Polo Museale di Cabras

Cabras / Italy / 2011

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“Frammento, nella lingua italiana significa un piccolo pezzo staccato per frattura da un corpo qualunque. E con ciò esprime una speranza, ancora una speranza. E come tale non conviene con rottame, che esprime una moltitudine o un aggregato di cose rotte” (A. Rossi) Un museo archeologico è per convenzione un luogo che conserva ed espone reperti rinvenuti ed estratti dal suolo e fino a quel momento sepolti e dimenticati. Depositarli e metterli in nuova luce all’interno di in un museo comporta un obbligo alla lettura, alla decifrazione e alla interpretazione. Per dirla alla maniera di Aldo Rossi, significa considerarli quali frammenti (dotati di speranza) piuttosto che rottami (cose rotte). Tale operazione non può che appartenere alla sensibilità del presente e allo sguardo contemporaneo. Per queste ragioni, un museo archeologico, non può essere pensato come una entità statica (“deposito di cose rotte”), ma come uno spazio che, insieme alla tutela, all’esposizione e alla conservazione, preveda anche la ricerca, la didattica, le relazioni pubbliche, il marketing, la formazione. Il nuovo ampliamento, dedicato all’esposizione dei Guerrieri di Monti Prama, è occasione per completare questo discorso. Nel territorio di Cabras è possibile rinvenire le tracce, da ordinare e coordinare, di un “parco archeologico a cielo aperto”. In questa ottica, il Museo Civico di Cabras, rappresenterebbe la “porta”, il biglietto da visita, di un percorso espositivo che, proseguendo lungo la via Tharros (e meglio ancora lungo lo “stagno”), conduce al Capo San Marco. Il nuovo ampliamento, disponendosi parallelamente alla Via Tharros, costruisce un diaframma tra lo spazio antropico e lo spazio ambientale. Se il museo esistente si configura come “aggregazione” di volumi intorno ad un vuoto centrale (il patio), l’ampliamento si struttura su un’asse longitudinale, con una sequenza di volumi “appesi in progressione”. L’asse longitudinale dell’intervento è segnato da un muro che si prolunga fino all’esterno del museo, in continuità con i “giunti” di cemento a vista del museo esistente e, all’interno, si configura come una galleria scandita dall’infilata delle porte e mai realmente percepibile perchè invasa dalle sale del nuovo museo. Tale caratteristica è presente anche nell’edificio esistente. Il progetto paesaggistico completa alcuni interventi già realizzati lungo la Via Repubblica che, partendo dalla Chiesa di S.M. Assunta e la Piazza Stagno, arrivano al ponte pedonale in prossimità della Peschiera. Sul lato urbano si definisce una distesa soleggiata in terra stabilizzata colore ocra, una sorta di grande piazzale in cui è possibile organizzare eventi all’aperto. Attraversata la grande apertura del muro si percorre l’area rinaturalizzata, resa fruibile da pontili e passerelle in legno che riorganizzano i percorsi esistenti. Uno di questi, prolungandosi in una rampa aerea, raggiunge il secondo ingresso al museo. Tra l’edificio e lo stagno viene rafforzato un dislivello esistente con inserti in cemento bianco, sedute e gradini, configurando una sorta di teatro aperto sullo stagno. La sala multimediale. Percorso il primo tratto di galleria in rampa l’ampliamento si apre con una sala “di transizione” tra le due ali del museo. Si tratta della Sala Multimediale nella quale verranno riposizionati i monitor attualmente collocati nell’atrio di ingresso o comunque inseriti nuovi elementi di carattere multimediale e interattivo. Per l’esposizione dei reperti si è scelto di suddividere in due parti l’allestimento, distinguendo una “Sala dei Frammenti” e una “Sala della Ricostruzione”. La sala dei Frammenti. Il primo spazio si presenta a tripla altezza, con un elemento di dimensioni 4×4 mt. in acciaio ossidato, posizionato al centro della sala, come un grande tavolo da laboratorio. Questo elemento è inciso da alcuni inserti corrispondenti talvolta a teche, per ospitare frammenti non ricomposti o reperti minuti di vario genere, talvolta a piccoli monitor con video inerenti il ritrovamento. Riteniamo importante la presenza di questa sala per rendere conto non solo di un aspetto storico – la voluta frantumazione delle statue di MP – ma anche della lunga storia del rinvenimento, del restauro e della ricomposizione dei circa 5000 frammenti, raccontata attraverso immagini, voci audio, estratti di testi e citazioni (anch’esse quindi frammenti) impresse su pannelli in alluminio disposti nei quattro lati della sala. Volendo istituire una metafora e una analogia, la si potrebbe definire una sorta di “capanna delle riunioni”, un simposio, un raduno di immagini e di voci, un luogo per la discussione e per le ipotesi e per questo, un archivio di reperti in attesa di contestualizzazione. In questa sala il frammento viene letteralmente messo in luce, grazie al trattamento della parte alta delle pareti e della copertura, che proiettano all’interno, una luce analoga a quella delle fronde degli alberi. La sala della Ricostruzione. La sala che segue ospita e “mostra” la ricostruzione dei Guerrieri. Si è scelto di esporre i Guerrieri allineandoli come fossero colonne, in modo da definire due navate laterali, per consentire la visione del retro, ed una centrale che privilegi la vista frontale. La suggestione proviene dalle ipotesi di Massimo Pittau e Franco Laner che li ritengono telamoni di un tempio. Ogni navata è segnata da un lucernario che corre longitudinalmente. La navata centrale risulta più alta di quelle laterali e vi si accede discendendo per mezzo di una rampa che ha il compito di costruire un piano basamentale, su cui sono allineati i Giganti. Le variazioni di altezza, il basamento e il controsoffitto, radunano le statue in un unico segno. Pur essendo garantita la visione delle statue a 360 gradi, questa impostazione rafforza l’immagine “bidimensionale” delle statue (“i torsi sono appiattiti come due prospetti, frontale e posteriore”, scriveva C.Tronchetti), mentre l’allineamento contribuisce a rendere ossessiva la ripetizione del tipo (fino a15 pugilatori). Poiché nessuno dei Guerrieri risulta integro, l’allineamento rende possibile, nel percorrerle con lo sguardo, il completamento “virtuale”. Il pezzo mancante in una statua può essere ritrovato in quella successiva e così via. La nuova ala del museo si conclude con un volume destinato ad accogliere le attività di bookshop, caffetteria, sala didattica e gli spazi di servizio. In questo modo è possibile completare il percorso espositivo senza necessariamente ripercorrere il museo a ritroso e lasciare l’edificio grazie ad una porta d’uscita rivolta al fronte stagno. Lo spazio di raduno di queste aree del museo è un secondo patio, più esattamente un grande lucernario, nel quale si aprono gli ingressi al bookshop e al bar-caffetteria. Un blocco centrale contenente gli impianti di risalita conduce al piano superiore dove sono ubicati i vani tecnici e la sala didattica. Quello che abbiamo denominato “patio” può avere usi polivalenti: dalla sala lettura alla sala espositiva, dallo spazio per rappresentazioni teatrali alla sala di discussione. L’ultimo tratto di galleria, su cui si aprono gli spazi di servizio, è da un lato aperto sullo stagno come un portico e dall’altro presenta un’uscita sul versante urbano. A conclusione della galleria, un piccolo giardino.
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    Project details
    • Year 2011
    • Main structure Reinforced concrete
    • Client Comune di Cabras
    • Status Competition works
    • Type Parks, Public Gardens / Waterfront / Urban Furniture / Multi-purpose Cultural Centres / Museums / Archaeological Areas / Bars/Cafés / Interior Design / Custom Furniture / Lighting Design / Graphic Design / Photography / Exhibitions /Installations / River and coastal redevelopment / Book shops / Media Libraries / Restoration of Works of Art
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