NEL SEGNO DELLA DARESNA | arch. Luca Barcella

Riqualificazione di Piazza Ferdinando di Savoia Peschiera del Garda / Italy / 2011

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Nelle molteplici sfaccettature figlie di un patrimonio culturale immenso ed inequiparabile attraverso le quali l’idea di piazza si offre nel nostro Paese, non viene mai a mancare la prerogativa che essa debba offrirsi agli abitanti ed ai passanti in generale come punto di ritrovo, superficie privilegiata determinata dal dilatarsi del tessuto urbano edificato sulla quale si svolge la socializzazione ed in questo senso esplica la sua funzione più alta e primigenia, luogo delle relazioni umane, degli scambi, degli incontri. E’ un dato di fatto che le migliori piazze, per definizione, sono unicamente pedonali, sia che si affaccino in modo reverenziale ad un monumento sia che si propongano come dilatazioni momentanee del tessuto urbano dei centri storici di cui l’Italia è ricchissima: in queste piazze “pure” la pedonalità, in quanto scopo primario, avvolge ogni ambito, è termine di paragone con tutti gli spazi che interessa, non vi è soprattutto il “disturbo” che la condivisione della superficie con altre funzioni impone e la versatilità è tutta da mettere in gioco per lo stesso fine. Le piazze di oggi, invase dalle arterie più o meno consistenti del traffico cittadino, devono obbligatoriamente confrontarsi con questa commistione forzata di funzioni e con il conseguente impoverimento della sua principale vocazione: la ricerca del compromesso tra il consentire – ovvero gestire - la percorribilità carrale senza rinunciare alla pedonalità come spazio aggregativo e di socializzazione dev’essere il caposaldo dell’intenzione di progetto, che si manifesta attraverso il disegno degli elementi formali, unitamente alla scelta dei materiali attraverso i quali si dispone la composizione e dagli elementi di arredo urbano. A rendere ancora più gravosa la questione in oggetto si considera la necessità espressamente richiesta, peraltro comprensibile dal punto di vista degli amministratori locali, di destinare una porzione della superficie a pura area di sosta per autoveicoli: l’evidente rischio è quello di avere una distesa di “lamiere” che, oltre a sporcare la pavimentazione, impedisce la percezione globale degli spazi e del progetto, alterano le cromie esistenti, distorcono completamente ed inficiano il passaggio corretto dell’idea di piazza che rimane sempre latente e sopito; la piazza sboccia e si rivela nella sua totalità solo quando si svuota dei veicoli posteggiati. Queste considerazioni ci hanno condotto alla ricerca di un’idea di piazza che accordasse tutte queste istanze, dalla necessità di presentarsi come nobile custode di una stratificazione di eventi di notevole importanza, spazio moderno e vitale che sia reale materia urbana che accoglie, propone e stimola la socializzazione di residenti e turisti, ed al contempo pragmatica superficie per la circolazione veicolare e il posteggio dei mezzi; il tutto avvolto in un unico gesto forte e riconoscibile che, radicato nella storia, unisce e divide, racconta, genera e regola lo spazio stesso, i materiali, i percorsi, i vuoti e i pieni, a formare una piazza emozionale ed attrattiva irrinunciabile al prestigio di una illustre città sicuramente annoverabile tra le migliori perle della nostra Penisola. La Piazza Ferdinando di Savoia è un immenso squarcio nel fitto edificato urbano del centro storico di Peschiera: provenendo a piedi da una delle strette e caratteristiche vie d’accesso alla piazza si rimane sgomenti da questa spropositata dilatazione orizzontale dello spazio, siamo di fronte ad un vuoto di circa 9.000 mq e senza dubbio tiene fede all’altro suo nome di battesimo, Piazza d’Armi. Ipotizzata una piazza completamente vuota, la genesi progettuale muove i primi passi mediante precisi e fermi segni sulla planimetria mossi essi stessi dal contesto urbano che è guida e caposaldo: la piazza viene divisa in direzione nord-sud dal segno della darsena e nella direzione est-ovest dalla naturale prosecuzione degli assi fondanti il centro storico. Questi primi segni, semplici ma profondamente radicati nel tessuto storico, sono cardo e decumano della struttura della nuova piazza: i settori orizzontali, o fasce, sono determinate dalla naturale prosecuzione delle direttrici del centro storico che arrivano senza indugio e sfociano nella piazza; il segno del muro della darsena cinquecentesca, che oggi non è più leggibile in quanto completamente interrata, si struttura come asse portante o, per meglio dire, come spina dorsale di tutto l’intervento sulla quale può ruotare tutta la logica insediativa e funzionale della piazza. Questo gesto di dividere deriva senz’altro, come si accennava in precedenza, dalla notevole dimensione di cui dispone la piazza e porta con sé un primo grande vantaggio funzionale, rappresentato dalla possibilità di individuare un’area specifica per il parcheggio delle automobili: di fronte alla possibilità di gestione degli spazi per la pedonalità e per gli eventi della socialità in generale è infatti apprezzabile, a nostro avviso, evitare il più possibile una commistione tra le due funzioni, il parcheggio deve esserci, dev’essere facilmente usufruibile, dev’essere comodo e capiente, ma dev’essere marginalizzato nella sua posizione planimetrica e mitigato nella sua evidenza rispetto alla utilità e allo scopo primigenio della piazza, che sia quindi vero luogo di aggregazione della collettività. Dividere, dunque, per esplicite motivazioni prettamente funzionali, ma pur sempre nell’ottica di un progetto unitario: questa schematizzazione concettuale non deve infatti fuorviare il visitatore il quale deve poter apprezzare ambiti differenziati di un’unica opera di risanamento urbano. Ecco dunque che i settori orizzontali, oltre ad essere accompagnati costantemente per mano dalla spina dorsale della darsena, e quindi essere costole dello stesso organismo, si differenziano nel loro trattamento materico di superficie (aspetto superficiale, rugosità, in rilievo o complanare e liscio) e finitura di colore: trovano spazio quindi pavimentazioni in ciottolo, cubetti di porfido rossiccio e bianco, pavimentazione alla palladiana. Il materiale del filo conduttore che riporta in superficie l’esistenza sotterranea della darsena deve avere una forza intrinseca indiscutibile e di immediata evidenza: il segno della darsena viene quindi rivestito in tutte le sue proporzioni di acciaio cortèn nel dichiarato tentativo di fare di esso il nesso di collegamento tra passato e futuro oltre che mostrarlo palesemente, senza alcuna ambiguità, come gesto rituale di riappropriazione di un luogo, come nastro portante sul quale si struttura l’impianto planimetrico di tutta la piazza. Si crea così per il visitatore una sorta di effetto sorpresa: entrando in piazza da un accesso qualsiasi, non avrà subito la percezione della globalità dell’intervento (anche considerate le dimensioni notevoli della piazza) ma si ritroverà all’interno di uno degli ambiti così delineati appurandone, questo sì, gli elementi distintivi e caratterizzanti; passando poi al successivo ambito noterà invece come, seppure nella modifica delle cromie, dei materiali e della dislocazione dell’arredo urbano, che il leitmotiv non è affatto cambiato e a piccoli passi costruirà la globalità percettiva dell’intera piazza, costituita di frammenti diversi ma unificati in un unico gesto, nel segno della darsena. L’accesso carrale è garantito dalla via XXX Maggio e il tracciato stradale viene mantenuto adeso al margine est della piazza fino a congiungersi al ponte dei Voltoni e quindi senza apporre modifiche alla viabilità attuale: la sezione stradale è larga 5 mt, è a senso unico ed è intervallata da dissuasori di velocità che introducono di fatto una “zona 30” lungo tutto il tragitto. Il parcheggio trova spazio nelle immediate vicinanze della strada fino al margine disegnato dalla darsena il quale diventa uno schermo, un limite oltre il quale si può svolgere esclusivamente la pedonalità, ovverosia la piazza da vivere. Sono infatti esclusivamente pedonali tutte quelle aree comprese tra la darsena e l’edificato del centro storico; il sagrato invece è l’unica eccezione che sfora il margine virtuale della darsena estendendosi oltre la darsena al fine di garantire un fronte monumentale adeguato alla chiesa di San Martino. Al centro della piazza pedonale, che potremmo definire il cuore pulsante, ci sono uno specchio d’acqua e arredo urbano armoniosamente posizionati in modo da creare un ambiente intimo ed accogliente: sedute comode come spazio aggregativo per i giovani, un’isola verde, improvvisa ed inaspettata che smorza e stempera l’aridità di una piazza di pietra e mitiga con naturale dissolvenza la presenza del posteggio retrostante. L’acqua al centro della piazza è immediato rimando alla natura dei luoghi circostanti (l’emblema del lago) e relazione con la presenza dell’acqua all’interno della piazza quando ancora era utilizzato il margine della darsena: disegnata con rigorose linee geometriche ma costituita di fatto del materiale naturale puro per eccellenza, la vasca si pone a cavallo tra memoria e contemporaneità, tra natura e artificio; un pontile, in perfetta sintonia con il tema lacustre, si insinua spigoloso e accentua ulteriori asperità. La rievocazione del tratto della darsena parte dal margine SUD della piazza: collocato tra i primi posteggi dislocati a spina di pesce, si erge come un totem, una lama stretta e alta che è subito contaminata nella sua forma così pura dallo scorrere casuale dell’acqua. Questa lama infatti è nel lato rivolto verso la caserma un comodo spazio di alloggiamento per carte informative e nel lato rivolto verso la piazza, tramite una feritoia posta sulla sommità, fonte per la fuoriuscita di una lama d’acqua che si riversa sull’acciaio cortèn per poi essere assorbita alla sua base, come se poi virtualmente l’acqua possa proseguire sotto il tracciato della darsena. Il percorso corre dritto ed interseca il sagrato: la lamiera è a raso pavimento e dalla quota di calpestìo del sagrato non c’è nessuno scarto effettivo, solo un palese ed improvviso cambio di materiale; seppure importante il sagrato, come tutti gli altri settori, deve essere tessuto sul cardo portante di tutta la piazza e deve cedere ad esso, senza compromessi, la porzione di suolo. Il tracciato della darsena poco prima del termine della porzione destinata a sagrato piega verso destra e per un lungo tratto corre dritto fino ad intersecare il terzo settore: il fianco sinistro, verso il centro storico, è strutturato con un isolotto attrezzato a verde, lo schermo a cui si accennava in precedenza, ritagliato dal resto della piazza (e quindi non accessibile dal pubblico) dallo specchio d’acqua; questi elementi in stretta successione accordano le varie direzioni insistenti in questa delicata porzione della piazza ed enfatizzano la ricerca compiuta nel progetto di mantenere il tracciato dei solchi esistenti. Nel terzo settore la direzione della darsena punta senza ulteriori pieghe verso il ponte dei Voltoni e quindi al limite materiale di estensione della piazza: lungo questo ultimo tratto di 75 metri il segno della darsena è in continua metamorfosi, dapprima si dilata per formare, anche in elevato, degli spalti a gradonata, poi si struttura come una grande stanza urbana semi coperta utile per la sosta e il relax ma anche per l’allestimento di mostre temporanee, poi ancora è pretesto per la realizzazione di sedute e fioriere ed infine, come ultimo gesto conclusivo, la torre di collegamento verticale con il ponte dei Voltoni. Il terzo settore, apparentemente un grande vuoto, è forse quello che meglio si raccorda con il concetto delle grandi piazze della socialità contemporanea: delimitato da un vuoto quadrato di circa 40 metri di lato, è dinamico e flessibile e ben si presta ad essere utilizzato come luogo in cui installare eventi e spettacoli che richiedono un palcoscenico e una platea di sedie, oppure si può agevolmente collocare un tendone temporaneo per feste popolari così come installazioni temporanee per mercatini o campi da gioco per manifestazioni sportive. Procedendo verso il ponte dei Voltoni serve al progetto un culmine conclusivo e contenitivo di tutta la tensione accumulata lungo il tracciato della darsena: la torre, oltre ad essere un valido strumento di collegamento verticale tra i piani sfalsati della piazza e del ponte, si configura come vertice della composizione mediante la lamiera di cortèn che si erge dalla quota suolo e diventa membrana protettiva, abito di acciaio, pelle sotto la quale corre verso l’alto con la successione delle rampe la scala. L’impianto tecnologico è semplicissimo, una scala di sicurezza sorretta da 4 pilastri in acciaio all’interno del circuito delle rampe (quindi anche una struttura economica): il rivestimento invece lascia intravedere quello che avviene all’interno, mascherando di fatto le partizioni strutturali senza nascondere invece il viavai dei visitatori. Raggiunta la quota del ponte la rampa prosegue per portare il visitatore ad una quota ancora superiore, un punto di vista panoramico e privilegiato dal quale traguardare in lontananza sul canale e per avere, finalmente senza ostacoli visivi, un colpo d’occhio globale su tutta la piazza. La torre è inoltre ben visibile anche dal ponte di accesso alla città in prossimità del Parco Catullo di Peschiera ed invita il visitatore in ingresso in città alla ricerca di un luogo dal quale poter esperire tale struttura. Il progetto non poteva considerarsi completo senza una precisa indicazione, collocazione e progettazione di tutti gli elementi componenti il sistema dell’arredo urbano: in luogo delle limitazioni delle aree di sosta con tinteggiatura di fasce a pavimento si indica l’utilizzo di chiodi segna stallo; il percorso carrale è delimitato e punteggiato da dissuasori cubici in acciaio cortèn utili anche come seduta; fontanelle e cestini parlano lo stesso linguaggio puro e monolitico, sempre in acciaio cortèn; si suggerisce poi l’utilizzo di due tipi di sedute, l’una sempre monolitica in legno nautico, una grande zattera con sostegni arretrati che danno l’impressione di galleggiare al di sopra della piazza, e l’altra come unica forma organica e fuori dallo schema, a forma di sasso gigante con anello per seduta in semicirconferenza in legno. Per quanto riguarda le lastre lapidee si consiglia l’utilizzo di un sistema innovativo di lastre prefabbricate con materiale nobile su piastra di calcestruzzo: tale materiale risulta essere più economico, più facile e veloce da posare, più rispettoso per l’ambiente in quanto utilizza minore materiale di cava, più facilmente gestibile (estrazione dei blocchi e ricollocamento degli stessi) nel caso di lavori di manutenzione sull’impiantistica.
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    Project details
    • Year 2011
    • Client Comune di Peschiera del Garda
    • Status Competition works
    • Type Parks, Public Gardens / Public Squares / Urban Furniture / Churches / Parking facilities / Restoration of old town centres / Archaeological Areas / Beach Facilities / Monuments
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