Fabbricare, fabbricare, fabbricare. New life for a wall

Arte nella sede Archilovers: la complessità del costruire disegnata su una parete di 5x3m

by roberta dragone
14
14 Love 1418 Visits



Oggi racconto una storia di amicizia, di passione, di architettura. Ma soprattutto una storia di incontri e di continui scambi che hanno inaspettatamente quanto spontaneamente trovato massima espressione e compimento in un’opera d’arte.

Protagonisti di questa storia sono Enzo Maiorano, co-founder e art director di Archilovers, Francesco Maggiore, ingegnere ed esperto in Storia dell’Architettura contemporanea, Vincenzo D’Alba, architetto e artista, e Francesco Moschini, architetto, storico dell'arte, storico dell'architettura e Professore Ordinario di Storia dell’Architettura al Politecnico di Bari.

Enzo, Francesco e Vincenzo si conoscono al Politecnico di Bari, negli anni della loro formazione. Nasce in questo periodo il rapporto di profonda stima e amicizia che li unisce ancora oggi. Figura determinante in questo incontro è il prof. Moschini, che con il suo insegnamento li guida attraverso un percorso culturale nel quale ciascuno di loro si riconosce, e segna in maniera determinante se pur differente le loro vite, fungendo al contempo da legame spirituale nella loro fortunata amicizia.

Non più studenti, oggi Enzo, Francesco e Vincenzo esprimono diversamente il proprio talento professionale pur restando nell’ambito dell’architettura, e continuando a vivere di scambi e reciproche contaminazioni.

Co-founder del network per l’architettura e il design (Archilovers, Archiproducts, Archiportale ed Edilportale), Enzo si misura quotidianamente da oltre 14 anni con la sfida di raccontare il complesso mondo del costruire. Di qui la voglia di ‘rappresentare’ tale complessità. Ma in che modo? L’idea è di realizzare un’opera negli spazi della sede aziendale. Enzo chiede quindi a Vincenzo di disegnare la sua personale interpretazione su una parete di 5m x 3m, in una sorta di sintesi tra arte, immaginazione e sentimento, ‘contaminandola’ con la sua stessa intima conoscenza del contesto: il network, ma soprattutto le sue persone.

3 giorni e 3 notti senza sosta, in un frenetico e quasi compulsivo abbandono alla creazione, sono la risposta di Vincenzo. Ore intense e appassionate di lavoro riassunte in un video che, in soli 2 minuti, ricostruisce e svela la genesi dell’opera, riuscendo a coglierne tutta la complessità.

 

“Alcuni di voi già lo conoscono, lui è Vincenzo D’Alba, architetto, scultore, pittore, artista poliedrico. Esperto in storia dell’arte e dell’architettura, oltre che nostro grande amico ed estimatore.

Oggi Vincenzo ci regala, dopo diversi giorni e notti di lavoro, un’opera in cui gli ho chiesto di rappresentare la complessità delle relazioni e delle pulsioni che muovono l’arte del costruire: dai desideri, alle idee, ai progetti, ai cantieri, fino alla vita delle architetture.

Quest’opera si chiama "Fabbricare, fabbricare, fabbricare”, come recita una bellissima poesia di Dino Campana, cara a me e a Vincenzo, e che suona così:

Fabbricare, fabbricare, fabbricare
Preferisco il rumore del mare
Che dice fabbricare fare disfare
Fare e disfare è tutto un lavorare
Ecco quello che so fare
(Dino Campana, Opere, Canti Orfici e altri versi e scritti sparsi, ed.TEA)

E allora perdetevi, o ritrovatevi, nell’opera di Vincenzo”.

Così Enzo Maiorano introduce l’opera, intitolata "Fabbricare, fabbricare, fabbricare”, davanti agli 80 ragazzi del team, curiosi di scoprire cosa si nasconde dietro il sipario che sta per alzarsi.

E per meglio ‘perderci e ritrovarci’ nell’opera di Vincenzo, ci lasciamo ancora una volta guidare dalle parole del prof. Moschini:

“Quando gli uomini taceranno saranno le cose a dire amen”. Raramente come in questa opera, eseguita per la sede di Edilportale nell'ambito del ciclo "Progetti d'Opera" di A.A.M. Architettura Arte Moderna, il titolo “Fabbricare, fabbricare, fabbricare” incarna l’inesorabile e instancabile lavoro dell’autore.

Tra i reperti architettonici, le ricchezze figurative, gli apparati simbolici che la compongono ci si trova di fronte ad una gestualità dell’arte che sembrava ormai perduta. La singolarità dell’opera sta nel fatto che nonostante il grande ed inestricabile movimento di linee, si percepisce un altrettanto grande e istintivo silenzio fatto di centinaia di segni che si tengono in un paradossale equilibrio.

Sembrano riecheggiare le parole di Rainer Maria Rilke quando scrive “vi è una pazienza oscura […], una longanimità silenziosa e superiore, un po’ della grande pazienza e benevolenza della natura, che inizia con il nulla per proseguire silenziosa e severa sul suo lungo cammino verso l’abbondanza”.

Attraverso una realizzazione minuta e scrupolosa Vincenzo D’Alba organizza una catasta di riferimenti concentrati in uno spazio infinito e delimitato di un “mattone”. Il complesso di segni all’inizio si percepisce come grumo, come magma in grado di esprimere sprofondamenti quasi abissali nella materia. Infine, ad un nuovo sguardo, tutti i segni sembrano raggelarsi in una sintesi grafica perfetta paragonabile alle complessità pittoriche di Hans Memling, agli affastellamenti umani di Luca Signorelli, agli elenchi surreali di Hieronymus Bosch, per giungere alle assolute astrazione di Saul Steinberg.
D’Alba invoca e dirige una bellezza fatta di visioni classiche, di un’infinità di superfici, che non si lasciano sedurre dai significati per ritrarre qualcosa di più grande, più inquieto e forse anche più crudele…"
(Francesco Moschini)

Comments
    comment
    user
    Author