MUDEC | David Chipperfield Architects

Museum of Cultures Milan / Italy / 2015

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The MUDEC started life as an operation of archaeological recovery in one of the most lively districts of Milan, the Tortona area. The project for the Museum of Cultures originated in the 1990s when the Municipality of Milan acquired the former industrial area of Ansaldo to give it over to the cultural activities. The disused factories, which are true monuments of industrial archaeology, have been transformed into workshops, studies and new creative spaces. In this scenario the municipality of Milan is designing a multidisciplinary hub dedicated to the various testimonies and cultures of the world, an exhibition site for the Civic Ethnographic Collections. The Museum of Cultures, conceived in a socio-economic context that was very different from now, has had to be rethought in the light of a complexity that was perhaps not to be imagined at the end of the 90s. The intercultural vocation that runs through it today finds its expression in a design that is capable of meeting the call, which over the years has become more and more widespread, from a cultural public in a landscape that is in continuous transformation for museum institutions, their sustainability and their identity between scientific research, historical witness, interpretation of the present day and a vision of the future. A visitor to the Museum of Cultures can visit great international shows proposed via diverse artistic languages, get to know the ethno-anthropological heritage of the collections of the Municipality of Milan which are made up of more than 7000 works of art, objects of use, textiles and musical instruments from every continent, take part in a schedule of events and initiatives curated by the international communities present locally. The very architecture of the building mirrors the many spirits that dwell in the MUDEC. The building features blocks of squared off forms clad in zinc and a crystal structure – lit around the clock – that bursts geometrically upon the area hosting it and appears very different from the adjacent rooms. The MUDEC sets itself apart by its central hall in a free and organic shape which generates an internal courtyard with a characteristic “flower” shape, a covered piazza, a meeting place between cultures and communities. Within the building various spaces are laid out that offer the visitor and the city a multiplicity of cultural proposals and services, spread over 17,000 sq. mt. The ground floor is devoted to welcoming; it has a bistrot, a design store, ticket office, wardrobe, restoration workshop and storerooms set up for visits by small accompanied groups. The exhibition area of the Museum, located on the first floor, is set around a large covered central piazza and hosts the section of the museum itinerary holding the works from the permanent collection and halls given over to the large temporary shows. The space is rounded out by the auditorium, a theatre that sits three hundred, devoted to performance and visual arts. On the second floor on the other hand there is the MUDEC Club restaurant, which offers unseen glimpses over the building and the surrounding area and aims to be a container for events linked to the art-world: artistic performances, presentations, and workshops will be held in series over a yearly calendar and will stimulate the artistic spirit of this space. Finally, MUDEC Junior is the space specifically dedicated to children, where it is proposed bringing the younger ones closer to the diverse cultures of the world through activities of play, multimedia stations and manual workshops.


 


[IT]
Storia, progetto e funzioni
Rientra nella strategia di recupero del patrimonio immobiliare dismesso scelta dal comune di Milano, questo intervento unico nello sviluppo e nel concept ideativo.


Rispecchia le nuove strategie urbanistiche che cercano di giungere al rallentamento del consumo del suolo, la nuova operazione milanese per rifunzionalizzare aree abbandonate, anche disegnandone nuove porzioni per far riacquistare alla città una sua parte importante e storica. Sotto la spinta di questa nuova sensibilità, il cuore dell’immenso quadrilatero occupato un tempo dai capannoni dell’Ansaldo di via Bergognone, in zona Tortona, è stato destinato, nel 1999, a trasformarsi da archeologia industriale del primo Novecento a “la Città delle Culture”.
L’impianto originario risale infatti al 1904 ed è riconducibile all’impresa automobilistica di Roberto Zϋst. Già nel 1908 però le officine vengono rilevate dall’AEG per la produzione di componenti elettriche e dinamo, giungendo, dopo una serie di passaggi, al gruppo Finmeccanica-Ansaldo, nel 1966, che si occupava qui della costruzione di locomotive, carrozze ferroviarie e tramviarie.


Il concorso per l’assegnazione del progetto, bandito dall’allora assessore a Cultura e Musei Salvatore Carrubba con il direttore centrale Alessandra Mottola Molfino, premia David Chipperfield, stimando la proposta dell’architetto di fama internazionale la soluzione che “meglio risolve il rapporto tra nuovo e vecchio, senza dissonanze, ricercando i propri valori in un non facile contesto”. L’idea del progettista è in sostanza quella di recuperare la lunga cortina edilizia su via Tortona, dentro la quale ricavare con disposizione sequenziale gli spazi destinati al Museo archeologico, al Casva, al Laboratorio di marionette Colla e alla Scuola di cinema, con un colonnato in cemento aperto verso il lato interno e di costruire invece una parte nuova da dedicare al centro delle culture extraeuropee. Questo nuovo volume nasce per essere la vera e propria immagine distintiva dell’intero intervento, un grande corpo ondulato, polilobato, assolutamente in contatto diretto con la luce.
Tra il 2001 e il 2003 vengono redatti e consegnati i progetti preliminare, definitivo ed esecutivo. Ad oggi il lavoro è completato al 90%, tutte le strutture sono state terminate, mancano solo gli arredi interni.


Un nuovo spazio destinato a tutte le culture contemporanee: sarà il cuore pulsante di un anello di edifici industriali riconvertiti.
Come ha spiegato Stefano Boeri, assessore alla cultura del Comune di Milano e promotore della nuova chiave di lettura del progetto, la visione museologica è stato riorientata, favorendo un luogo dedicato all'interculturalità, senza intaccare la configurazione dell’edificio, ma intervenendo sulla logistica degli spazi funzionali. Qui le culture planetarie e quelle locali potranno confrontare le loro differenze e sintonie. Con i suoi circa 8600 metri quadrati di superficie distribuiti su tre piani, lasciando esclusi i collegamenti verticali, i locali tecnici, il grande parcheggio interrato, l'edificio è composto da un sistema di parallelepipedi grezzi, simili alle strutture industriali preesistenti, secondo il pensiero creativo di Chipperfield, che al piano terra ospiteranno gli spazi pubblici (bookshop, caffetteria, didattica, biblioteca, mediateca, uffici...) oltre a uno spazio per il Forum Città Mondo (500 associazioni delle comunità presenti a Milano, da 80 Paesi), depositi e laboratori. Una grande attenzione alla libertà di circolazione, sia in orizzontale che in verticale, contraddistingue gli ambienti interni e dà spazio ai linguaggi audiovisivi.
Si tratta di un progetto che rimette in discussione il concetto classico di museo visto come statica esposizione di una collezione per diventare invece un Forum delle Culture, uno spazio aperto alla condivisione e alla circolazione delle pratiche artistiche, tentando di dare il via ad un circolo virtuoso per la vita intellettuale della città.
L'opera è costruita da un’ATI guidata dal consorzio formato da CCC per le opere civili e di impiantistica meccanica, Stahlbau Pichler per le opere strutturali in acciaio ed i sistemi di facciate e Gemmo per l’impianto elettrico.



Lo sviluppo architettonico
L’edificio si mostra sostanzialmente fedele al progetto iniziale imperniato sulla ricerca di leggerezza dell’originaria imponenza del lotto attraverso la creazione del corpo centrale caratterizzato, in opposizione all’esterno dell’edificio senza aperture, dall'atrio completamente vetrato messo in opera con una particolare forma organica con sagoma ondulata, a riprendere il concetto di piazza coperta, attorno alla quale si apriranno le sale espositive di tagli diversi e modificabili in modo flessibile. Il volume, costruito in vetro acidato con superfici paraboliche, fungerà da lanterna per la città nelle ore serali. Costretta su tutti i lati da edifici e strutture nate nel tempo per necessità lavorative senza un previo studio urbanistico, l’architettura gioca sull’introspezione, filtrando lo sguardo del fruitore attraverso il contrasto tra linee e curve, le prime a protezione delle seconde, centrando il tema comunicativo sull’introflessione, sul raccoglimento quasi meditativo.


All’esterno dunque la struttura si può leggere come un allineamento di stereometrie squadrate interamente rivestite in zinco-titanio, atto di riverenza nei confronti del contesto industriale dell’Ansaldo. Questi corpi spigolosi e rigidi circondano, quasi a proteggerlo, il cuore dell’intervento, che pare sbocciare con linee di luce che disegnano la struttura quadrilobata dell’atrio di vetro opalescente. Un cristallo di luce, inaspettatamente flessuoso e dagli ampi respiri, introduce le retrostanti sezioni del museo, organizzate in cluster di sale rettangolari adiacenti che si susseguono in ordine gerarchico di grandezza, studiate per dare la possibilità di scegliere chiusure selettive degli ambienti e assecondare la rotazione delle collezioni a museo aperto, tutto ciò mantenendo la filosofia della continuità del percorso del visitatore.


A occuparsi dell’atrio centrale, delle facciate e di tutto l’involucro in generale Stahlbau Pichler con un team di ingegneri e tecnici impegnati su un progetto ambizioso, ma allo stesso tempo davvero appagante.
Saliti nel cuore del progetto quindi, si emerge in questo alto e luminoso corpo di vetro opaco, una sorta di fiore dalle forme fluide e accoglienti, snodo dei percorsi che di qui portano all'auditorium, agli spazi per le esposizioni temporanee, dove l’insolita altezza è illuminata dalla luce zenitale, intercettata da lucernari in copertura e integrata da lampade a regolazione automatica. Sempre partendo da quest’anima centrale è possibile recarsi ad altre sale destinate a ospitare piccoli nuclei delle raccolte etnografiche, pensati per instaurare di volta in volta un dialogo con le mostre di contemporanea che si terranno nelle aule contigue. All'ultimo piano, il bar e il ristorante, anch’essi vetrati e quindi pieni di luce.


Le gallerie sono parallelepipedi taglienti in cemento gettato in opera posate su un solaio di trasferimento alto 1 metro, sorretto da colonne di 80 cm di diametro e scavato da profondi cassettoni prefabbricati. Il pian terreno presenta un carattere plastico e scuro che disvela al visitatore la luce della hall, enfatizzando il sorprendente effetto di respiro della stessa.


Al piano terra il soffitto a cassettoni e il cemento armato faccia a vista ricordano l'atmosfera dell'area Ansaldo. Sale dipinte di bianco con soffitto in barisol al primo piano fanno entrare la luce negli spazi espositivi. La pavimentazione è nei toni del grigio scuro, in pietra basalto etneo. L'effetto sorpresa arriva con i colori vivaci delle pareti al piano terra. Due piani interrati sono dedicati ai parcheggi.
Fuori terra ci sono 12 mila mq di superficie lorda costruita di cui 1.500 mq per le esposizioni permanenti e 850 per quelle temporanee.



Le strutture e le facciate
La struttura in acciaio della grande “lanterna” centrale e le facciate sono state realizzate da Stahlbau Pichler seguendo un disegno tanto pulito visivamente quanto complesso dal punto di vista realizzativo.


Andando a vedere la sezione verticale della lanterna possiamo identificare: scossalina in alluminio preverniciato, lastra di compensato marino da 20 mm, manto impermeabilizzante a base bituminosa, supporto puntuale per lastra di compensato marino, elemento stabilizzante del montante verticale, isolamento termico con doppia lastra di polistirene estruso, elementi di ancoraggio del montante della facciata vetrata alla struttura in acciaio retrostante, corpo illuminante, struttura in acciaio verniciato bianco, colonna in acciaio verniciato bianco, trave di bordo in acciaio.


La facciata continua esterna è realizzata con profilati in acciaio e cartelline esterne in alluminio preverniciato. Il vetrocamera è composto da doppio vetro stratificato con interlayer di pvb opalino e lastra interna ad assorbimento termico. Il grigliato in acciaio preverniciato bianco presenta una maglia 44x44, di altezza 25/10 mm e s=2 mm, fermapiede in acciaio preverniciato bianco, giunto orizzontale con sigillatura siliconica, corpo illuminante con riflettore bianco, staffa di ancoraggio in acciaio preverniciato bianco della facciata continua esterna alla struttura in acciaio retrostante, colonna in acciaio verniciato bianco, struttura d’irrigidimento in acciaio.


Il rivestimento in alluminio preverniciato è stato predisposto con isolante termico a doppia lastra di polistirene estruso di spessore minimo pari a 8 cm, massetto di pendenza in calcestruzzo alleggerito a pendenza min. 1%, soletta in calcestruzzo armato, struttura in acciaio di supporto per la vetrata della vetrina espositiva, controsoffitto in lastre fonoassorbenti avvitate su orditura metallica, piatti in acciaio calandrati preveniciati in bianco per il fissaggio del vetro, corpo illuminante montato su binario a incasso.


La parete vetrina espositiva è stata realizzata in vetro curvo extrachiaro stratificato 10+10 mm e il pavimento sopraelevato ha finitura in basaltina, supporti verticali regolabili, cordolo in calcestruzzo armato. La base della vetrina espositiva è stata prevista in pannelli modulari di mdf verniciato con piastra in acciaio verniciato bianco da 10 mm pantografata al plasma.


La facciata continua interna è realizzata con intelaiatura perimetrale in alluminio e vetro curvo extrachiaro stratificato con interlayer di pvb opalino e acidatura sulla superficie interna all’atrio.
La struttura è in acciaio, il telaio di supporto della vetrata interna è in alluminio preverniciato bianco, la lastra di tamponamento in cartongesso e i pannelli sono modulari sandwich in mdf bianco, apribili per ispezione con cerniere a scomparsa e meccanismo di chiusura nascosto.


Montanti e traversi in acciaio sono tutti verniciati in colore bianco.
Il vetrocamera, del tipo doppio stratificato, è composto da: lastra esterna extrachiara 66.2 con pvb opalino, intercapedine d’aria 16 mm, lastra interna float 44.2 ad assorbimento termico.


 


Conclusioni
La Città delle Culture incarna in sostanza la concretizzazione di un esteso e articolato parco tematico culturale all’interno dell’area industriale dove si ergevano gli insediamenti produttivi dismessi dell’Ansaldo. L’area interessata dall’intervento si trova a Sud-Est di Milano, non lontano da Porta Genova e dalla circonvallazione esterna della città. Si snoda lungo via Tortona, via Borgognone, Via Savona e via Stendhal, ne circoscrive il perimetro e ne impone la forma quadrilatera.


La grande piazza interna in vetro sagomato, che definisce la sorgente dell’intero volume e s’innalza a lanterna polilobata dal centro dell’edificio, è l’unica forma organica del progetto ed è pensata per dare vita ad un ambiente protetto visibile dall’esterno, una vera e propria linea di demarcazione e definizione dell’introflessione che accomuna l’opera, la città ed il visitatore. La centralità di questo elemento unita alla refrattarietà visiva delle superfici esterne, rimanda all’introflessione dell’architettura della tradizione milanese, superando ogni inciampo nell’autoreferenzialità.
In ragione della dislocazione territoriale dell’area dove sorge la Città delle Culture, ovvero uno dei contesti urbani di Milano più in evoluzione, è stato giusto prevedere spazi flessibili capaci di accogliere nuovi stimoli ed essere ridefiniti nel tempo. L’interazione con le attività in essere nella zona consentirà di valorizzare le aree dedicate alle mostre temporanee, l’auditorium, ed i laboratori, gli spazi per la didattica ed i negozi. Sinergie con l’esistente e con il possibile manterranno in vita nel tempo il nuovo polo culturale. Di contro la Città delle Culture farà da stimolo per le attività della zona, richiamando persone e impedendo una frammentazione dispersiva, mantenendo piuttosto la spinta verso i temi della novità e della creatività.
Lo sviluppo, dalla progettazione alla realizzazione di tutte le strutture in acciaio e delle facciate di quest’opera ha rappresentato per Stahlbau Pichler una nuova sfida dalle grandi soddisfazioni.

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