Metamorfosi del monumento

spazio e tempo nella società moderna

by Angelo Lanzetta
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La nostra società ha un rapporto sregolato con il tempo. Siamo infatti travagliati da una profonda contraddizione; per sopravvivere e soprattutto per prosperare , o meglio per essere moderni , dobbiamo proiettarci sempre più nel futuro, eppure se ci guardiamo bene nel profondo, siamo senza un progetto ben definito, senza una meta vera e propria. Le nostre città, da alcuni decenni a questa parte, sono anch'esse proiettate verso uno sviluppo crescente, verso un infinito che rispecchia i nostri propositi interiori e più reconditi. Città moderna come specchio dell'anima; anima di ognuno di noi perso in questo vasto deserto che rappresenta la cultura contemporanea europea.


Anticamente città e paesaggio si distinguevano per le loro diverse identità; ogni elemento aveva la propria singolarità e peculiarità, a volte protetta ed esaltata nella sua natura stessa di unicum. Basti pensare agli antichi templi greci, la cui scena era rappresentata dal paesaggio antistante la cavea, ricavata essa stessa da un declivio naturale; il tal modo il paesaggio naturalis si fondeva con quello humanum, rappresentato dallo stesso teatro in pietra costruito appunto dall uomo. Artificiale e naturale si armonizzavano insieme, per creare un qualcosa di armonico; ma con il passare del tempo, i luoghi sono divenuti non luoghi , e le città sono divenute degli agglomerati di palestre, stadi, discount del divertimento, etc...

 

La fine dell identità di un luogo inizia quando il predominio del tempo distrugge i valori dello spazio. In tal modo gli antichi monumenti costruiti dall'uomo, così in buona parte d Europa, come anche in Italia, si trovano ad assomigliare all odierna Acropoli di Atene, un tempo simbolo del dominio della ragione della polis e dello zoon politicon, ma ormai corrosa dalla città sviluppatasi nel nostro secolo, così da rappresentare semplicemente un monumento in pietra isolato di un tempo ormai arcano e a noi estraneo. 

 

Sant Agostino afferma che tre sono i tempi: il passato, il presente e il futuro. Più esatto, sarebbe dire: Tre sono i tempi: il presente del passato, il  presente del presente, il presente del futuro . Queste ultime tre forme esistono nell anima, né vedo possibilità altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è l intuizione diretta, il presente del futuro è l attesa . Nella nostra epoca persiste ormai solo il presente del futuro; in altre parole la nostra volontà di prevaricare il presente del passato, ovvero la memoria e il rispetto del luogo, ha il solo fine di velocizzare un processo evolutivo sociale e intellettuale  che non tiene conto dei rapporti spazio-temporali che una volta erano alla base della progettazione architettonica e non solo. Così l'intuizione diretta lascia il posto all'ansiosa ricerca di un nuovo e di un inedito, aggettivi che non tengono conto di una costruzione e consequenzialità logica e mentale. 

 

Il nostro tempo è afflitto dalla distruzione del paesaggio, così da rendere necessario continuare a identificare il paesaggio come ragione, disegnando attraverso l'architettura una continuità comprensibile, che possa riallacciare i rapporti uomo-nautura al fine di contribuire a un recupero di quel continuum indispensabile per la creazione di un luogo vero e proprio. Un luogo non solo vivibile, ma vivo; un luogo non naturale, ma umanamente naturale. 

 

Marc Augè, nel suo libro Ville e tenute del 1976, afferma che il non luogo sta prendendo il posto del luogo vero e proprio; autogrill, vincoli stradali, motel, ipermercati stanno diventando quel punto di riferimento sociale ed economico che un tempo era proprio dell agorà greca o dei mercati romani, nei quali il popolo si incontrava per parlare e scambiare le proprie idee. Oggi invece questi sono divenuti i luoghi della separazione interpersonale, unendo fisicamente le persone che vi si recano, ma separandole socialmente e culturalmente nei propri mondi distinti. Luoghi che uniscono le persone, ma che allo stesso tempo le separano; moderne agorà che nel loro evolversi hanno perso quel contributo sociale e politico di cui una volta erano fiere portavoci e sostenitrici. 

 

A tal fine, è necessario che i monumenti, attaccati e accerchiati dalle architetture fisiche e mentali del nostro secolo, non vengano letti nel loro significato originario, ma nella nuova realtà modificata; è necessario una specie di filtro post-moderno che traduca la primitiva accezione del proprio contenuto, con una adatta ai nostri giorni. 

 

Il monumento, misurato nel rapporto con la città costruita intorno ad esso, è rilevabile nel suo isolamento; esso rappresenta un elemento  architettonico non ben definito, un semplice luogo di ritrovo che non è un punto di riferimento, ma un semplice spazio non occupato dalla superficie stradale della città. In tal modo lo spazio non rappresenta più una concezione del mondo, ma una concezione della vita. Così un antico obelisco non rappresenta più la celebrazione di un importante vittoria romana sui cartaginesi, ma un semplice punto di partenza per la costruzione di una rotatoria stradale. 

 

La globalizzazione moderna della vita sociale e culturale, seppur facilita la vicinanza dei popoli, da un altro punto di vista livella e annienta le diversità culturali e la condizione di originalità che dovrebbe caratterizzare ciascun luogo. La difficile identificazione nel genius loci, la sua non chiarezza, inaridiscono la fonte di una identità sicura cui riferirsi e rapportarsi. 

 

Il monumento è una entità, oggettivamente fisica, da scoprire in un tessuto più diffuso del proprio singolo apparire, dove affida alle singole realtà il proprio messaggio profondo e concettuale.

 

Il tema della possibile dilatazione di un codice architettonico, l'Ordine Classico, si ripropone oltre le speranze, la cancellazione e i naufragi del Movimento Moderno e oltre le ribellioni inevitabili che ne hanno segnato la definitiva classificazione in un tempo storico da definirsi trascorso. Le scale dell ordine e del disordine sembrano infatti intersecarsi e offrire al nostro lavoro una virtualità anomala.

 

Il Movimento Moderno aveva causato l'azzeramento dei codici classici, mentre ora siamo portati a confrontarci con un ciclo complesso, che compatta e contiene tutto ciò che nell architettura classica e nelle epoche successive era considerato eterno e inattaccabile. 

 

Il nuovo paradiso moderno, ovvero la città, deve essere tale non solo perché consacrato all otium e allo svago culturale, ma anche perché lo spirito sia arricchito dai frutti della terra, frutti ottenuti da un sagace lavoro dell'uomo. Tali frutti sono da interpretare in senso culturale e sociale; frutti messi in condivisione dal singolo individuo per il bene suo e del suo compagno e concittadino. 

 

Ora dobbiamo contrapporci, o integrarci, ad una condizione di proliferazione selvaggia artificiale. Si è, in effetti, spezzato l'ideale processo di continuità tra il materiale, per così dire, del suolo e il materiale da costruzione. In epoche non remote, un monumento era segno distintivo delle caratteristiche proprie del luogo, sia costitutive che geofisiche; l'antica città di Perugia sfoderava fra i suoi palazzi quello splendido color roseo proprio del Monte Subasio che sorge nelle sue vicinanze, così come il tufo e il travertino romano predominavano nello splendore del Pantheon, il tempio di tutti gli dei che proteggevano la città di Roma. 

 

Ma ormai tale metodo concettuale e costruttivo è andato perso, sia per la modernizzazione del processo costruttivo, sia per la non precisa identificazione naturale dei componenti tecnologici; al calore quasi umano e tattile del marmo si sostituisce la resistenza e la freddezza dell acciaio, prodotto industriale che non denota nella sua natura alcun luogo specifico di provenienza. 

 

E per noi anacronistico ricercare questa perduta condizione di idealità e di identità, in quanto è largamente diffuso l'utilizzo di molti materiali artificiali, spesso anche in modo non meditato. Riviste e depliant accecano gli occhi di progettisti e costruttori e spesso e volentieri il progetto non nasce dell'idea incipit propria del progettista, bensì dalla volontà di adoperare quel tipo specifico di materiale. In tal modo è l'edificio e il monumento architettonico che si adeguano al materiale utilizzato, e non viceversa. 

 

La rivoluzione del materiale può, dall'inizio del secolo scorso, essere comunque letta in chiave positiva, come componente utile dell'architettura; le varie esposizioni universali avvenute in passato, a partire da quella di Londra del 1851, hanno contribuito a quello sviluppo tecnologico che oggi giorno ci permette una vita sicuramente migliore rispetto a quella del passato. Esse rappresentano una definitiva maturazione ottocentesca dell'uomo, dopo la prima rivoluzione industriale, in ambito di valori socioeconomici e culturali; uno sviluppo teso non alla pura e semplice ostentazione tecnologica, ma all'uso giusto e ponderato della scienza e dello scibile umano. 

 

La cancellazione dell'identità moderna, dunque, può essere evitata solo se l'architettura riesce a stabilire la qualità e l'aderenza al luogo di un materiale anomalo, così da creare un paesa ggio più complesso e articolato, che si intersechi e conviva insieme all'oggetto costruito. Essa, infatti, deve essere non una semplice con-vivenza, ma uno scambio mutevole di concetto ed essenza. 

 

Noi abbiamo la possibilità di accettare contemporaneamente più itinerari di lettura, variando condizioni naturali e artificiali di un luogo; seppur ai nostri occhi la trasformazione appare sempre come un evento traumatico rispetto alla condizione d'origine, allo stesso modo dobbiamo cercare ugualmente di fare sì che questo cambiamento sia un qualcosa di cercato e che trovi una sua intensità immateriale e intangibile. Le vicende contemporanee dell'architettura sono pervase da un incombente materialismo del paesaggio quotidiano, richiedendo così di attraversare la realtà della trasformazione istantanea nella sua crudezza, senza aderirvi. 

 

La caratteristica innovativa dei materiali artificiali e il loro miglior punto di forza è la loro possibilità di manipolazione e adattamento all elemento costruito; il paesaggio ha bisogno di immaterialità per generare nuovi processi di identificazione e così il monumento moderno deve esserne lo specchio rifrangente e non assorbente.  

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    • Angelo Lanzetta

      Angelo Lanzetta

      Architect

      Livorno / Italy

      Mi laureo il 9 Novembre 2007 con una tesi in progettazione dell'Architettura dal titolo "Passato-presente-Futuro: nuovo polo a rovezzano" Tema della tesi è stato la riqualificazione urbana di una zona periferica la città di Firenze, attraverso la progettazione di un nuovo polo socio-culturale. Durante i primi due anni di studi universitari, inoltre, ho svolto un periodo lavorativo e di studio a B arcellona, in Spagna, esperienza che mi ha anche consentito di accrescere le mie capacità relaziona)