Hyle - Antonio Biafora | Francesca Arrighi

Ad Hyle (si pronuncia ILE) si entra attraversando una porta in noce massello a doppia anta, che si apre come un antico portone di un castello e da cui l’ospite accede alla sala del ristorante, i marmi e i parquet sono rigorosamente naturali con finiture materiche. Il progetto, ha coinvolto operai e artigiani del territorio, alimentando così l’idea di sostenibilità etica ed economica alla base del pensiero dei committenti. Ad accogliere i commensali, il banco aperitivi, con i suoi cinque sgabelli e la work station per i cocktail, qui si inizia il viaggio gastronomico.

L’esperienza prosegue nella sala grande con quattro tavoli e grandi vetrate che danno sul verde e che guarda alla cucina a vista completamente aperta, dove lo chef e la sua brigata lavrano senza nessuno schermo verso i commesali. Completa la sala il parquet in noce e un’intera parete su cui un’artista di San Giovanni ha realizzato un bosco di abeti silani con intarsi d’oro realizzati da un orafo del luogo.

Domina la zona meditazione con vista sul giardino il camino sospeso, attorno al quale quattro confortevoli poltroncine invogliano al relax, magari sorseggiando qualche distillato scelto dalla bottigliera in noce.

La scala che collega il piano interrato svela la credenza dei formaggi e delle conserve, tassello molto importante per l'esperienza gastronomica da Hyle. La cantina ospita un mobile sviluppato su 8 metri in larice, estremamente stabile alle tempeature costanti e all'alta umidità, le bottiglie sembrano sospese in uno sviluppo continuo e retro illuminato.