Riqualificazione delle Cave di prun | Alice Zeni

Museo del Territorio Prun (VR) / Italy / 2008

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“Il paesaggio deve diventare un tema politico di interesse generale, poiché contribuisce in modo molto rilevante al benessere dei cittadini europei che non possono più accettare di "subire i loro paesaggi", quale risultato di evoluzioni tecniche ed economiche decise senza di loro. Il paesaggio è una questione che interessa tutti i cittadini e deve venir trattato in modo democratico, soprattutto a livello locale e regionale.” Tale considerazione tiene conto dell’idea che i paesaggi evolvono nel tempo per effetto di forze naturali e/o fattori antropici e che tali elementi si considerano simultaneamente come un continuum. Il paesaggio è una realtà mutevole, in continua evoluzione; ogni nuova aggiunta comporta un intervento in una determinata situazione storica. La qualità dell’intervento dipende dalla capacità di dotare il nuovo di proprietà in grado di instaurare un significativo rapporto di tensione con il preesistente. I paesaggi hanno sempre subito mutamenti e continueranno a cambiare; per questo motivo, l'obiettivo da perseguire dovrebbe essere quello di accompagnare i cambiamenti futuri riconoscendo la grande diversità e la qualità dei paesaggi che abbiamo ereditato dal passato, sforzandoci di preservare, o ancor meglio, di arricchire tale diversità e tale qualità invece di lasciarle andare in rovina. Il cammino progettuale ha incontrato, lungo il suo percorso, molteplici tematiche alquanto delicate che si sono intrecciate (intervenire sulla natura, valorizzare un luogo denso di storia, la costituzione di un museo del territorio, progettare in ipogeo) e sono diventate dapprima elemento di confronto, in seguito parte integrante dell’intento primigenio, quello cioè di restituire alla natura una porzione di paesaggio - su cui l’uomo ha lasciato un forte segno con la sua attività - ora divenuto “luogo dell’abbandono”, verso un nuovo valore riscoperto. Intervenire su un luogo carico di storia come le cave di Prun, ha significato una responsabilità nel lasciare un ulteriore segno sul paesaggio, segno caricato di un valore simbolico e mirato a valorizzare - come patrimonio storico locale - i segni e le identità che nel tempo e nella storia le culture del lavoro della pietra hanno sedimentato in questi frammenti di territorio. La bellezza di questi luoghi di scavo è proprio il loro vuoto; esso è presenza forte. È proprio la sottrazione l’elemento dominante; in quanto tale è da valorizzare lavorando sulla percezione degli spazi scavati nel cuore della collina. Le cave sono il luogo della storia, il luogo dell’esposizione; esse sono la storia, sono allo stesso tempo l’oggetto e il contenitore della memoria dei caratteri identitari del territorio e della sua tradizione. Ci si trova perciò di fronte ad un’innovativa concezione di spazio museale, in cui non c’è più frattura tra il luogo delle testimonianze e gli oggetti esposti; si vive come racchiusi in un immenso luogo di sapere che ospita le testimonianze, i segni, le tracce del più remoto passato, dell’avvicendarsi delle mutazioni, lungo i ramificati sentieri della storia e che al tempo stesso contiene le premesse, le cause e le condizioni dell’assetto prossimo futuro. Il paesaggio è come un immenso processo evolutivo che è nello stesso tempo sintesi del tempo e luogo della testimonianza. La storia entra nel progetto; è l’ambiente stesso a modellarlo. Se sarà possibile riscoprire la ricchezza, la sfaccettatura della storia che sta oltre l’orizzonte del presente vissuto, si potrà instaurare un nuovo rapporto con il nostro territorio; non ci si dovrà più occupare di protezione della natura e del paesaggio come ora, perché essi saranno divenuti parte integrante delle nostre visioni quotidiane. Quando ci si accosta ad una dimensione naturale, il primo fondamentale passo è quello di comprendere l’essenza intima di un luogo, ciò che Christian Norberg-Schulz definisce il Genius Loci. Il Genius Loci è quello spirito che permea uno spazio, la sua essenza vitale; in quanto tale non è solo il luogo in cui si stabilisce il contatto tra uomo e natura ma è anche l’esaltazione di ciò che l’uomo è nel tempo, vale a dire la storia. Un’altra importante questione affrontata è stata sicuramente quella della progettazione in ipogeo in quanto un pregiudizio latente tende a confinare l’architettura di questo tipo in una dimensione minore, apparentemente estranea al rapporto con la forma, il luogo, la luce. La realtà però è un’altra: la rinuncia non sta nella dimensione ipogea, ma nella rassegnazione al trasformarla in occasione di architettura. Anche la questione buio-luce è spesso malposta; l’architettura ipogea è più di ogni altra architettura della luce, catturata, ritagliata, guidata nei propri percorsi interni nascosti. La sezione, in questi casi, è generatrice. Il progetto gode di un privilegio che è nello stesso tempo difficoltà, ovvero quello di essere pensato in un luogo di assenza, un vuoto a cui dare regole, sensi, significati conformandolo secondo ragioni anche estetiche dove la luce gioca un ruolo fondamentale sulla percezione di tali spazi. È lo spazio vuoto a connotare la forma, nessun riferimento immediato appare all’esterno a parte la naturale preesistenza. Tutto si riduce, perciò, a pura percezione. “È proprio a livello della percezione spaziale che i significati architettonici forti vengono in primo piano”, afferma Steven Holl; lo spazio è il mezzo essenziale dell’architettura e su di esso si lavora con l’emozione.
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    Project details
    • Year 2008
    • Status Research/Thesis
    • Type Adaptive reuse of industrial sites / Archaeological Areas / Exhibitions /Installations
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