Edificio residenziale Ferrovieri II | Gabriele De Simone

Una nuova costruzione sul sedime di un vecchio fabbricato demolito, con una soluzione portante a shear wall. L’Aquila / Italy / 2013

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La conservazione edilizia, vista all’interno dell’approccio di riqualificazione, non può estendersi sic et simpliciter a casistiche di edifici fuori dai contesti storici. L’ordito costruttivo delle periferie italiane, in particolare quello riconducibile all’espansione post anni ‘50, soffre di gravissime carenze funzionali, impiantistiche ed energetiche. Se si aggiungono problemi seri di vulnerabilità sismica, ecco che, in molteplici casistiche, il dettato progettuale non può che prediligere la sostituzione integrale. Nel confronto, una palazzina residenziale, costruita a ridosso del 1960, è drasticamente perdente rispetto ad un edificio di moderna concezione, senza peraltro poter contare, come nel caso di immobili storici, su argomentazioni conservative dettate dalla preservazione del pregio architettonico. Il caso della palazzina Ferrovieri II segue perfettamente tale paradigma, con l’aggravio di essere stato investito, nell’aprile 2009, dalla violenza del terremoto aquilano. Già dalle primissime ricognizioni, il sentimento tecnico portava alla considerazione ictu oculi di una sconvenienza generalizzata nella riattazione, benché accompagnata da miglioramenti intrinsechi nella struttura portante, negli impianti e nel contenimento energetico. La fattibilità di una ristrutturazione riqualificante infatti, benché ampiamente attuabile con le moderne tecnologie progettuali e realizzative, doveva necessariamente confrontarsi con la scelta di perseguire una sostituzione edilizia globale. Il vecchio edificio è inserito in una geometrica lottizzazione di quartiere, tracciante un tessuto urbanistico tipico di molte periferie cittadine. Il sedime, a pianta rettangolare, definisce un volume tozzo solo parzialmente movimentato da un telaio in cemento armato esposto che si alterna a tamponamenti perimetrali in mattoni pieni di terracotta. Dalle analisi strutturali eseguite, con modellazione agli elementi finiti, è emersa una probabilissima azione collaborante della muratura, confermando i più recenti insegnamenti della scienza delle costruzioni sull’influenza (positiva o negativa a seconda delle condizioni) dei paramenti murari associati ai sistemi portanti in calcestruzzo armato. La stima della capacità sismica dello stato di fatto, eseguita sia con analisi dinamiche modali (iterando i parametri spettrali in input), sia con la costruzione di curve push over in regime di statica non lineare, porta a valori prossimi allo zero. Tali conclusioni sono in apparente contrasto con gli effetti della main shock subita, che ha comunque definito un quadro di danno gravissimo ma senza provocare il collasso globale. Tuttavia, approfondendo lo studio, anche con finalità scientifiche di ricerca, si è potuta convalidare tale singolarità con la già citata azione collaborante dei muri pieni di tompagno e con la severa procedura di verifica imposta dal recente disposto normativo in tema di antisismica. Una volta accertata la convenienza, non solo economica ma sociale, della demolizione dell’edificio, si è aperto un difficile percorso di impostazione progettuale del nuovo edificio. Il primo scoglio è stato riscontrato nelle scelte architettoniche, fortemente vincolate dal dover ricalcare la vecchia sagoma e, soprattutto, dalla presenza degli edifici frontestanti. La creazione di eccessivo distacco dal tessuto urbano limitrofo, avrebbe comportato infatti un segno territoriale decisamente azzardato, mentre le forme originarie, indubitabilmente anacronistiche, non potevano costituire un riferimento valido da ricalcare con successo. La scelta finale, dopo innumerevoli simulazioni, è caduta su un’architettura conservativa, basata su rapporti armonici di simmetria e solidità. Per ovviare al rischio di eccessiva convenzionalità, unito all’esigenza di mantenere un budget economico non eccessivo, l’equilibrio ottenuto è stato acceso da alcuni particolari stilistici misurati sulla sobrietà ma non per questo anonimi. Da un lato, si esprime all’osservatore distante un inserimento riuscito al difficile contesto, dall’altro si svela l’edificio ravvicinando lo sguardo verso i dettagli provveduti e curati. Si parte dai disegni profilati sugli sbalzi, ottenuti bassorilevando i getti di calcestruzzo, all’uso della pietra per imbotti e attacco a terra, all’impiego di piacevoli disegni nelle carpenterie da fabbro. Dove è stato possibile avanzare esponenzialmente la qualità senza condizionamenti di sorta, è senza dubbio la parte strutturale del nuovo edificio, nonché i vari sistemi mep ed energetici. Per quanto riguarda la struttura portante, la forma dell’edificio e le distribuzioni architettoniche preliminari, si prestavano ad una classica e ordinaria soluzione a telaio in cemento armato. Tale impostazione, soddisfacente a garantire un’ottima capacità sismica anche alla luce delle forti imposizioni dettate dal cambio generazionale della normativa specifica, è stata sostituita da una diversa configurazione, tutto sommato insolita per edifici comuni. L’ispirazione è stata suggerita da un articolo scientifico di Mark Fintel, luminare in campo di ingegneria antisismica a livello mondiale, il quale, sulla prestigiosa rivista Pci Journal, già nel 1995 sanciva il primato della configurazione cosiddetta “a shear wall”, rispetto al classico telaio di travi e pilastri, nel caso di terremoti particolarmente violenti. Gli shear wall altro non sono che ordinarie pareti in cemento armato che, opportunamente configurate, sia in dimensioni che in posizionamento, offrono all’edificio una forte resistenza e una forte rigidezza, con il risultato di abbassare drasticamente gli spostamenti durante la scossa, con conseguenti effetti benefici in termini di protezione dal danno. Si tratta quindi di elementi che, contrariamente ai classici pilastri, svolgono una funzione “dedicata”, specificatamente antisismica, anche in virtù dell’armatura interna appositamente calcolata e disposta per le sollecitazioni di taglio proprie del terremoto. Il problema essenziale per cui tale tecnologia è spesso inapplicabile nelle costruzioni ordinarie, è dettato dalla necessità progettuale di creare configurazioni statiche efficaci. Per edifici importanti, come i grattacieli, il problema non si pone perché la concezione strutturale viene posta in primo piano rispetto a quella architettonica. Nelle costruzioni ordinarie invece, spesso (e purtroppo) è la struttura portante che deve “adattarsi” allo schema architettonico. Nel caso della palazzina Ferrovieri II, complice la presenza di uno Studio di progettazione unico, si è potuta ben strutturare una positiva integrazione dei sistemi portanti con quelli architettonici, pervenendo alla soluzione finale di un edificio a shear wall ma con una distribuzione architettonica non condizionata. Per quel che riguarda gli impianti, il filo conduttore seguito è stato dettato dall’efficienza funzionale ed energetica, senza cedere ad esasperazioni tecnologiche troppo spinte. L’uso di pannelli radianti a bassa temperatura attivati da una centrale termica unica, di pannelli solari per acqua calda sanitaria e di impianto elettrico conforme al nuovo aggiornamento cei 64-8, è stato ritenuto più che soddisfacente per il caso. Un plus qualitativo importante è stato invece ottenuto mediante la progettazione degli impianti in ambiente Building Information Modeling, interagendo le stesse basi dati implementate per le sezioni architettoniche e strutturali. Le fasi realizzative, a partire dalla delicata demolizione del vecchio stabile, sono state un campo di prova per il General Contractor, chiamato a materializzare i buoni propositi progettuali. La corretta gestione delle fasi lavorative, unita ad una positiva disinvoltura nella ricerca di soluzioni costruttive efficaci, ha permesso un flusso di avanzamento spedito e lineare. Molto apprezzato è stato, ad esempio, l’impiego di casseforme metalliche prefabbricate modulari, molto più idonee, rispetto alle classiche soluzioni in legname, per il getto degli shear wall. L’attenzione finale è stata portata sugli elementi di decoro, sostanziali, come già esplicitato prima, per la valorizzazione dell’architettura, e per le cui pose è stata operata un’attenta selezione dei materiali.
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    Project details
    • Year 2013
    • Work started in 2012
    • Work finished in 2013
    • Main structure Reinforced concrete
    • Client Condominio Ferrovieri II
    • Contractor Gaia s.r.l. di Stefano Cipriani
    • Status Completed works
    • Type Neighbourhoods/settlements/residential parcelling / Apartments / Multi-family residence / Urban Renewal
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