Alejandro Beautell e la sacralità possibile.

Bellezza concreta e arte sacra: la Cappella di San Giovanni Battista a Tenerife.

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Alejandro Beautell, architetto e professore all'Università Europea delle Canarie ci stupisce e ci rimanda all'essenzialità del rito religioso con la sua Cappella di San Giovanni Battista a Tenerife.

Realizzata nel 2013, semplice e austera, la cappella richiama la genesi del credo cristiano. Ideato come un triangolo scaleno, il piccolo eremo irrompe e si inserisce perfettamente nel paesaggio delle Canarie. Il progetto, ricco di misticismo e di soli 77 metri quadri, ha catturato gli isolani e ha attirato l'attenzione di importanti portali e riviste di architettura, che classificano l'opera come "unica".

La cappella riceve la menzione speciale nella VI edizione del Premio Internazionale di Architettura Sacra, rivolto ai nuovi edifici religiosi di culto cristiano realizzati in tutto il mondo.

L'architetto afferma: "San Giovanni Battista era un uomo sobrio e austero. E' la voce che grida nel deserto e ci ricorda che dobbiamo scegliere la sobrietà come stile di vita. Questa umile cappella è contro gli eccessi del passato, dimostra che una nuova arte sacra è possibile. Si tratta di una cappella diversa. E' dura e grezza, senza concessioni alla decorazione. Un lavoro nudo."

Tra gli aspetti rilevanti dell'opera vi sono gli effetti di luce zenitale che attraversano il foro della canonica. La luce compensa la vacuità delle pareti caratterizzate da un forte impatto materico. "La luce dorata si rovescia sul presbiterio e rende la cappella diversa a seconda della variazione dei raggi del sole. La percezione dello spazio cambia in base a come i raggi del sole incidono su di esso", spiega Alejandro Beautell.

La parete laterale proietta una Via Crucis composta da 14 impronte a croce nel calcestruzzo. Questa cappella non imita le tecniche costruttive passate. Non è realizzata con muri di grandi dimensioni in pietra e tetti di fango. E' il sapiente uso del calcestruzzo che rimanda all'arte essenziale senza imitare e falsificare il presente. 

 

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Credits: Beautell, Fondazione Frate Sole, la Opiniòn, photoframe by Efraín Pintos

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      Milan / Italy

      CMYK oltre ad essere la sigla di Cyan, Magenta, Yellow, Key black è la chiave di lettura di una filosofia che nasce da una singolare analogia con il mondo dei colori e della stampa cui ci siamo ispirati per dar vita ad un ‘web-log’, letteralmente un diario in rete. Il codice CMYK non ha luogo di origine, non ha una destinazione precisa cui giungere: un bar, una biblioteca, un’università. CMYK va ovunque trovi spazio per fare informazione e ovunque trovi modo per ispirare. E’ un naturale prodotto della nostra epoca in cui la parola chiave è sharing. Basti pensare a tutte le realtà che si basano su questo concetto: i social, il co-working, il co-housing, i servizi comunali del bike e car sharing… quindi si parla di CONDIVISIONE. Quattro ragazzi, quattro colori. Milioni di colori, milioni di informazioni. L’equazione su cui si basa CMYK suona più o meno così: “come ogni colore della quadricromia si lega secondo infinite combinazioni ai suoi alterni, così ognuno di noi, con una propria personalità, collabora con gli altri per dar vita ad infinite possibilità di informazione nel campo dell’arte, dell’architettura e del design.” Il risultato è un portale accessibile a tutti e dove tutti possono esprimersi in un interminabile gioco di scambi di esperienze, idee e commenti.)