ARCHITETTURA?..FATTA A PEZZI

PROFESSIONE O ARTE?

by bernardo re
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                                    ARCHITETTURA?.....  FATTA A PEZZI.

 Vediamo le figure “professionali” che oggi come oggi interagiscono nella e per la realizzazione di un manufatto edilizio:

-         L’architetto urbanista;

-         il progettista così detto “architettonico anche se architetto non è” che esegue la progettazione di massima;

-         il professionista che si occupa della Valutazione di Impatto Ambientale;

-         il professionista, laureato o non, che segue la pratica con l’Ente autorizzatorio;

-         il professionista che si occupa della cosiddetta ingegnerizzazione (strutture), come se fosse possibile ideare un’opera senza contemporaneamente chiedersi come farla stare in piedi, come illuminarla, come dare tepore, come fare in modo che si sentano alcuni suoni e altri meno, ecc. ecc;

-         il professionista che si occupa dell’impianto elettrico;

-         il professionista che si occupa dell’impianto idraulico;

-         il professionista che si occupa dell’impianto di riscaldamento;

-         il professionista che si occupa della certificazione antincendio;

-         il professionista che si occupa della progettazione architettonica esecutiva “anche se architetto non è” dell’involucro non strutturale;

-         il professionista che si occupa della facciata;

-         il professionista che si occupa del giardino, verticale o orizzontale;

-         il professionista che si occupa della certificazione energetica;

-         il professionista che si occupa della sicurezza in fase di progettazione;

-         il professionista che si occupa della sicurezza in fase di esecuzione;

-         il professionista che dirige i lavori strutturali;

-         il professionista che dirige i lavori di completamento;

-         il professionista che collauda i lavori strutturali;

-         il professionista che collauda gli atti amministrativi;

-         il professionista dell’interior design che dovrebbe “far belli gli interni”;

-         il professionista che si occupa dell’impatto ambientale;

-         il professionista che si occupa del restauro conservativo;

-         ecc.

     sicuramente abbiamo dimenticato qualcuno;

 ma certo, per ogni figura oggi esiste anche il professionista che aggiorna il professionista anche se poi viene da chiedersi da chi a sua volta è aggiornato e come si fa a dimostrare che colui che aveva l’obbligo di aggiornarsi sia uscito effettivamente aggiornato o invece abbia dormito; e, ancora, quali sono i canoni per stabilire su cosa debba aggiornarsi un Architetto: se è “Creativo”; non è possibile che esistano aggiornamenti sull’opera unica appena creata, o che, per obbligo deontologico, l’Architetto è tenuto a creare. E allora?  Non si vuole che l’Architetto sia Creativo o non è chiara l’utilità e la missione sociale dell’Architettura?, Eppure l’Architettura è classificata fra le Arti e non fra le Professioni.

 Tutto ciò per un Architetto che fa l’Architetto non è forse ridicolo e contraddittorio?

 Se Brunelleschi per realizzare la cupola avesse dovuto interagire con tutte queste figure Firenze    e l'Umanità avrebbero un capolavoro in meno: in verità penso che gli sarebbe passata la voglia, avrebbe cambiato mestiere.

 Ma non solo, è evidente che un misero manufatto edilizio di un piano sembra proprio essere, dal punto di vista squisitamente tecnico, più complesso della Famosa Cupola.

Per consentire a tutte le figure di interagire c’è un dispendio in termini di tempo e quindi economico notevole; per non parlare della perdita in termini di qualità globale del manufatto che in quanto tale cessa totalmente di esistere nella sua unicità per divenire una serie di sotto interventi in cui, fermo restando la qualità anche indiscutibile di ognuno, la stessa finisce col perdersi nella mancanza di qualità generale e nella banalità del tutto che finisce con l’essere privato della sintesi formale che solo il parto di un unico progettista riesce a dare.

Risultato: il costo professionale è indubbiamente elevatissimo visto il numero, il costo artistico praticamente infinito stante il fatto che il prodotto non sarà certo ascrivibile fra le opere d’arte per difetto di nascita; ciò comporta e comporterà in modo sempre più appariscente un depauperamento della qualità dell’ambiente, costruito e non, stante l’abbandono del concetto dell’edificio come “unico organismo” : organismo che vive all’interno come all’esterno ed interagisce con la vite di chi ne fruisce attraverso la qualità percettibile frutto dell’uso del percorso sensoriale che un’opera d’arte anche senza volerlo regala a chi ne fruisce anche senza esserne proprietario.

 Se i nostri antenati fossero stati così  superficiali in quanto eccessivamente attenti nell’analisi e così scarsamente incapaci nella sintesi come siamo ora, saremmo stati privi dei capolavori che grazie al Cielo ci circondano; l’unica figura che riesce ad analizzare e sintetizzare con la medesima abilità è l’Artista: l’Architetto deve bastare per fare un manufatto poiché è il compito  che l’umanità nella Storia gli ha assegnato: fare poesia con lo spazio, spazio che si vive all’interno come all’esterno; se si frantuma il manufatto in una serie di parti il risultato è un povero ed insipido collage. La necessità dell’architetto nella storia è venuta fuori quando gli agglomerati hanno smesso di vivere il luogo come parte organica di esso in piccoli nuclei di pastori o cacciatori nomadi che costruivano le loro capanne con materiali e tecniche che rispondevano perfettamente alle loro povere ma ricce esigenze del momento soddisfacendo i loro bisogni: le tende degli Indiani d’America o dei Beduini del Deserto erano e sono tutt’ora dei capolavori di architettura organica ed è da essi che gli studenti di architettura devono partire per capire la tettonica dello spazio: quel rapporto triunivoco fra materiale, struttura e forma dove ciò che si vede è al contempo forma ed ornamento, struttura ed arredo, necessità  e gioco ossia è parte della vita. L’architettura un tempo era bagaglio di ogni individuo perché viveva nel posto, col posto, in simbiosi col posto, divenendo nel tempo con esso. Il voler dominare il posto, sovrapporsi ad esso senza comprenderne i meccanismi e viverli, ha allontanato l’individuo dall’Architettura così come dai semplici concetti che la compongono, così come i grandi agglomerati urbani hanno allontanato l’individuo dalla Natura, da quella sorella del quale l’individuo è parte integrante e del quale ha bisogno. E’ così che dentro le città l’uomo ha sviluppato la necessità di rivivere quelle sensazioni che le sono proprie e dal quale si era allontanato a volte senza il suo volere; ed è così che ogni tanto, qua e là, per fortuna nascono ancora  Architetti che creano capolavori rispolverando quei concetti semplici che non si sono persi nel tempo perché parte di noi stessi ché vengono dal Cuore: Quello che lo scultore compie modellando la SUA opera, lo fa il pittore dipingendo il SUO quadro, lo fa il poeta componendo la SUA poesia, lo fa il musicista componendo il SUO brano, tutti scegliendo i pieni, mettendo i vuoti scanditi dallo spazio del tempo scelto; sono i vuoti e lo spazio fra essi nel tempo che viene dal Cuore che, parte inscindibile di ognuno di noi, dipendendo dalla nostra formazione, educazione, sensibilità, UNICITA’ generano l’Opera d’Arte. Ecco perché ognuno di noi ARCHITETTI deve riappropriarsi del proprio fare, del proprio ambito, dei propri diritti poetici per esprimere l’unicità dell’essere come molteplice rappresentazione dell’unicità del Creato. Solo così anche noi saremo sempre utili agli altri. L’ARTE è destinata a sopravvivere perché è dell’individuo, bisogna coltivarla non segregarla in un angolo delle nostre intenzioni perché da fastidio chi se ne occupa o, quel che è peggio, dice soltanto di occuparsene o ancora peggio perché si pensa che riguardi l'inutile e l'effimero: L'Arte è la sublimazione del fare quotidiano: di un oggetto, di un passaggio, di un suono, di un colore, di un'azione, di in gesto …. di qualunque cosa noi facciamo o ci occupiamo quotidianamente che il poeta coglie e ci restituisce nella sua cristallina limpidezza originaria.

 Smettiamola di crederci Professionisti poiché la nostra missione è un'altra e non buttiamoci giù se non riusciamo a fare capolavori o se le nostre opere non vengono reputate tali poiché non è per il giudizio degli altri che componiamo ma solo ed esclusivamente per la gioia di “creare” e quello che oggi non viene visto, domani potrebbe far parte del tempo, in ogni caso è stato fatto col Cuore.

 Un paesaggio restituisce in ognuno che lo percorre sensazioni diverse, come si può pensare altrimenti delle nostre opere: esse sono fatte apposta perché creino in ogni osservatore/fruitore sensazioni diverse e allora come possiamo credere che il giudizio su di esse si appiattisca in un giudizio unanime come quello, ad esempio, della Giuria di un concorso o di una rivista di tendenza; l'Arte è fuori dalla moda e fuori dal tempo, è episodica in quanto originale sempre e comunque, più passa il tempo e più diventa bella, più invecchia e più non si può fare a meno di ammirarla, poiché non rappresenta solo se stessa ma tutti ed ognuno di noi nel divenire del tempo.

 Formia 21-10-2013                                                                                  Bernardo Re

 

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