Museo "Casa Marcegaglia" | Vittorio Longheu

La poetica della fabbrica rigenerata Gazoldo degli Ippoliti / Italy / 2022

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Lo stabilimento di Gazoldo degli Ippoliti, piccolo paesino del mantovano, storica sede e ancora oggi suo quartier generale, occupa una superficie di circa 550 mila mq sulla quale sono stati realizzati in più di sessant’anni di attività, circa 4,8 milioni di mc di opifici, forni e depositi che costituiscono l’architettura di un luogo “altro” rispetto al territorio che lo circonda, ancora fortemente caratterizzato dalla dimensione agricola del paesaggio.
L’alterità dei luoghi è stata ulteriormente accentuata con la costruzione avvenuta alla fine degli anni 90’ del grande edificio direzionale denominato “il palazzo” lungo 120 ml e alto 6 piani, emblema di un vero e proprio limite fisico tra la fabbrica ed i luoghi che la circondano.
La tesi su cui si fonda il progetto è cogliere l’occasione del nuovo investimento per ripensare l’intera fabbrica, operando quindi non solo attraverso una semplice addizione, come prospettato inizialmente per la realizzazione dello spazio espositivo in un’area non ancora edificata a lato del “palazzo”, ma coinvolgendo l’intero complesso industriale a partire dalle aree esterne del grande parcheggio prospiciente l’ingresso.
Il progetto diviene quindi un lavoro non su un singolo episodio, sia pur di valore, ma una rigenerazione complessiva del complesso industriale per pensare alla fabbrica come uno spazio aperto e comune, dedicato a generare lavoro, relazioni e comunità.
Questa visione si rivela attraverso una serie di addizioni che si integrano con l’esistente con la riscrittura di luoghi e spazi dedicati prevalentemente al territorio e alle “persone” che in esso operano, quelle stesse che in sessant’anni di storia dell’azienda si sono avvicendate
per generazioni, costruendo nel tempo un vero e proprio senso di appartenenza.


Il primo obiettivo è stato quindi restituire alla comunità che in questi spazi opera, una nuova visione del lavoro dove la “fabbrica” non è solo uno spazio fisico ma soprattutto un luogo comune, dedicato a generare relazioni, rapporti, condivisione.
Un luogo per la comunità dove il contributo di ognuno diviene l’occasione per produrre un diverso valore economico, sociale e ambientale del lavoro.


Da questa premessa alcuni temi sono divenuti termine di paragone per le scelte progettuali che con piccoli interventi puntuali ma digrande valore simbolico ci hanno permesso di iniziare il processo di rigenerazione aziendale:
- è stata attuata una riorganizzazione di tutti gli spazi esterni di accesso e di relazione, in particolare sulla grande area a parcheggio di circa 58.000 mq, compiendo una restituzione urbana e paesaggistica con la realizzazione un parco/parcheggio alberato che ridisegna
i l paesaggio circostante e sostituisce la colata d’asfalto del grande parcheggio esistente.
Uno spazio pubblico a disposizione di tutto il paese con nuove aree a verde nelle quali sono stati piantumati più di 300 alberi, un giardino dei ciliegi prospiciente il nuovo padiglione d’ingresso, spazi di socializzazione, parcheggi alberati, viali e piste ciclabili;
- è stata rappresentata l’idea che la fabbrica non sia più un limite ma un luogo aperto, che accoglie attraverso la realizzazione del nuovo padiglione d’ingresso, da dove tutti entreranno, uno spazio trasparente e completamente vetrato con un grande tetto;
- il tetto è metafora della casa, e la fabbrica diviene così “Casa Marcegaglia”. Questo è il nome che si è voluto dare a questo processo di rigenerazione;
- il tetto del padiglione d’ingresso allude anche alla presenza di una “soffitta della memoria”, metafora di quel patrimonio di competenza e sapere del fare di cui è intrisa la storia dell’azienda. Le addizioni che il progetto opera vogliono essere quindi contemporaneamente luoghi
della vita e luoghi della memoria. Questa metaforicamente si riverbera in tutti coloro che entrano nel padiglione d’ingresso attraverso il soffitto rispecchiante e la luce che penetra all’interno dall’alto per mezzo di un lungo lucernario;
- da questo primo padiglione si può accedere alla fabbrica, alle nuove addizioni o alle parti ristrutturate del piano terra, dove collocati gli spazi espositivi, una biblioteca, un archivio storico e tecnico e l’academy, luogo di formazione per tutti i collaboratori;
- il senso di unità e appartenenza delle persone che operano all’interno della fabbrica è reso programmaticamente esplicito dall’uso, per la realizzazione delle strutture di sostegno, di un’infinità di sottili pilastrini che, uniti gli uni agli altri, sono pensati a sorreggere i
tetti dei nuovi padiglioni ma anche a rappresentare l’intera comunità aziendale;
- il programma di rigenerazione ha previsto anche la ristrutturazione della mensa aziendale e la realizzazione di futuri luoghi dedicati allo sport, con palestra e spazi all’aperto nonché a nuove residenzialità per i collaboratori.
Nel progetto la collaborazione e la coralità nelle scelte è stata alla base del nuovo programma di rigenerazione dell’azienda partendo da un’idea fondata sulla convinzione che senza la comunità non c’è rigenerazione.


Al di là della qualità formale del disegno, è diventato quindi determinante il processo e la capacità di generare delle metodologie condivise sapendo bene che un progetto non è più solo un progetto. Per essere accettato dalla comunità, diventa narrazione, scambio, dialogo, dopodiché l’architetto afferma la propria indipendenza, ovvero la capacità di mettere forma a tutto questo.
In questo lavoro tutto ciò si concretizza e si articola in diverse tappe tematiche nelle quali si coniugano lo spazio, le installazioni interattive multimediali e le opere d’arte. Il progetto si dimostra da subito attraverso un attento disegno dello spazio aperto che coniuga e integra
il nuovo all’esistente, con volumi relativamente piccoli e silenziosi, capaci comunque di conferire una nuova immagine all’insieme. Il confronto/rapporto con la poderosa facciata del “palazzo” direzionale esistente misura inevitabilmente le scelte progettuali e dimensionali
relative al padiglione d’ingresso, che ad esso si antepone. Il rapporto tra l’esistente ed il nuovo prevede la realizzazione di un piccolo podio, alto circa 60 cm, che misura il dislivello tra la quota del “palazzo” e il giardino dei ciliegi.
La sua dimensione corrisponde in lunghezza e larghezza al ribaltamento al suolo della facciata dell’edificio direzionale. Questo nuovo spazio aperto è occupato al centro dal nuovo padiglione d’ingresso, a destra da una lunga vasca d’acqua e a sinistra da un prato che ospiterà
la scultura “DIN A4” di Julia Bornefeld.
Il padiglione d’ingresso, completamente circoscritto da pareti trasparenti si combina con la presenza poderosa della facciata in vetro e pietra dell’edificio degli uffici, al quale si antepone. La misura del rapporto tra queste due figure sta nella loro rappresentazione, l’uno sospeso, l’altro fortemente radicato al suolo. Il gioco dei contrasti, nella perentorietà di entrambe le forme non si esaurisce in un facile confronto tra il nuovo leggero, l’esistente pesante, ma si rende disponibile, osservandolo dal podio da differenti angolazioni comunque confinate dalla sua misura, sempre a nuove interpretazioni.
Il tetto del padiglione d’ingresso, costruito con una struttura spaziale a campata unica di circa 50 ml, allude metaforicamente alla presenza di una “soffitta della memoria”, ad un luogo che ha un particolare rapporto con il passato.
Gli spazi espositivi, meglio di ogni altri, si prestano a questo gioco di relazioni ed intrecci tra spazio e tempo.
Al loro interno si dipanano i giochi delle interpretazioni che fanno del passato uno strumento vivo e utile nella misura in cui attraverso l’interpretazione di ciò che è accaduto noi generiamo nuove correlazioni tra ciò che loro contengono e una visione del nostro futuro. Sono infatti le domande che noi ci poniamo abitando questi luoghi, che noi poniamo al passato, a dargli voce nuova. Costruire questi spazi assomiglia all’azione di fabbricare un’arca che accoglie e contiene le nostre memorie più care.
La forma di questo tetto è simile a quella di uno scafo rovescio appoggiato al suolo.
Questa forma semplice ma gravida di riferimenti e significati è sospesa da una selva di appoggi, tubi sottili e circolari, di 14 cm di diametro, legati l’uno all’altro dalla necessità del sostenere il tetto.


Ogni tubo simboleggia la presenza in azienda di una persona che assieme alle altre, nella loro coralità, costituiscono la struttura portante dell’intera azienda, dando vita e anima ad una comunità. Da questo primo spazio inizia un percorso che racconta con immagini, video, suoni e parole l’azienda, la sua storia, la sua eredità, la sua visione del futuro. Per tale ragione è agganciato al piano terra esistente attraverso due collegamenti.
Il principale, completamente vetrato è posto in diretta relazione con il nuovo ingresso e con l’atrio a doppia altezza del “palazzo”. Il secondo, completamente cieco, collega la sala conferenze che diventerà una vera e propria agorà aziendale, dalla quale inizierà anche il percorso espositivo immersivo.
Attraverso questi spazi, recuperati all’interno del piano terra dell’edificio direzionale esistente, si raggiunge il primo dei due padiglioni posti nella parte posteriore del palazzo, collocati a sinistra e a destra del vano scale ed ascensori esistente.
L’estensione risulta quindi perfettamente integrata sia funzionalmente che distributivamente con il piano terra che così diviene un unico grande spazio espositivo.
I due padiglioni posti nel retro sono caratterizzati da una forma stereotomica, pesante, che si contrappone alla leggerezza del sistema trilitico del padiglione d’ingresso.
Due aule rettangolari, una forma semplice, con pareti su tre lati completamente chiuse. Il quarto lato rivolto verso l’edificio esistente è tracciato da un fronte vetrato che si rivolge all’interno di due lunghi e stretti patii. E’ disegnato da una doppia fila di pilastrini e definisce all’interno il percorso di collegamento tra i due padiglioni.
Questo limite tra l’esistente ed i l nuovo, oltre a rievocare metaforicamente l’idea di un opificio, diviene nel lungo prospetto del retro, la forma principale che scandisce il ritmo dei pieni e dei vuoti. La figura che ne deriva è accentuata sia dalle ombre del chiaro scuro che il disegno degli shed scandisce nella facciata, ma anche dal colore del calcestruzzo pigmentato di nero.
Il secondo padiglione, definito dalle medesime soluzioni formali, ospita la biblioteca e l’academy e conclude il percorso di visita con una piccola corte disegnata da una selva di pilastrini, da un muro in c.l.s. con una panca, da un albero di ciliegio.


Tutte le realizzazioni, dai padiglioni, ai nuovi luoghi di lavoro, agli spazi esterni, sono disegnate con cura, dando rilevanza allo spazio e alla luce. In esse la materialità si fa di volta in volta opaca o riflettente, naturale o astratta. Sono spazi intrisi di valori nei quali la semplicità crea un senso di appartenenza e di identità, rende riconoscibili i luoghi e ci fa vedere il mondo che ci circonda in maniera nuova e diversa.


Committente
Marcegaglia Holding s.r.l.


Architetto
Vittorio Longheu


Collaboratori
Roberta Tognoli, Marco Morandi, Alessandra Isolan, Olenka Palomino de la Mata


Progetto strutturale
Antonio Sproccati, Andrea Sproccati, Paolo Freddi


Tecnici impiantisti
Renato Borrini – Impianto termoidraulico
Studio Associato El-Tec – Impianto elettrico


Progetto curatoriale
Elisabetta Pozzetti


Allestimento multimediale
Studio Chiesa


Luogo
Gazoldo degli Ippoliti, Mantova, Italy


Impresa costruttrice
Morbio Costruzioni


Progetto illuminotecnico
Viabizzuno srl


Fotografie
Federica Bottoli

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    Lo stabilimento di Gazoldo degli Ippoliti, piccolo paesino del mantovano, storica sede e ancora oggi suo quartier generale, occupa una superficie di circa 550 mila mq sulla quale sono stati realizzati in più di sessant’anni di attività, circa 4,8 milioni di mc di opifici, forni e depositi che costituiscono l’architettura di un luogo “altro” rispetto al territorio che lo circonda, ancora fortemente caratterizzato dalla dimensione agricola del...

    Project details
    • Year 2022
    • Work started in 2020
    • Work finished in 2022
    • Main structure Steel
    • Client Marcegaglia Holding s.r.l.
    • Contractor Morbio Costruzioni
    • Cost 6.000.000,00 €
    • Status Completed works
    • Type Adaptive reuse of industrial sites / Museums
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