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Riqualificazione area antistante il civico teatro Sorelle Milanollo. Savigliano. 3° CLASSIFICATO Savigliano / Italy / 2012

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Il progetto dello spazio aperto come costruzione di sequenze di spazi caratterizzati. In questo senso per noi, guardare a piazza Turletti significa costruire una riflessione sull’intero sistema degli spazi aperti di Savigliano, sul loro modo di partecipare alla definizione e connotazione del contesto urbano, sul loro funzionamento. Savigliano ha in questo senso un’importantissima risorsa molto valorizzata nella sua dimensione puntuale, ma poco nel suo insieme. È fondata su una pluralità di spazi collettivi molto connotati, per certi aspetti definibili come vere e proprie enclosure: luoghi urbani di grande qualità formale racchiusi in confini riconoscibili e fortemente caratterizzati. L’esempio di Piazza Santa Rosa è da questo punto di vista proverbiale e molti sono gli aspetti che rendono piacevole anche Piazza del Popolo; nel ragionamento è sicuramente da inlcudere anche il parco Graneris che grazie ad alcune soluzioni di salti di quota e quinte di alberi ad alto fusto sul perimetro ricorda forme e sequenze di giardini di fine Ottocento; troviamo inoltre alcuni giardini in cortili di isolati storici dalle importanti dimensioni curati e valorizzati e non manca anche l’esempio del grande “interno” contemporaneo. L’intervento di riqualificazione della Crusà Neira sembra interpretare il tema dell’intercluso di qualità rivisitando gli antichi spazi aperti coperti delle tettoie mercatali che, oltre al commercio, finivano per ospitare funzioni ed usi collettivi. Osservati alla scala vasta questi “grandi stanze urbane” saviglianesi appaiono però come tante eccellenze puntuali svincolate fra loro, non come un sistema dotato di continuità percettiva. Un insieme di belle cartoline, ma non un racconto corale, una “grande narrazione”. Questo perché alla loro forte caratterizzazione, alla loro chiarezza di impianto, non si aggiunge un’altrettanto chiara definizione degli spazi “di contorno”, vale a dire di quei luoghi che li mettono in connessione, che si devono attraversare per entrare in ciascuna enclosure. Così il percorso che intercetta il cuore verde di parco Graneris, gli scorci suggestivi di Piazza Santa Rosa, le geometrie rigorose del Cortile di Santa Monica, il grande spazio sotto il “tendone” della Crusà Neira prende corpo attraversando spazi poco risolti o tessuti sfrangiati come piazzetta Cavour, Piazza Turletti, piazzetta Misericordia. A nostro parere, per valorizzare appieno questa possibile sequenza di “grandi interni” è necessario immaginare che gli attraversamenti qui descritti divengano luoghi accoglienti e piacevoli, pensati davvero finalmente come percorsi espliciti e non abbandonati alla loro condizione di spazio senza qualità. In questo senso il progetto di piazza Turletti è solo una delle occasioni su cui costruire una visione da condividere per rimettere in forma l’intero complesso di questi attraversamenti, per evidenziare una logica generale, una strategia operativa sperimentabile su un singolo caso, ma estendibile anche ad altri luoghi prima citati. Piazza Turletti Punto centrale di questa strategia è il progetto dei percorsi. Come si è detto Piazza Turletti è un luogo che viene prevalentemente attraversato, in cui la dimensione del flusso pedonale e carrabile prevale su quella dello “stare”. Se si esclude la scalinata del Teatro, non esistono infatti luoghi dedicati al loisir e alla sosta che sono fondamentali per chiamare “piazza” uno spazio aperto urbano. Senza una chiara definizione di essi, la dimensione funzionale dell’infrastruttura prevale su quella di aggregazione non soltanto nella definizione della forma degli elementi compositivi fondamentali, ma anche in quella delle attrezzature. Nel disegno al suolo la “strada” vince sul “marciapiede”: non c’è bisogno di pensare ciò che non viene perimetrato dalle strisce bianche o blu di carreggiate e parcheggi. Panchine, servizi pubblici, sistemi di illuminazione, rampe di accesso, isole ecologiche, rastrelliere per le biciclette vengono collocati a posteriori, saturando gli spazi residuali e gli interstizi. Non fanno parte di un vero e proprio disegno unitario di ciò che non è “strada”. Il muro di Piazza Turletti potrebbe apparire in questo discorso come un tentativo di rimessa in ordine di questi elementi, di cercare nella testimonianza dell’antico rapporto fra una recinzione e la via carrabile un segno attraverso il quale ristabilire gerarchie e forme di dialogo fra spazi collettivi e infrastruttura. Crediamo che questo tentativo sia il sintomo di una grande rinuncia riguardante la ridefinizione unitaria dell’intero spazio antistante il Teatro, dei pesi e dei ruoli che i luoghi dello “stare” e del movimento hanno al suo interno. Il nostro progetto propone quindi un nuovo disegno relativo alle forme del suolo che rinuncia alla presenza del muro: crediamo infatti sia sufficiente ridefinire ciò che è “piazza” e ciò che è “strada” per restituire qualità a questo luogo e che questa operazione debba partire da una rimessa in discussione generale dell’area. Il lavoro si fonda su alcune semplici mosse. Viene in primo luogo individuata una dorsale di attraversamento che collega l’archivolto di via del Teatro con l’imbocco di via Assietta. Tale collegamento diventa elemento strutturante di un insieme di spazi pedonali pavimentati che nascono da un processo di “asciugatura” delle superfici dedicate al traffico degli automezzi e dalla definizione di due grandi piattaforme attrezzate utili a ripensare l’accesso al Teatro Milanollo e a disegnare un basamento (con isola ecologica e portabici) alla cancellata con siepe a sud della piazza. La carreggiata attuale non subisce modifiche sostanziali mentre viene ridefinita la collocazione dei parcheggi. Il disegno del bordo dell’infrastruttura non ammette la presenza di ritagli. Ciò che non è strada o luogo per la sosta diventa immediatamente luogo pedonale. Tale passaggio netto viene sottolineato dalla presenza di diversi modi di trattare la pavimentazione: la dorsale e la rete degli spazi pedonali vengono realizzati alternando lastre di pietra di luserna e corsi di blocchetti in porfido, le carreggiate sradali in conglomerato “tipo Levocell” con inerti a vista disposto a fasce. Per le piattaforme viene previsto sempre l’utilizzo del medesimo conglomerato, ma con una diversa colorazione e con una trattazione monolitica delle superfici. La forma delle attrezzature di spazi pedonali e carreggiate nasce dalla tessitura proposta nel disegno al suolo: su alcuni corsi di pietra vengono disposte panchine della stessa larghezza in cemento bianco colorato in pasta, mentre il nuovo sistema di illuminazione viene realizzato a terra, inserendo corpi illuminanti di forma quadrata nella sequenza di blocchetti in porfido. Il disegno a fasce in conglomerato delle carreggiate nasce infine da una suddivisione più fitta della matrice formale delle aree di parcheggio che in questo modo non sono più dipinte sulla superficie stradale, ma parte integrante di essa. Un’occasione per allargare lo sguardo al contesto urbano Presupposto iniziale di questo lavoro è che oggi non sia più sufficiente immaginare il progetto dello spazio aperto come un semplice esercizio di arredo. Seppure l’innalzamento della qualità formale dei luoghi pubblici è un obiettivo nobile, specialmente in una fase di forte contrazione delle risorse a disposizione, pensiamo che l’obiettivo finale della trasformazione di questi spazi debba essere più ambizioso. Lavorare su piazze, slarghi, piazzali fa mettere oggi sul tavolo questioni talmente intrecciate fra loro da portare immediatamente la riflessione ad una dimensione più ampia. Così grande da abbracciare l’intero contesto urbano, le sue gerarchie, la leggibilità ed accoglienza della sua dimensione pubblica. Il progetto di uno spazio aperto qualsiasi può quindi diventare un utile pretesto, una lente che consente di osservare “da vicino” problemi con riverberazioni più ampie. Si pensi per esempio al funzionamento delle reti ecologiche, alla lettura di fenomeni di congestione urbana legati al traffico, alla fruibilità ed accessibilità pedonale, alle dinamiche di inclusioneed esclusione sociale. È impossibile oggi parlare di spazio aperto senza fare ragionamenti “di sistema” che consentono di inquadrare una più giusta scala di lettura e di governo dei fenomeni di trasformazione della città. Proprio per questo progettare lo spazio aperto implica inquadrare strategie di intervento corali e non puntuali, insiemi di temi e non singole soluzioni, obiettivi qualitativi di scala vasta e non localizzati. Questo non vuol dire mettere in campo operazioni più grandi in cui impiegare (o sprecare) più risorse, ma cogliere una singola occasione per immaginare un orizzonte più vasto, non riducibile ad un singolo intervento che si somma ad altri in modo estemporaneo, ma che si completerà nel tempo a partire dalla condivisione di una visione di partenza. Visione che è sicuramente meno sfocata, ma al contempo più ampia di quelle su cui è fondato il Piano Regolatore poiché più attuale, fondata su un più preciso e complesso insieme di attori più aggiornato rispetto al quadro in progress delle politiche di trasformazione che forse mai come in questo momento è posto in continua discussione.
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    Project details
    • Year 2012
    • Main structure Mixed structure
    • Client Counsulta per la Valorizzazione dei beni Artistici e Culturali di Savigliano
    • Status Competition works
    • Type Public Squares
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