LA FABBRICA AMICA / THE FRIENDLY FACTORY | Maurizio Moraldi

Questa breve riflessione inizia proprio dalla sarcastica, quanto illuminante, frase di un lucido avventore che, in visita al cantiere durante i lavori esclama : "...ma che state facendo ? un acquedotto romano dentro una fabbrica ? ". L'architetto arteffice, ascoltata l'esclamazione, con un lieve sorriso annuisce e, volgendo lo sguardo interrogativo ai vicini committenti, sembra dire:  " oddio  stavolta l'ho fatta davvero grossa". Poi invece, da solo in treno, di ritorno alla sua dimora capisce appieno l'immaginario  corto circuito  di idee che ha meso in moto. In altre parole cogliere i mutamenti del produrre contemporaneo  in un luogo del  lavoro del XXI secolo  attraverso il  rimando diretto alle nobili origini dell'architettura classica,  ci ha resi consapevoli di avere, ad arte, con  elementi  simbolici,  ibridato  quanto ridotto  l'annoso dualismo  classico - moderno.  Forse la  inconsapevole magìa che si è materializzata  all'interno di uno spazio produttivo del Valdarno deriva proprio dal processo alchemico - tipico dell'architettura d'interni - dove  si  fa con quello che c'è. Appunto l'architettura nobile prodotta con  materiali poveri, di gesso rivestiti, che hanno però indotto nell'osservatore  la forza  immaginifica  di un  modello classico di incommensurabile utilità per la civilizzazione. Quello che infine possiamo, con certezza, affermare è che oggi, varcando la soglia della CPF Automation, si ha la netta sensazione  di  essere  anni luce distanti  dalla ripetitiva, seriale  quanto  monotona  fabbrica di stampo  fordista. Viceversa,  sembra emergere con forza  un'atmosfera che si doveva respirare in una  bottega rinascimentale dove produrre cose e costruire  pensiero non erano mai  state così vicine allo scenario della propria contemporaneità.

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