Paediatric centre Port Sudan | TAMassociati
Porto Sudan / Sudan / 2012
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Il progetto sin dal suo nascere ha avuto una genesi particolare. È frutto di un premio d'arte perché finanziato con il premio al Concorso internazionale MAXXI (Museo del ventunesimo secolo di Roma) 2x1000 del 2010 che ha selezionato come uno dei due progetti vincitori l’opera di Massimo Grimaldi “Emergency’s Paediatric Centre in PORT SUDAN Supported by MAXXI”.
L'opera di Grimaldi che ha destinato alla costruzione dell’ospedale il 92% del compenso una somma pari a 643.800 euro è un’opera d’arte fotografica costituita dalle immagini, realizzate in progress, di tutte le fasi di costruzione e di inizio dell’operatività del nuovo ospedale. Un reportage mostrato in una doppia video-proiezione sincrona su una parete esterna del MAXXI.
La nuova clinica pediatrica di Emergency ngo nasce da qui, dall'intuizione etica di un artista e dall'incontro di questo e una committenza attenta alla qualità, con un progetto utile.
La clinica è situata in una zona periferica della città portuale di Port Sudan, un inurbamento molto importante per tutto il Sudan perché unico accesso al mare di tutta l'area. Negli ultimi anni l'area ha avuto un enorme sviluppo demografico portando in poco tempo il numero di abitanti dai trentamila di inizio millennio ai quasi cinquecentomila del 2007. Uno sviluppo esponenziale e drammatico causato dalla crescita del porto, dall'abbandono delle campagne causata delle sempre più frequenti siccità, ma soprattutto dall'ingente numero di profughi provenienti dai vari conflitti avvenuti nella regione che ha concentrato in città una grande massa di poveri.
L'edificio è situato nella zona di espansione a Nord Ovest del porto, in un ampio spazio desertico tra due insediamenti abitativi fatti di baracche e di case in terra cruda; un area molto povera in cui sono stati concentrati tutti i profughi sparsi nel resto della città, una sorta di “nuova città” nella città.
Questa clinica è uno dei pochi avamposti sanitari di questa ampia zona capace di fornire assistenza sanitaria gratuita ai bambini della zona.
L'edificio ad un piano ha una superficie totale di 780 mq con 14 posti letto di degenza, 4 posti letto in isolamento, 3 ambulatori, farmacia e servizi diagnostici. È un edificio basato sull'idea di un recinto chiuso con pochissime bucature esterne strutturato su un susseguirsi di corti. Un luogo in cui la gerarchia tra pieno è vuoto viene ribaltata in favore di quest'ultimo che diviene così elemento generatore di tutto l'edificio. L'ingresso alla clinica è dominato da un albero posto al centro della zona d'attesa, segno fondativo del progetto, frammento di vita e di continuità con il giardino esterno. Gli spazi ospedalieri interni sono caratterizzati dal forte controllo dell'irraggiamento diretto del sole attraverso la limitazione della aperture esposte e attraverso la schermatura realizzata con pannelli in fibra naturale. In questo modo gli spazi vengono isolati fisicamente ed idealmente dalla calura opprimente esterna con un susseguirsi di luoghi freschi e protetti illuminati da camini di luce zenitale che fungono anche da evacuatori del calore latente degli spazi comuni; un modo per ripensare e riproporre le atmosfere e le tipologie dell'abitare tradizionale.
Ma il progetto si pone anche al centro di una sorta di polo di rivitalizzazione sociale della zona caratterizzato dalla “piazza/giardino” posta sul lato d'ingresso dell'edificio che ospita attività per gli adulti della zona, e un parco pubblico sul lato est composto da un giardino per il gioco e e un piccolo campo sportivo per l'attività sportiva. Lo potremmo definire un “giardino pediatrico”, dove il verde (irrigato dal sistema di depurazione delle acque reflue) rappresenta il vero catalizzatore sociale di tutta l'area ma anche una sorta di elemento di cura in sé.
In questo deserto fisico ed umano il nostro giardino rappresenta una sorta di visione, ha un valore simbolico grandissimo perché è il preludio alla cura che verrà.
Tecnicamente si è voluto pensare ad un edificio realizzato totalmente in laterizio prodotto nelle locali fornaci utilizzando il già sperimentato sistema costruttivo a muri cavi ventilati e solai a voltine denominato jagharsch.
Nella facciata principali abbiamo voluto diversificare i materiali costruttivi inserendo dei frammenti di sistemi costruttivi “tradizionali” presenti nella zona; in particolare la pietra di corallo. Nella zona di Port Sudan esistono ovunque cumuli abbandonati di questo materiale derivanti dalle demolizioni dei vecchi edifici, tutta la città era costruita con questo materiale (ora non più cavabile). Come lo era Suakin distante pochi chilometri da Port Sudan sito archeologico storicamente cruciale per i commerci e per la cultura di questa regione che fu nei primi del cinquecento porto del sultano Selim I, e ottomana fino a metà dell'ottocento.
In questo modo il cantiere è diventato laboratorio di restauro e di ripristino della memoria, volontà di ricordare le radici di questo luogo.
Altro elemento caratterizzante la facciata principale è stato l'uso di frangisole di legno ispirati agli edifici tardo coloniali in cui si trovano ancora resti dell'impero ottomano: le tipiche persiane in legno fatte in modo che le donne potessero osservare le attività in strada senza essere viste.
Schermature che proteggono dalla luce diretta del sole e dagli occhi indiscreti del mondo. Sono macchine termiche per ombreggiamento e ventilazione perfette, semplici ed efficaci. Elemento distintivo rintracciabile in tutto quello che era il mondo ottomano dai balcani all'Africa.
Non è stato facile riproporle, riportale in vita in un luogo in cui si è persa la memoria dei saperi passati in favore di un vuoto tecnicismo della modernità.
Anche qui l'edifico è stato concepito come involucro passivo facendo uso di sistemi cavi di ventilazione dei muri e dei tetti e creando una “pelle” di protezione che non permettesse l'irraggiamento diretto del sole. Il sistema di raffrescamento e ventilazione della struttura è stato realizzato implementando le tecniche adiabatiche e di filtrazione messe a punto con successo nel centro pediatrico da noi progettato in Darfur sempre per Emergency ngo.
È un edificio molto semplice che ha fatto propri i principi insediativi della casa araba minimizzando le facciate esposte al sole e optato per una conformazione cava dello spazio in perfetta sintonia con i sistemi costruttivi tradizionali. Le strutture portanti, in laterizio prodotto localmente, sono di grande spessore, per la copertura principale si è optato per il sistema comunemente usato in Sudan negli anni passati realizzato in voltine ribassate in laterizio denominate jagharsch (da harsch, che in arabo significa arco) protetta dall'irraggiamento diretto del sole con un contro-tetto in lamiera che, oltre ad isolare termicamente la copertura in jagharsch, crea una camera d'aria ventilata tra le due strutture.
L'uso di murature di grosso spessore con interposta camera d'aria ventilata hanno consentito da sole di ottenere buoni livelli di comfort ambientale. Le pareti massive, infatti, riescono a smorzare il flusso di calore che attraversa il muro nelle ore più calde della giornata giungendo nell’ambiente con uno sfasamento ottimale stimato intorno alle 12-16 ore. Il flusso termico di picco (ad esempio alle ore 14:00) giunge all’interno nelle ore più fresche (ore 2:00-6:00). L'uso di involucri massivi, inoltre, ha migliorato il comfort ambientale non solo sotto l’effetto dei carichi esterni, ma anche di quelli interni. Infatti, nei momenti di maggiore affollamento, essi contengono i livelli termici delle superfici interne della clinica, grazie alla capacità di assorbire calore.
Il semplice ricorso ai muri massivi non è stato sufficiente a garantire il benessere ambientale ed è stato necessario assicurare anche le seguenti condizioni:
-una limitazione delle aperture (peraltro opportunamente schermate dall’esterno);
-un’adeguata ventilazione (naturale e, ove necessario, forzata).
La limitazione delle aperture e delle loro dimensioni ha ridotto notevolmente il guadagno solare diretto durante il giorno. In quest'ottica l'uso di sistemi di mascheramento solare sulle facciate è divenuto parte integrante della macchina termica. Importante, sia dal punto di vista culturale che estetico oltre che funzionale è stato l'uso di schermi intrecciati in bambù posti a protezione dei camminamenti e delle zone di sosta, tecnica ispirata al sistema tradizionale di fabbricazione di recinzioni in particolar modo nei campi profughi.
Un’adeguata ventilazione ha consentito invece di smaltire il calore che gli involucri massivi accumulano nel corso della giornata e che durante la notte tendono a trasmettere agli ambienti interni; in tal modo si è ottenuto il duplice beneficio di rinfrescare questi ambienti e di “scaricare” le pareti.
Questo insieme di azioni hanno permesso di ridurre notevolmente l'uso di sistemi raffrescanti ma soprattutto della potenza frigorifera necessaria a condizionare la clinica permettendo in tal modo lo sfruttamento ottimale delle risorse disponibili in loco a vantaggio dei costi di realizzazione e di futura manutenzione e gestione della clinica.
Bisogna tenere presente che a Port Sudan per lunghi periodi dell'anno le temperature raggiungendo e superando spesso anche i 50°C con umidità tra il 5 ed il 10%; tali fattori climatici, unitamente al problema delle polveri generata dai forti venti del deserto, hanno reso necessario uno studio approfondito di tecnologie specifiche di raffrescamento, isolamento e filtrazione; tecnologie atte a ridurre al minimo i consumi energetici dell'edificio tenendo in considerazione il massimo comfort abitativo delle struttura.
In quest'ottica il riciclo d'aria è stato realizzato utilizzando un sistema di trattamento naturale tipo Badgir (ispirate ai sistemi tradizionali di ventilazione naturale iraniani)- integrato ad un sistema di raffrescamento meccanico ottenuto da “water cooler” di tipo industriale.
I camini esterni captano all'altezza di otto metri l'aria più fresca e pulita dai venti dominanti da Nord a Sud portandola attraverso un cavedio tecnico nell'interrato dell'edificio in un percorso labirintico (già sperimentato con il Salam Centre in Sudan); l'urto provocato dall'impatto contro le pareti del labirinto oltre a rallentare la velocità dell'aria, permette di sedimentare gran parte della sabbia e delle polveri in essa contenuta. Il semplicissimo sistema si è rivelato essere molto efficiente ed economico e non richiede quasi manutenzione, se non una pulizia saltuaria dell'interrato.
Per il trattamento dell'aria si è optato per un sistema ad assorbimento adiabatico con l'installazione di due macchinari molto semplici di lavaggio dell'aria simile al sistema “Water cooler” con un assorbimento totale di tutto il sistema di 6KW per il raffrescamento ed il ricambio d'aria a pieno regime. Questo sistema ci permette un abbattimento nel consumo elettrico nel condizionamento stimabile in circa il 70%.
Nel corso di varie sperimentazioni d'esercizio abbiamo avuto modo di verificare un abbattimento di circa 10° dalla temperatura anche nelle condizioni più critiche. Ad esempio: con una temperatura d'ingresso nella torre di ventilazione di 38,7° umidità del 21% nella degenza si è registrata all'interno una temperatura di 28,4° umidità del 44% con sensazione di estremo confort.
Un impianto di questa natura rappresenta per il Sudan e per tutte le zone a clima sub-sahariano una innovazione per la tecnologia utilizzata ma soprattutto per i costi contenuti di realizzazione e per l'estrema semplicità.
La scommessa di far convivere sanità ed ecologia è, a nostro avviso, una delle sfide per Africa del nuovo millennio, e non solo per l’Africa, perché far crescere una cultura dei diritti ambientali potrebbe ridare un futuro a paesi il cui sviluppo è stato spesso minato e rallentato dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse energetiche e naturali che ha generato, quasi sempre, laceranti e distruttive guerre civili con tutti gli aspetti sanitari devastanti che ne sono derivati.
Dalla relazione dell'ingegnere impiantista Marco Paissan:
In questo progetto si è cercato di lavorare sull'efficienza fluidodinamica nella distribuzione dell'aria e di verificare l'effettivo rendimento del sistema di raffreddamento adiabatico nel clima di Port Sudan, dove la capacità di un sistema adiabatico è fortemente “limitata” da condizioni esterne molto “vicine” alla curva di saturazione, e pertanto il raffreddamento raggiungibile è minore. Per ottenere un valore minimo ed accettabile di potenza frigorifera da “cedere” al sistema, è stato pertanto necessario dimensionare correttamente la portata di aria nelle due unità di trattamento dell'aria (UTA). Gli impianti adiabatici sono necessariamente impianti a tutt'aria esterna (stante la necessità di garantire un “continuo” apporto di acqua all'aria in trattamento), condizione per nulla sfavorevole in ambienti ospedalieri.
Se progettare significa, anche, accettare una nova sfida ogni volta che “virtualmente” affronti un foglio bianco da riempire di idee, questa volte la scelta è stata (forse) anche più radicale. Nel tentativo, si spera riuscito, di dimostrare che qualità, funzionalità, risparmio energetico e (perché no?) bellezza non devono necessariamente passare attraverso scelte economicamente e tecnologicamente “impegnative”.
Un po' per dirla come un vecchio industriale americano molto famoso nel suo settore (Henry T. Ford): “tutto ciò che non c'è non si rompe”. E noi aggiungiamo anche non costa e non consuma.
E quindi mi domando: sei proprio sicuro che non puoi farne a meno?
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[IT] Il progetto sin dal suo nascere ha avuto una genesi particolare. È frutto di un premio d'arte perché finanziato con il premio al Concorso internazionale MAXXI (Museo del ventunesimo secolo di Roma) 2x1000 del 2010 che ha selezionato come uno dei due progetti vincitori l’opera di Massimo Grimaldi “Emergency’s Paediatric Centre in PORT SUDAN Supported by MAXXI”. L'opera di Grimaldi che ha destinato alla costruzione dell’ospedale il 92% del compenso una somma pari a 643.800 euro è un’opera...
- Year 2012
- Work started in 2011
- Work finished in 2012
- Client EMERGENCY Ngo
- Status Completed works
- Type Nursing homes, rehabilitation centres
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