Casa Maloni

Premio Nazionale Bioarchitettura 2012 - 3° classificato Nibbiano / Italy / 2008

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Recupero ad uso residenziale di un piccolo centro agricolo con cascina e rustici in Val Tidone, una delle valli della zona appenninica piacentina che prende il nome dal torrente che la attraversa. È collocato nel territorio del Comune di Nibbiano, e comprende il terreno che dalla strada provinciale degrada fino alla sponda sinistra del Tidone. La proprietà è denominata Casa Maloni (Cà Maloni) e appare come un organismo complesso, stratificato ed evolutosi nel tempo con ampliamenti successivi richiesti dalle esigenze del contesto agricolo in cui è immersa. È un’edilizia sostanzialmente povera ma è anche la testimonianza di quanto in epoche precedenti l’agricoltura fosse la principale attività di sostentamento, tanto specifica da richiedere organismi architettonici tipologicamente e morfologicamente specializzati. La disomogeneità dei volumi e l’estrema semplicità della loro articolazione, così come le superfetazioni ed i materiali propri del luogo e di questo tipo di costruzioni sono stati adottati come punto di partenza del progetto di recupero, volto a rispettare il carattere agricolo della cascina pur soddisfacendo tutte le esigenze della nuova residenza. La differente tipologia dei fabbricati, così come la normativa urbanistica ed edilizia che imponeva modalità di recupero variabili per ogni edificio, ha suggerito scelte architettoniche tra loro diverse, che ora contribuiscono a rendere il piccolo borgo ricco di variazioni. Il fienile, la prima parte che è stata recuperata, mantiene inalterata la struttura forte e originaria dei pilastri in mattoni e della copertura in coppi. L’intervento ha previsto di chiudere le campate con vetrate in cristallo ed acciaio di ampie dimensioni che si interrompono in corrispondenza della soletta arretrata dei due livelli ed in cui è stata posta particolare attenzione al contenimento delle spessore dei profilati metallici. L’effetto è quello di una grande scatola di vetro trasparente e riflettente all’interno della quale è facile individuare le funzioni introdotte e la scala di collegamento tra i due piani. Per l’edificio più grande la ridistribuzione interna dei locali ha comportato la creazione di due livelli: un piano terra per la zona giorno, con l’inserimento anche di una piccola unità autonoma con accesso posto a fianco della scala esterna, ed un piano primo per la zona notte. Il porticato antistante è divenuto un ampliamento della zona giorno, costituito da uno spazio a doppia altezza in stretta relazione col paesaggio circostante per la presenza di un sistema di vetrate completamente apribili. Particolarmente importante è la ricerca di un equilibrato rapporto tra i volumi pieni e quelli vuoti, elemento caratteristico delle cascine dove gli spazi aperti divenivano funzionali al ricovero delle attrezzature o allo stoccaggio dei prodotti agricoli. Sono state infatti restaurate tutte le parti esistenti in intonaco e pietra, mentre i nuovi tamponamenti perimetrali, necessari a recuperare maggior volume per la nuova residenza, sono rivestiti in doghe di legno naturale disposte orizzontalmente. Le doghe a spessore variabile mimano le chiusure in legno che spesso venivano realizzate per chiudere ampie superfici o i materiali (fieno, legna, cassette di legno etc.) che venivano stivati nei granai, mantenendo così la peculiarità di “contenitore” propria delle cascine. Esse formano delle superfici continue, apribili solo in parte in corrispondenza delle finestre di cui costituiscono anche il sistema di oscuramento e protezione. Nella parte corrispondente al portico del piano terra esse si aprono ripiegandosi verso l’alto e costituendo un’ulteriore pensilina verso l’esterno. Il particolare rivestimento assolve anche le esigenze di contenimento energetico dell’edificio se inteso come facciata ventilata. L’attenzione al risparmio energetico ha comportato la realizzazione di murature di ampio spessore, ben coibentate, così come la copertura ventilata e isolata è rivestita internamente da un doppio strato di eraclit lasciato volutamente a vista. In copertura sono posizionati pannelli solari per la produzione di acqua calda. È stato studiato il posizionamento delle nuove aperture in facciata, per garantire il riscontro d’aria e la ventilazione dei locali stessi. Infine il piccolo deposito in pietra è stato restaurato in modo conservativo e mantiene la sua funzione di deposito e ricovero attrezzi. Il terreno circostante è stato modellato solo in parte per portare in piano una porzione antistante la casa verso il Tidone, con la conseguente creazione di una muratura di contenimento in pietra a vista, che è stata poi ripresa anche per realizzare la recinzione su strada. Il terreno, a prato, degrada più o meno dolcemente verso il torrente. Per quanto riguarda le specie arboree e la vegetazione sono state mantenute le poche piante esistenti, un pero, un ciliegio e dei frassini e sono stati piantati un gelso sul fronte verso l’ingresso alla proprietà, alcuni pioppi argentati a mascheramento della strada provinciale verso ovest, una parrotia e infine dei carpini a filare lungo la recinzione in pietra.
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