Box House | b-arch studio

Florence / Italy / 2007

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Trecento urne elettorali per trasformare in loft una antica falegnameria. BOX HOUSE Tintoria nell’Ottocento, falegnameria negli anni Cinquanta, oggi è il loft di un architetto che ha fatto della commistione tra il moderno e l’antico il proprio linguaggio principe la propria firma caratteristica. Alessandro Capellaro, assieme a Sabrina Bignami, è socio di b - arch, studio di architettura da sempre interessato a proporre l’integrazione di linguaggi contemporanei in contesti storici. Intuire le potenzialità di uno spazio che si presentava in maniera completamente diversa, e rivisitarlo in chiave attuale, adattandolo al proprio gusto e modus vivendi, riuscendo a preservare il fascino delle sue atmosfere e l’essenza storica: questa la sfida raccolta dall’architetto, che ha deciso di acquistare la ex falegnameria e stabilirvi la propria abitazione sin dal primo incontro con questi spazi. “Dietro le seghe a nastro e le pialle sommerse dal legno, ho visto una casa aperta, libera dalle convenzioni e ricca di memorie.” L’intervento ha puntato a liberare gli spazi, eliminare pareti divisorie in eccesso sino ad ottenere pochi grandi ambienti luminosi, anche grazie alla sostituzione delle finestre, molto piccole, con vetrate che arrivano al soffitto voltato. La memoria della vecchia falegnameria non viene però tradita, ma è anzi rievocata in maniera nuova, originale ed ironica, nel particolarissimo arredo che è il vero protagonista della casa : trecento scatole di legno, autentiche urne elettorali oggi fuori corso, sono disseminate in ogni ambiente, fungendo ora da innovativa boiserie nel pranzo, da piano di lavoro in cucina, ma anche credenza, divano, scrivania e persino letto. L’architetto le ha acquistate in blocco ad un’asta, intuendone il potenziale creativo che poteva trasformarle in mensole, o veri e propri elementi costruttivi su cui disegnare il proprio mobilio. I toni naturali del legno si trovano anche nel parquet industriale che pavimenta tutti gli ambienti, e sono mantenuti anche quando si accosta questo materiale con altri, come il cemento, con cui si accentuano atmosfere soft e naturali, o il ferro, originalmente utilizzato come rivestimento nel bagno. Ancora più affascinante risulta allora il contrasto con i pezzi di design coloratissimi di cui l’architetto si è circondato, raccolti nel tempo, o di sua stessa produzione, come le lampade vintage, i quadri ed i vasi. In sala da pranzo, il tavolo e le poltrone anni Sessanta sono originali di Robin day; all’ingresso, “objects trouvè” che provengono direttamente dalla strada, come la lampada da sala operatoria. Pezzi di storia personale dialogano con oggetti di recupero che ci restituiscono memoria del nostro Paese, e creano atmosfere fresche e al tempo stesso vissute, connubio ideale per l’attualità di un loft nel cuore del tessuto storico di Firenze.
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