastre di Pietra di Cursi, mentre quella interna in battuto di cocciopesto.
IL RIUSO
Completata la fase di restauro si è passati alla integrazione della preesistenza con un nuovo elemento costituito da un corpo scala per accedere alla quota +5,50 m.
Il nuovo intervento è stato concepito come un “blocco lapideo compatto” e riconoscibile nella sua forma, una sorta di “proliferazione” dalla “torre madre” da cui, prendendone la materia, se ne distacca fisicamente in maniera netta pur portandone con sé la traccia dell’inclinazione in alzato (parallelo alla torre) .
Due setti murari portanti, in blocchi di carparo posti di piatto, delimitano la sequenza di gradini a tutto masso di Bronzetto di Apricena, monoliti sagomanti in modo tale da essere sovrapposti uno all’altro a incastro in un’apposita sella di appoggio. Giunti alla sommità, la rotazione di 90° segna un cambio di materiale. Sulla mensola del blocco lapideo, costituita da una “piega” del blocco stesso, si àncora un ponte in acciaio COR-TEN, che irrompe fino all'uscio come materia viva, già corrotta dalla ruggine. Il cambio del materiale segna questa distanza tra i due elementi in dialogo e funge da “giunto” dilatato oltre misura.
Compreso tra lastre di acciaio da 8 mm di spessore e alte 120 cm il ponte, con doghe di larice, conduce all’accesso. Una prima porta/pannello, anch’esso in acciaio COR-TEN (scelta questa dettata, vista la localizzazione, dalle specifiche sue caratteristiche) è a protezione di una porta in acciaio e vetro. Questa, così come i due infissi delle finestre interne, è in lamiera di acciaio da 5 mm pressopiegata e saldata, realizzata su disegno, ed è in battuta contro lo stipite di pietra in modo da risultare invisibile dall’esterno.
L’ultimo intervento sarà affidato al tempo.
All'azione corrosiva e levigatrice del mare e del vento così come ai muschi ed il licheni che potranno proliferare sulla pietra, sul tufo e su tutta la materia viva che incontreranno.
Materiali lapidei pugliesi utilizzati: Tufo Carparo, Bronzetto di Apricena, Pietra di Cursi
Aziende pugliesi coinvolte l, MOIRE Archeologia Restauri e Costruzioni Srl , Trani Marmi Srl.
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MISURATORE DELL’ORIZZONTE Il nostro è un edificio monomaterico. Una presenza molto potente, la stessa delle piramidi egizie, dei templi greci e degli ziggurat. E’ un monolite, una massa semplice e densa, un’architettura che oggi potrebbe definirsi minimalista, un’intelaiatura potentissima che ci permette di trovarci faccia a faccia con il peso, la pietra e il suo valore permanente. La torre, in quel luogo, non è che un potente frammento costruito, condensato, modificato e addomesticato...
- Year 2012
- Work finished in 2012
- Status Completed works
- Type Recovery/Restoration of Historic Buildings
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