PIXEL Architettura

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PIXEL ARCHITETTURA è un raggruppamento di professionisti , nato dall’esigenza di riunire diverse figure professionali con molteplici competenze al fine di allargare il proprio campo di azione, garantire una progettazione multidisciplinare ed un controllo unitario del progetto architettonico.

L’attività di questi anni ci ha visto impegnati in ambiti diversi tra loro, ad accostare la nostra professionalità a settori assai vari:, progettazione e realizzazione di nuovi edifici, ristrutturazioni e riqualificazioni di edifici esistenti, progettazione di spazi pubblici, progettazione a scala urbana, attività concorsuali, ricerca progettuale, innovazione tecnologica, arredo urbano, progettazione di interni, design, graphic design; ma sempre guidati da un'unica filosofia progettuale declinabile alle diverse scale di azione.

La progettazione, ossia l’insieme di mezzi, strategie e azioni più opportune per raggiungere determinati fini, deve imprescindibilmente farsi interprete della complessità nella quale opera una complessità di sovrapposizioni, sociali, fisiche, storiche, di frammentazioni culturali, di aspirazioni contrastanti, deve agire come interprete sensibile della realtà, delle necessità esplicite, di quelle latenti, delle ambizioni, delle aspirazioni, delle necessità funzionali e di quelle emotive e organizzarle in un progetto organico iconografico significativo.

Il prodotto di questo processo, deve essere votato all’equilibri tra i grandi opposti della vita: noia ed entusiasmo, ordine e confusione, ragione ed immaginazione, semplicità e complessità, sobrietà e lusso, moderazione ed eccesso , ordine e disordine, privato e pubblico, individuale e collettivo, innovazione e tradizione, sicurezza e pericolo; cercare quindi differenti equilibri tra opposte opzioni di gusto: rustico ed urbano, il controllato e l’esuberante, il monumentale e il dimesso, il moderno e lo storico, il formale e l’informale, il rigoroso e il giocoso, il sottile o l’esplicito, il locale e l’internazionale , il naturale ed il tecnologico.

L’equilibrio ci affascina perché esemplifica le scelte possibili tra aspetti conflittuali del nostro carattere, la legittima aspirazione a trasformale le nostre contraddizioni in qualcosa di bello. ( Alain De Botton)

Se è vero che “esistono tanti stili di bellezza quante visioni della felicità” ( Stendhal ) è anche vero che la complessità del presente giustifica l’abolizione del concetto stesso di stile e il ricorso libero e strategico alla totalità delle conoscenze e delle esperienze ereditate dalla storia della disciplina architettonica e delle arti visive.
Il superamento dei vincoli ideologici, autorizza la libertà di utilizzare tutti gli strumenti, i colori, gli accenti e gli umori che il patrimonio culturale dell’architettura ci offre.

Il punto di partenza è sempre il presente, quello che c’è, cogliere lo spirito dell’esistente, partire dalle sue tracce, dalle qualità del contesto, dalle sua vocazioni implicite, enfatizzandole, rimodulandole, rivalutandole, amplificandole piegandole alle nuove esigenza, al programma; che siano, storia, emergenze, oggetti,materiali, sistemi costruttivi, equilibri cromatici, esposizione alla luce, atmosfera, pathos, percorsi; rappresentano dati da rinnovare, riqualificare, ordinare , gerarchizzare collegare.

L’elaborazione dei dati, assieme alle richieste funzionali, alle esigenze rappresentative, alle volontà comunicative, ai bisogni emozionali, producono una risposta modulata, nella quale i diversi ingredienti sono dosati a realizzare un esito unico e irripetibile.
In questo contesto Il nostro contributo si sintetizza in alcuni assiomi :

-E’ nostra ferma convinzione che ogni intervento debba introdurre una innovazione nel tessuto della tradizione esistente, in armonia con la storia della trasformazione del luogo in cui si opera. Un oggetto, un interno, un edificio, un insieme di edifici, una città o un paesaggio diventano significativi quando stabiliscono un rapporto equilibrato tra la natura, che corrisponde allo stato originario, e la storia, che si riferisce alla sua trasformazione nel tempo. Con queste premesse, riteniamo conseguente, ineluttabile, l’utilizzo del linguaggio contemporaneo come tessuto connettivo, come trama regolatrice, come elemento di contatto con una realtà sovrastante; con un contesto globale.

- La consapevolezza che ogni intervento si realizzi, è da inserirsi in processo continuo di modifica e adattamento della realtà , rispetto al quale il nostro intervento costituisce solo un tappa, ci porta a considerare il progetto in relazione alla sua futura trasformazione, per la quale la flessibilità diviene una componente essenziale.
L’architettura deve essere capace di delineare spazi non rigidi e monofunzionale, ma luoghi modificabili (ambiti manipolabili) dell’abitare.

-La sostenibilità ambientale, urbana, economica e sociale, è per noi sinonimo di rinnovamento, competitività, attrattività ed in ultima analisi di proiezione verso il futuro, quindi ingrediente indispensabile di ogni proposta.
Sostenibilità ambientale, bioarchitettura, architettura eco-compatibile, non sono linguaggi architettonici, sono dati di progetto imprescindibili, così come lo sono l’innovazione, la tecnologia, l’evoluzione di processo, i materiali inediti.

- “ L’idea che ogni situazione che viene dal passato debba essere conservata è superficiale e deteriore, quanto l’idea che debba essere sostituita in nome del progresso” (Giancarlo De Carlo) .

- La promozione della socialità, dell’incontro e dell’interazione tra individui, rimane uno degli traguardi fondamentali dell’agire progettuale, il raggiungimento dello scopo deve necessariamente passare dal riconoscimento dei singoli, delle esigenze, declinazioni, ambizioni, dell’individuo, della dimensione privata , collegata e gerarchizzata in un tessuto che genera la dimensione pubblica, una rete sociale di spazi identitari, che garantisca relazioni senza smarrimento.

- occorre agire rispettando, generando o rigenerando una gerarchia di luoghi, tutti necessari e connessi tra loro: dalla scala intima a quella familiare, vicinale, di quartiere, cittadina, territoriale.
Il tessuto connettivo tra le diverse misure determina spazi di relazione corrispondenti , collegati in rete, adeguati alla scala dalla quale discendono: solo nella giusta proporzione si possono generare spazi fruibili e significativi, solo se in rete tra loro possono originare tensioni, capaci di agevolare, promuovere, favorire la rete di relazioni umane...

- Non apprezziamo l’autoreferenzialità, ogni gesto ha senso solo trova una giustificazione nel contesto, solo se capace di contribuire ad una tessitura più ampia.

- Siamo liberi da pregiudizi etici filosofici sull’uso dei colori! La nostra paletta cromatica è vasta e priva di preclusioni ideologiche, ogni colore ha pari dignità, solo il contesto, la tessitura, la volontà espressiva, e il programma sono elementi discriminanti, dosando vivacità, rigore, divertimento, ironia, evocazione.

- Rigore ed astrazione, sono un mezzo , non il fine, sono un elemento fondamentale del linguaggio del nostro secolo, parte integrante del nostro lessico, non sono lo scopo del nostro operare

- Troppo spesso si affida alle sole proprietà dei materiali immacolati, la totale responsabilità di rappresentare la contemporaneità del gesto o ad operazioni grafiche superficiali, un’eccessiva responsabilità nella composizione architettonica complessiva, ma tutto è soggetto all’entropia, e con i materiali anche l’edificio diviene vittima di un degrado rapido ed inesorabile.
Riteniamo che all’articolazione grafica-cromatica debba sempre accompagnarsi quella volumetrica-materica. Le qualità dei materiali vanno considerare in continua trasformazione, in proiezione futura, piegando alle nostre esigenze espressive la loro capacità di essere aggrediti dalle stagioni, di accogliere in modo autonomo e sempre originale, la patina del tempo, emblema della natura dell’esistenza.

- occorre innescare un dialogo intenso, tra natura ed artificio, a questo scopo, la natura deve sempre avere parte nell’insieme, o sublimata attraverso materiali che ne sono espressione; o simboleggiata dalla presenza di essenze vegetali, anche quando utilizzate in modo improprio; o evocata, inseguita, ricercata nel rapporto altalenante e compenetrante tra interno ed esterno.

- Lo stupore, l’estraniazione, confondere la sintassi con significati imprevisti, con funzioni inaspettate, offre la possibilità di far vivere spazi in modo inatteso, di riattivare relazioni e interessi, di definire nuove polarità.
Attraverso microinterventi di forte valore semantico, provocatori o emblematici, capaci di cambiare il punto di vista, si possono originare tensioni propulsive di rigenerazione diffusa, processi virtuosi di rivalutazione del complesso.

- La luce e l’ombra sono materiali della composizione. Auspichiamo un architettura non impermeabile alla luce, utilizzata in tutte le sue accezioni, in tutte le sue variabili, e sfumature, naturale, artificiale, soffusa, sfolgorante, emotiva o asettica, calda o algida.
La luminosità deve essere tale da realizzare un insieme ordinato e composito di “interni a cielo aperto”, suggestivi e ospitali, sia che si operi dentro l’edificio sia che si agisca all’esterno o in uno spazio pubblico.

- apprezziamo le virtù dell’ordine di un progetto solo se esso civetta con la confusione, la forza della complessità solo se espressa con semplicità.

- Consideriamo con molta serietà la necessità di una giusta dose di frivolezza, giocosità e ironia.

- Crediamo nel valore sociale dell’architettura, non vogliamo fare l’errore di sopravvalutarla, non è l’architettura da sola che può risolvere problemi sociali, o condizioni di degrado, ma conosciamo le potenzialità propulsive di una progettazione focalizzata.
La più sensibile capacità interpretativa del migliore architetto, se non basata sulla lettura ordinata di dati oggettivi, non può che produrre progetti arbitrari, per questo crediamo e favoriamo il processo di partecipazione alla scelte programmatiche dei destinatari finali.
Solo la progettazione partecipata, solo con un dialogo libero e paritetico, si possono definire obbiettivi comuni, individuare le emergenze, sintetizzare le priorità, le complessità e i quesiti che il progettista deve decifrare, risolvere e mettere a sistema.

- L’identità di un luogo o di un paesaggio, l’identità di un comunità che in esso si riconosce, non sono dati statici, storici, endemici, sono fattori in perenne evoluzione, sono variabili in continua
ri-definizione, l’identità non è solo un dato da cercare, ma una realtà che la progettazione può aiutare a formare , un concetto che si deve costruire e rinnovare.

- L’equilibrio che cerchiamo è una stabilità dinamica, controbilanciata delle istanze del programma, così si possono generare ambienti con una caratteristica dominante familiare, confortante, accogliente, nei quali ci riconosciamo, oppure, muovendo i contrappesi, generare spazi esperienziali, emozionanti, spiazzanti, che inducono all’esplorazione, che spingono ad andare oltre se stessi, ad acuire la nostra capacità di reagire, ad immaginarsi diversi e migliori.
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