Logo "Agrigento capitale della cultura 2025" città candidata | Barbara Spallitta

Agrigento / Italy

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 Il logo ideato per la candidatura di Agrigento a Capitale Italiana della Cultura 2025 si ispira al Telamone del colossale tempio agrigentino di Zeus Olimpio, di cui parla sia Goethe ne “Il Viaggio in Italia" che Diodoro Siculo e Polibio, descrivendolo in termini entusiastici.
Non credo ci sia immagine più emblematica della imponente opera scultorea del Telamone per identificare la città di Agrigento, si tratta della statua di maggiori dimensioni dell'antichità in Sicilia e tra le più grandi dell'intera arte greca. 
Il processo di anastilosi che ha portato alla ricomposizione del gigante del tempio di Zeus Olimpio, conservato oggi nel Museo archeologico regionale della città Pietro Griffo, ha fatto sì che esso stesso divenisse immagine potente dello splendore dell’antica Aκραγας e contraddistinguesse in modo univoco l’Agrigento di oggi.
 
Il Telamone, dal greco τληναι “sostenere”, sostiene per l’appunto la scritta Agrigento che si sostituisce alla trabeazione che esso regge per antonomasia, richiamandone la funzione sulle facciate dei templi, dove telamoni o cariatidi (al femminile) si sostituivano alle colonne o alle lesene e reggevano su di sé il peso della copertura attraverso trabeazione e timpano, a volte anche in modo unicamente decorativo, come forse nel tempio agrigentino.  
Al nostro Atlante va affidato simbolicamente questo compito, di supportare Agrigento e di sostenerla affinchè essa possa idealmente risplendere come un tempo.
 
I conci del gigante si smaterializzano attraverso la graficizzazione dei 4 elementi: FUOCO (le fiamme), ARIA (i vortici), TERRA (i solchi dell’aratro) e ACQUA (le bollicine), di cui Empedocle, filosofo greco agrigentino del IV sec a.c., postula per primo l’esistenza, insieme a Platone. Le quattro radici del mondo, dalla cui mescolanza nasce l’origine di ogni cosa e in cui Empedocle vede anche, attraverso l’unità assoluta di essi e la loro aggregazione, la materializzazione dell’Amore e dell’Armonia.
Nel celebre frammento 6 di Empedocle leggiamo:
«Per prima cosa ascolta che quattro son le radici di tutte le cose:
Zeus splendente e Era avvivatrice e Edoneo (Ade)
e Nesti, che di lacrime distilla la sorgente mortale».
In questi versi Empedocle indicherebbe Zeus, il dio della luce celeste come il FUOCO, Era, la sposa di Zeus è l'ARIA, Edoneo (Ade) il dio degli inferi la TERRA e infine Nesti (Persefone) l’ACQUA.
Si crea così una sorta di quaterna matrimoniale tra Zeus ed Era, divinità celesti e terrestri, e Ade e Nesti, divinità ctonie.
E questi 4 elementi, personificati negli dei dell’Olimpo, rappresentano tutta l’Akragas antica con i templi della valle, tempio di Zeus Olimpio  per l’appunto, tempio di Era (Giunone), Santuario delle Divinità Ctonie (sotterranee)  (Ade, Demetra e Persefone), ma anche la Agrigento di oggi, con l’intero territorio provinciale, dalle spiagge di Siculiana, di Sciacca, di Menfi, al mare delle nostre splendide isole, Linosa e Lampedusa, dalla campagna di Ribera, di Palma di Montechiaro, all’aria pulita che si respira soprattutto nei piccoli centri ed infine il sole che riscalda generosamente il nostro territorio.
Goethe nel “Viaggio in Italia”, opera ottocentesca che contiene il resoconto del Gran Tour compiuto dallo scrittore tedesco nella nostra penisola alla fine del 1700, oltre ad affermare che «L'Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto», si sofferma nella Valle dove osserva lo stato di rovina dei vari templi e rimane incantato dalla fertilità dei terreni a grano e scrive: «Mai visto in tutta la mia vita uno splendore di primavera come stamattina al levar del sole… Dalla finestra vediamo il vasto e dolce pendio dell'antica città tutto a giardini e vigneti, sotto il folto verde s'indovina appena qualche traccia dei grandi e popolosi quartieri della città di un tempo. Soltanto all'estremità meridionale di questo pendio verdeggiante e fiorito s'alza il tempio della Concordia, a oriente i pochi resti del Tempio di Giunone; ma dall'alto l'occhio non scorge le rovine di altri templi … corre invece a sud verso il mare.»
Le parole di Goethe servono a ricordarci la bellezza e le straordinarie risorse e potenzialità di una terra preziosa che merita la candidatura a Capitale Italiana della Cultura e lasciano agli abitanti l’onore di credere in questo ambizioso progetto.
 
 

 
 
 
 
 

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