Caffè Letterario | Salvatore Curcio

La Galleria Cefalù / Italy / 2005

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Vincitrice del primo premio internazionale “Pasquale Culotta” 2008 all’opera prima realizzata in Sicilia.

L’ARCHITETTURA COME MEZZO DI EDUCAZIONE CIVICA
E’ possibile che una semplice architettura possa sensibilizzare l’opinione comune su alcuni luoghi della nostra città? Questo interrogativo, che mi sono posto durante il primo sopralluogo nell’area d’intervento, mi ha suggerito un atteggiamento progettuale che fosse connesso al luogo, alla città ed alla tradizione culturale. Ho creduto che attraverso il progetto di architettura, sarebbe stato possibile riscoprire una parte di città e, contemporaneamente, anche una parte dell’identità culturale delle persone che l’abitano. Nutro la profonda convinzione che l’architettura, dalle sue origini ad oggi, possa offrire insegnamenti di educazione civica anche a coloro che non sono abituati a leggere nella città le radici della propria identità. Per questo motivo ho provato, attraverso un attento esame del sito, a restituire alla gente uno spazio architettonico che appartiene alla propria tradizione culturale, evitando dissonanze spaziali con il tessuto edilizio esistente.
Forse si poteva realizzare un’architettura migliore o individuare un’attività commerciale diversa, ma è certo che questo piccolo brano di città è stato restituito alla gente con un’architettura che li rappresenta.
Da questi ragionamenti, che derivano da anni di studio, ho maturato la consapevolezza che il progetto di architettura si fa interprete dei desideri e delle necessità umane. Non è possibile, quindi, concentrare i propri sforzi solo sul linguaggio architettonico o solo sul rapporto con la storia, o ancora solo sulla funzione a cui bisogna obbedire in un determinato momento storico. L’architettura è un bene comune assoluto ed è, come sostiene spesso Gianni Braghieri, “senza tempo”, nel senso che essa esprime qualcosa di più del singolo atto progettuale, perché ha un fine umano.
In architettura l’opera nasce dalla complessità di più situazioni sovrapposte: eventi lontani nel tempo, necessità reali, influenze linguistiche, cultura locale e cultura del progettista. La città si costruisce nel tempo con la collaborazione di tutti gli esseri umani che la abitano, ed assume nelle sue molteplici parti significati positivi o negativi. Per questa ragione tutti noi, indistintamente, siamo responsabili delle sorti dell’architettura e gli architetti, in particolare, hanno il compito di indirizzare il prossimo alla lettura del bello, di responsabilizzarlo, di “educarlo” attraverso il progetto, piccolo o grande che esso sia.
Aldo Rossi nelle sue lezioni universitarie tenute all’I.U.A.V. di Venezia, che ho seguito con costanza da studente, ribadiva, con grande energia, l’importanza dei “fatti urbani”, mettendo in luce la complessità dei diversi ragionamenti che gli esseri umani hanno attuato nel tempo per dare ai luoghi una specificata configurazione. Inoltre, egli sosteneva che alcuni “fatti urbani” si possono ritenere delle vere opere d’arte. Vorrei aggiungere che quanto più l’architettura tenta di rispondere alle intime necessità umane, tanto più essa si fa promotrice della bellezza e della ricchezza che Dio esprime attraverso la creazione dell’umanità.

RICHIAMI DAL MONDO
Nell’ideare un progetto di architettura si fa riferimento, in modo spontaneo, a tutte le personali esperienze culturali che, emergendo sotto forma di frammenti di città e di architetture, possono costituire la sostanza dei primi ragionamenti. Nel caso specifico sono emerse nella mia mente molte architetture di riferimento, alcune esistenti nella mia stessa città, altre ubicate in luoghi lontani che, in condizioni assolutamente diverse dal centro storico di Cefalù, si propongono di risolvere problemi simili. Queste architetture, che si possono definire di connessione urbana, racchiudono al loro interno uno spazio di carattere semipubblico, cioè uno spazio che appartiene alla città ma assume anche una misura riconducibile a quella di una corte domestica. Un clima di tale intimità l'ho ritrovato nel giardino interno del museo Peggy Guggenheim di Venezia, presso Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, in quella che fu l'abitazione di Peggy Guggenheim. Il Giardino di sculture Nasher, della Collezione Peggy Guggenheim, si pone come luogo di sosta, lungo l’itinerario espositivo del museo, e di transito per giungere all’approdo acqueo che il palazzo ha sul Canal Grande. Considerando che a Venezia i canali sono utilizzati come assi di collegamento viario, questo luogo si presenta come connettore tra realtà spaziali parallele ma diverse. Si passa, attraverso il giardino, dal tessuto urbano interno della città all’approdo sul Canal Grande. La meraviglia più grande è il clima di silenzio e di mistero reso dal luogo durante il passaggio, che non viene determinato dalle sculture esposte, ma dallo stesso spazio architettonico. La misura generale del giardino, il rapporto dimensionale tra gli spazi a cielo aperto e quelli costruiti, la chiusura acustica con l’esterno, che è determinata dal tipico recinto veneziano in muratura di mattoni, migliorano la qualità dello spazio architettonico che, dopo l’itinerario espositivo, si riconsegna alla vita della città. Pure Cefalù offre alcuni esempi di giardini murati che, oltre ad avere uno spazio interno, stabiliscono un fronte continuo sulla strada e, nel contempo, lasciano intravedere la chioma di un albero, oppure, lo scorcio del cortile interno.
Ha influenzato positivamente il mio progetto del Caffè Letterario anche la “Corte delle Stelle”, di Marcello Panzarella, un'opera di architettura sorta nel centro storico di Cefalù. Costruita nell’ambito delle opere di riqualificazione urbana, quest'opera è riuscita a connettere diverse parti della città, secondo le indicazioni del piano particolareggiato di Culotta e Leone. Il progettista, attraverso l'architettura, suggerisce un originale e inedito itinerario nella città consolidata. Questo progetto, oltre a unire e connettere parti di città, ha anche il potere di rievocare luoghi e architetture lontane, con sensibilità nei confronti della storia e dell’architettura come fondamento della città.
Un’altra architettura di riferimento è la Staatsgalerie di James Stirling, Michael Wilford & Associates a Stoccarda che, analogamente ai progetti citati, si inserisce nel luogo come elemento di connessione tra due parti di città. Essa ha un nucleo circolare centrale, utilizzato per esporre sculture come nel museo Peggy Guggenheim di Venezia, e contiene simultaneamente due diversi percorsi: il primo è legato assai strettamente alla vita della città, l’altro si sviluppa in continuità con l’itinerario espositivo del museo. Le persone che vivono in questa parte di città, nell’attraversare il nucleo centrale, a un livello in quota separato dal museo, per un’istante si trasformano in sculture mobili, confondendosi con quelle esposte nel museo.
Nel mio lavoro ho provato a mettere assieme l'idea del giardino interno del Guggenheim di Venezia con quella della Corte delle Stelle di Cefalù, conglobando simultaneamente lo spazio intimo interno a dimensione umana e il sistema di connessione urbana ad uso della città. Gli esempi citati sono dunque le fonti dei ragionamenti sviluppati durante la progettazione preliminare del Caffè Letterario.

IL LUOGO DI PROGETTO
L’area è ubicata all’interno del microtessuto edilizio del centro storico di Cefalù, all’interno di un quartiere impostato su un tracciato di epoca ellenistica. L'area è oggi di proprietà della Fondazione Culturale Mandralisca, il cui museo è noto soprattutto per essere la "dimora" del ritratto d’Ignoto di Antonello da Messina.
La parte di città interessata dal progetto conserva la struttura urbana primaria, caratterizzata da un impianto semplice e regolare di tipo ippodameo, all’interno del quale si sono costruiti i grandi isolati urbani che come un tappeto, ancora oggi ricoprono l'intera estensione della città antica. All’interno di una scacchiera tanto regolare emerge con maestà il Duomo normanno, che la sovrasta tutta, frapponendosi tra la città e la rocca.
L’area di progetto, prima dell’intervento, si presentava in stato di abbandono: l’esterno riempito da una gran quantità di detriti accumulatisi negli anni, anche a causa di diversi lavori edili eseguiti negli edifici adiacenti; l’interno, fatiscente, era utilizzato come magazzino annesso ai locali del Museo Mandralisca. Nonostante ciò, il luogo riusciva lo stesso a esprimere la chiara appartenenza alla struttura primaria della città, mettendo in luce il sistema architettonico introverso, così tipico degli antichi isolati ellenistici. Il tempo, naturalmente, ha aggiunto, modificato, ingrandito o addirittura diminuito, per le molteplici esigenze umane, il cuore di tanti isolati della città antica, senza cancellare o modificare il sistema generale degli spazi urbani interni ed il loro rapporto con le strade adiacenti.
Appartenendo il luogo a un sito d' importanza storica, è sottoposto alla tutela della soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali della provincia di Palermo. Ciò ha prodotto tutta una serie di discussioni sul progetto con i responsabili della soprintendenza, che ne hanno condizionato positivamente l’andamento, portandomi a riflettere sulla natura degli elementi esistenti e sul loro nuovo possibile ruolo urbano.

IL PROGETTO
Restituire lo spazio architettonico celato e nel contempo dare un nuovo senso urbano al luogo utilizzandone i principi e gli elementi esistenti, sono state le motivazioni che hanno condotto, in modo naturale, il progetto ad inserirsi come tassello compiuto nel tessuto edilizio del centro storico di Cefalù. Fare pulizia e fare città nella città sono state le parole d’ordine durante la fase di ideazione progettuale e, per questo motivo, il rilievo dei locali interni, dell’esterno e la documentazione fotografica hanno avuto un ruolo significativo nell’identificare i rapporti proporzionali e la misura generale dell’intervento. Bisogna aggiungere a ciò il programma funzionale, particolare non di poco conto, che ha permesso di assecondare la naturale vocazione pubblica del luogo. Di conseguenza, il Caffè Letterario si propone come luogo multifunzionale che dà l’opportunità di ammirare un'esposizione d’arte, di fermarsi a bere un drink, di viaggiare su internet, di comprare un libro, di ascoltare musica dal vivo ed, infine, di consumare un piatto di alta cucina. Inoltre, l’amministrazione del Museo Mandralisca ha chiesto che fosse realizzata un’uscita di sicurezza su via 25 Novembre, una delle due vie che delimitano l'isolato, e l'opportunità di accedere al Caffè Letterario senza uscire dalle proprietà del Museo.
Alla complessità funzionale che rende macchinoso lo svolgimento commerciale, il progetto si contrappone con soluzioni semplici, e, pertanto, individua due macro aree, una interna ed una esterna. L’esterno è stato concepito come lo spazio che accoglie le attività più importanti, quali le mostre d’arte ed il plateatico del ristorante. Il recinto murato che lo racchiude, nato dalla città per la città, al suo interno viene usato come parete espositiva, ed offre anche l'opportunità di fornire lo schienale a una seduta in marmo. Una cycas esistente, con l’aggiunta di un giovane ulivo, ha dato lo spunto per costruire una piccola zona verde. I materiali utilizzati appartengono alla tradizione locale: marmo grigio, acciottolato e cocciopesto.
I locali interni che accolgono il bar, il book-shop, il punto internet ed i servizi, si presentano con un’immagine contemporanea. Nicchie retroilluminate, cristalli satinati, lampade colorate, mensole di legno laccate di nero, pavimento in marmo grigio lucidato, arredi di design, contribuiscono a trasmettere un'atmosfera del tutto contemporanea. All’esterno l’illuminazione è pensata per far risaltare, con luce radente, il pavimento di ciottoli così da creare vibrazioni mutevoli, mentre, la parete espositiva è stata attrezzata con spot regolabili, per illuminare le opere esposte.
In conclusione, è opportuno soffermarsi sulla sezione trasversale generale, che da via 25 Novembre 1856 taglia il giardino ed i locali interni, fino alla via Mandralisca. Attraverso un portale esistente, recuperato come ingresso principale, da via 25 Novembre si accede all’interno del recinto dopo aver superato un gradino in pietra che fa da imposta al piano del plateatico. Camminando si ha, ad una quota superiore, il piano dell’ingresso di servizio al Museo Mandralisca e, ancora più in alto, il piano del giardinetto con l’ulivo e la cycas. Il piano interno è posto tre gradini più in basso rispetto a quello esterno e corrisponde all’incirca alla quota di via Mandralisca. Questi scarti verticali, o soglie, rafforzano l’idea di transito e di passaggio, portando all’attenzione del visitatore il concetto di luogo urbano passante, attraverso il quale è stato congegnato il progetto.

LA REALIZZAZIONE
Tra le indicazioni dettate dalla Soprintendenza dei Beni Culturali, vi è stato anche l’obbligo di eseguire i lavori con metodi manuali, al fine di salvaguardare eventuali ritrovamenti archeologici. Ciò ha permesso il coinvolgimento di piccoli artigiani locali che, essendo ancora detentori delle tecniche d’intervento tradizionali, hanno dato vita ad una dimensione del fare architettura fondata sul rispetto della città e dei materiali con cui essa è stata costruita. L’intrinseco legame tra artigianato ed architettura, oggi quasi perduto, ha fatto sì che l’opera fosse realizzata a regola d’arte anche nei particolari più nascosti. Uno degli operai del cantiere, avendo collaborato precedentemente alla realizzazione della vicina “Corte delle Stelle”, osservava che la continuità linguistica delle due opere aveva origine, anche, nell’adozione degli stessi procedimenti d’intervento e nell’utilizzo di materiali simili.
Durante il corso dei lavori non sono emersi reperti archeologici; pur tuttavia, si sono dovute affrontare delle difficoltà, cioè delle variazioni in corso d’opera, che hanno costretto a ridimensionare i servizi interni a favore di esigenze commerciali emerse nel frattempo. Il controllo delle trasformazioni funzionali in corso d’opera è per me un tema progettuale sempre importante, che in più casi può migliorare l’impostazione del progetto ed anche aiutare a mantenere immutata l'opera nel tempo.

LE FINALITÀ COMMERCIALI
L’idea commerciale nasce da due giovani imprenditori che, dopo un’attenta analisi di mercato e avendo considerato il grande flusso turistico transitante nella cittadina, hanno deciso di investire in un’attività che potesse promuovere la cultura del luogo per mezzo di un locale che riuscisse a coniugare l’appartenenza alla tradizione locale, e alcuni caratteri dell'ambiente internazionale contemporaneo. L’esperienza professionale internazionale dei due giovani, ha reso possibile un particolare dialogo, cordiale e fruttuoso, che mi ha consentito di progettare nella massima libertà.
Si può sostenere che allo stato attuale, a distanza di qualche mese dall’apertura, il locale ha raggiunto l’obiettivo preposto. Esso, infatti, è frequentato da un elevato numero di stranieri. Anche il territorio vicino era privo di un luogo che raccogliesse contemporaneamente sia attività culturali che di intrattenimento, e per tale ragione, il Caffè Letterario è diventato anche meta preferita degli isolani che amano muoversi il fine settimana.
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    Vincitrice del primo premio internazionale “Pasquale Culotta” 2008 all’opera prima realizzata in Sicilia. L’ARCHITETTURA COME MEZZO DI EDUCAZIONE CIVICAE’ possibile che una semplice architettura possa sensibilizzare l’opinione comune su alcuni luoghi della nostra città? Questo interrogativo, che mi sono posto durante il primo sopralluogo nell’area d’intervento, mi ha suggerito un atteggiamento progettuale che fosse connesso al luogo, alla città ed alla tradizione culturale. Ho creduto che...

    Project details
    • Year 2005
    • Work started in 2005
    • Work finished in 2005
    • Client Galleria s.r.l. di Angelo Daino e Giuseppe Provenza
    • Status Completed works
    • Type Bars/Cafés / Art Galleries
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