Domenica 23 dicembre si è tenuta a Latiano, in provincia di Brindisi, una conferenza estremamente interessante sul tema degli anfiteatri romani in Puglia. L'incontro si è svolto presso la casa-museo Ribezzi Petrosillo, un piccolo gioiello architettonico nel centro storico del paese oggi convertito in museo, ed è stato tenuto dalla professoressa Giuseppina Legrottaglie, docente di archeologia e storia dell'arte greca e romana presso l'Università Cattolica di Milano.
Si è trattato di un viaggio nella storia, nell'arte, nell'architettura e nel mondo degli spettacoli che ha portato i numerosi presenti in una Puglia quasi sconosciuta, lontana ma non troppo dal mondo dei grandi spettacoli venatori e gladiatorii che si svolgevano in Italia centrale e in alcune provincie, secondo un immaginario collettivo che vede nel Colosseo l'incarnazione di tutte le fantasie (più o meno fondate) a tal proposito.
In particolare l'attenzione si è soffermata su due esempi di anfiteatri in Puglia: quello di Lucera, attuale provincia di Foggia nell'antica Daunia, e quello di Lecce, ed è proprio su quest'ultimo che vorrei soffermarmi anch'io. Non tanto dal punto di vista prettamente archeologico, ma da quello urbanistico ed architettonico. La composizione urbanistica dell'attuale piazza Sant'Oronzo risente fortemente dell'influenza dell'antico anfiteatro, che rappresenta sicuramente l'elemento più aulico, quello più autoritario che dà forza e carattere alla piazza stessa. Costituisce un'invariante: è talmente fuori dal tempo che, pur nella sua massività e materialità tangibile, esso è un qualcosa di etereo, ed è talmente impresso nella storia della piazza e della collettività da rappresentare il genius loci della piazza stessa, quasi ne fosse l'incarnazione. Esso è inoltre completamente svincolato dalla piazza. Mi spiego meglio: non è l'anfiteatro ad essere legato alla piazza, ma è la piazza, nella sua attuale configurazione, ad essere fortemente legata ad esso.
All'interno della composizione della piazza inoltre, l'anfiteatro rappresenta allo stesso tempo un pieno ed un vuoto: è un pieno in quanto si tratta comunque di un edificio e non può essere percorso o attraversato, ma allo stesso tempo è un vuoto perché, trovandosi al di sotto del piano stradale, non determina volumetria e non costituisce alcun ostacolo visivo nella percezione dell'intorno.
Eppure la sua scoperta è relativamente recente: risale ai primi del Novecento, quando iniziarono i lavori per la costruzione del palazzo della Banca d'Italia, e gli scavi si protrassero fino al 1940. Non di poco conto il fatto che gli scavi furono effettuati in gran parte durante il periodo fascista, in quanto tutto questo ebbe delle grandissime influenze sul piano architettonico nella costruzione dei nuovi edifici in piazza. L'esempio più eclatante è quello del palazzo dell'Istituto Nazionale Assicurazioni (INA), redatto dall'Ufficio Tecnico INA di Roma ed i cui lavori furono diretti dall'ing. Oronzo Pellegrino. Esso assume un valore importantissimo nella composizione architettonica ed urbanistica della piazza, per via del suo grande valore scenografico: il suo andamento segue esattamente quello dell'anfiteatro, sul quale si affaccia direttamente e con cui sembra dialogare, quasi i due fossero conoscenti di vecchia data; la torre inoltre costituisce il fondale ed il polo visivo di via Fazzi, che collega direttamente la piazza con l'antico castello.
Solo un'altra piccolissima considerazione: ponendosi al centro ed osservando i caratteri della piazza e degli edifici che la definiscono si notano subito (anche agli occhi dell'osservatore meno esperto) le fortissime influenze dell'architettura fascista del tempo, che pure a Lecce viene declinata in maniera particolare, in riferimento ai materiali da costruzione locali (in primis il carparo faccia vista utilizzato per le facciate più monumentali) e a specifiche declinazioni di elementi architettonici storici caratteristici. Eppure tutti gli elementi caratterizzanti l'architettura fascista leccese (e ricordiamo esponenti di primissimo livello quali Luigi Piccinato, Marcello Piacentini, Oronzo Pellegrini, Mario Sarno, Francesco D'Ercole, Tommaso Martello) come l'utilizzo del carparo, i porticati, l'ordine gigante, la monumentalità, etc. sembrano già appartenere all'anfiteatro in netto anticipo sui tempi. Che si tratti di semplice coincidenza?
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