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GRES ART: (l’architettura) TRA MEMORIA E ANTICIPAZIONE ESTREMA Bergamo / Italy / 2023

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GRES ART, il progetto firmato da De8_Architetti (Mauro Piantelli), è il primo degli edifici dell’ex comparto industriale ad essere riconsegnato all’uso pubblico, anticipando così gli intenti del grande progetto di ri-generazione urbana del dismesso sito produttivo GRES.


L’area, che a prima vista può sembrare un’area periferica e defilata rispetto alla città, in realtà si trova lungo una delle arterie commerciali storiche di Bergamo: vie di collegamento tra la città murata e l’esterno che hanno “innervato” il disegno urbano. Alla metà del novecento sarà il Piano regolatore di Muzio a creare il confine fisico tra città e campagna: il progetto dell’asse interurbano determina definitivamente ciò che è “centro” da ciò che non lo è. Negli anni la costruzione del “filamento urbano” rende questo confine più impreciso, in qualche modo più poroso e meno determinato: esattamente il fenomeno di “implosione-esplosione” descritto da Lefebvre per il quale ad un primo momento di concentrazione ( di attività – di persone – di ricchezze – di cose e oggetti ) segue un’esplosione di frammenti urbani (periferie – sobborghi – concentrazioni lungo le vie commerciali).  Bergamo è storicamente una città industriale: fino a 50 anni fa (PRG Astengo 1970) la città contava 100 attività industriali-produttive, di cui alcune con estensioni fino a 10 ha. Il disegno della città è figlio di quest’esperienza industriale che solo di recente è venuta meno, lasciando aperto il grande tema della ri-generazione. 


Cosa rimane oggi di questa vicenda storica, della presenza della produzione nella città che si avvia a diventare definitivamente turistica? Quasi nulla! In pochi decenni sono state demolite pressoché completamente tutte le testimonianze produttive. Per i millenials la Fabbrica, come luogo fisico, come fatto architettonico, è un concetto molto vago. In pochi decenni le nostre città hanno deliberatamente cancellato il “layer industriale” rimuovendo quartieri, pezzi di città, memorie collettive.


Il progetto qui parte dall’assunto opposto di non cancellare la traccia industriale, adottando una pratica diametralmente opposta a quella diffusa della tabula rasa: la gran parte dei progetti che vengono definiti “ ri-generazione urbana” si sono di fatto realizzati tramite demolizioni, sono quindi processi sostitutivi piuttosto che ri-generativi. Riconoscendo il valore materico e affettivo del lascito industriale, il processo di trasformazione qui prevede una lettura critica della pre-esistenza, indagandone le possibilità evolutive:  attribuisce ed indica nuove possibilità di uso dopo un’attenta lettura dello spazio esistente. È l’architettura che influenza la funzione, una sorta di verità formale come insegna la cultura giapponese. L’attribuzione di nuove funzioni è la pratica più efficace di conservazione, perché anche l’edificio, come ogni essere vivente, muore nella sua stagnazione, nella negazione del mutamento. Per questo non si tratta di archeologia industriale, termine forse abusato che prevede una sorta di “congelamento” dell’architettura, dove la fascinazione estetica della rovina è predominate e assolutistica. Non è quindi il tristemente famoso “quartiere di Ipocrisia descritto da Koolhaas: lo spazio dove la Città Generica conserva una reliquia del suo passato come simulacro della città prima di diventare generica. L’intento di questo progetto è di lavorare per stratificazione, facendo evolvere l’architettura industriale innestando contemporaneità.


Questi luoghi non standardizzati, questi spazi extra-ordinari, che si adattano particolarmente ad essere riutilizzati quali luoghi collettivi, sono gli spazi che la città reclama, di cui ha bisogno: architetture stratificate e contemporanee, che si relazionano al contesto e dialogano con la città. Architetture contemporanee per abitanti contemporanei.


 


Di questo progetto alla scala urbana, GRES Art è il primo edificio ad essere trasformato e riconsegnato all’uso pubblico: è, di fatto, un’anticipazione del processo di ri-generazione urbana. In accordo con la Fondazione Pesenti – Italmobiliare - abbiamo individuato questo spazio come luogo per eventi, installazioni artistiche, incontro con la città e con il quartiere. E’ uno spazio ibrido che può ospitare molte cose. E’ uno spazio in divenire. Di certo non è un museo, o almeno non è “dispositivo museale” come lo definisce Agamben, cioè “l’esposizione di una impossibilità di usare, di abitare, di fare esperienza”. GRES Art è, all’opposto, un dispositivo contemporaneo di condivisione.


Anche in questo caso l’architettura è il frutto di una manipolazione: sono stati demoliti 2 edifici costruiti a ridosso del fronte nord per incrementare spazio pubblico. Questa demolizione ha permesso di liberare suolo svelando tracce di vecchie pavimentazioni industriali: in pietra, in cemento, in gres; rotaie per lo spostamento di carrelli. Tracce che ora sono inglobate all’interno della nuova pavimentazione.


L’edificio pre-esistente è tipologicamente un edificio abbastanza comune, forse non ordinario ma di certo negli anni ’50 non era difficile realizzare un edificio simile. Questi edifici industriali sono stati concepiti per ospitare macchinari ingombranti che richiedevano grandi superfici e per questo hanno adottato soluzioni strutturali estremamente razionali per liberare gran parte dello spazio interno e massimizzare l’apporto di luce naturale controllata. Sono edifici molto flessibili, a bassa specializzazione.


Le qualità spaziali dell’edificio esistente, i chiaroscuri creati dalla luce naturale e l’eleganza delle strutture in cemento, sono gli elementi che guidano la riconversione: il nuovo giardino, creato per sottrazione, cioè “scavando” parte del volume industriale, crea un’atmosfera intima e amplifica l’apporto di luce naturale all’interno dello spazio. Il giardino, di 600 m2, nasce dalla consolidata collaborazione tra De8_Architetti e la paesaggista, e agronoma, Laura Gatti. E’ un giardino realizzato per “sottrazione” appunto, eliminando la copertura e demolendo la pavimentazione; sono state mantenute le sole strutture a testimonianza del passato industriale. Anche nel giardino si legge la “stratificazione”, il passaggio da spazio interno a spazio aperto, sebbene lo si percepisca oggi come un elemento originario, come se da sempre abbia fatto parte del luogo. Il suo essere racchiuso, protetto, il “recinto” dove si trova il “meglio”, è un rimando all’etimologia del termine giardino, che significa appunto sia “recinto” che “paradiso”. Questo spazio, pensato in origine come dispositivo di luce, è diventato, nell’evoluzione del progetto, anche un luogo da abitare, da esperire. Un sistema di sedute disegnate appositamente costituiscono il bordo delle placche verdi, definiscono la modellazione plastica del terreno: il nuovo giardino è una sorta di reperto archeologico per inquadrare il disegno delle nuvole e per sentire il rumore delle foglie degli alberi. E’ la quinta fondale dello spazio espositivo e rende il tutto un po’ magico. A breve verrà piantumata anche tutta la parte arbustiva e il giardino assumerà un aspetto più definitivo.


Dei 2 volumi esistenti che costituiscono lo spazio espositivo uno, per sottrazione appunto, ospita il nuovo giardino, l’altro, per addizione, accoglie il nuovo soppalco ed una lunghissima rampa pedonale, il “piano inclinato” (omaggio alla Fonction oblique che Claude Parent e Paul Virilio elaborarono proprio negli anni della costruzione di questo edificio) che permette di non interrompere il percorso durante l’ascesa. Percettivamente lo spazio cambia in continuazione e dal soppalco si ha una prospettiva completamente differente dello spazio espositivo.


Anche la facciata originaria è stata manipolata, ri-modellata: lo scavo verso l’interno crea una sorta di foyer pubblico nella piazza. Se memoria e nostalgia sono materiali da costruzione e partecipano al progetto attraverso il riutilizzo della forma, e della materia, del lascito industriale, la facciata metallica, dorata e riflettente, testimonia il tempo presente: ciò che viene riflesso è adesso, è sempre contemporaneo, e come tale partecipa al progetto.


 Lo spazio pubblico è impreziosito dall’installazione Solis Silos del maestro Mario Nanni. Ospiterà un’esperienza sensoriale ingegnerizzata e illuminata da Viabizzuno. Mario Nanni ha anche firmato tutto il progetto illuminotecnico di GRES Art, compreso il nuovo sistema a pali dello spazio pubblico, anteprima assoluta.


 


Photographer: Michele Nastasi 


Website: https://www.michelenastasi.com/


IG: https://www.instagram.com/michelenastasiphotography/

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    GRES ART, il progetto firmato da De8_Architetti (Mauro Piantelli), è il primo degli edifici dell’ex comparto industriale ad essere riconsegnato all’uso pubblico, anticipando così gli intenti del grande progetto di ri-generazione urbana del dismesso sito produttivo GRES. L’area, che a prima vista può sembrare un’area periferica e defilata rispetto alla città, in realtà si trova lungo una delle arterie commerciali storiche di Bergamo:...

    Project details
    • Year 2023
    • Work started in 2022
    • Work finished in 2023
    • Status Completed works
    • Type Adaptive reuse of industrial sites / Multi-purpose Cultural Centres
    • Websitehttps://www.deottostudio.com
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