Designing in Teheran - progetto A

3° classificato Tehran / Iran / 2009

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Descrizione progetto:
Il progetto si inserisce in un contesto molto diverso da quello delle realtà europee ed occidentali. La difficoltà di fondo è stata quella di calarsi all’interno di questa nuova realtà e cercare e trovare i veri rapporti profondi con queste terre e questi luoghi. La ricerca, quindi, del “genius loci” è andata oltre quello di visivamente percepibile, alla ricerca delle “verità nascoste” di queste terre. Il progetto, infatti, risulta fortemente influenzato dalle forte presenza orografica di questi luoghi, caratterizzati da grandi catene montuose, che risultano anche visibili dallo stesso lotto di intervento. Il progetto proposto, quindi, risponde a questa analisi di fondo. Lontano da facili sensazionalisti, si presenta almeno inizialmente come un’architettura monolitica, massiva, unitaria. Riteniamo, infatti, che l’architettura e quindi l’edificio Benetton in questo caso, oltre ad essere una macchina funzionalmente perfetta, debba indagare anche una funzione socio-politico-culturale diventando elemento di dialogo fra diverse culture che mai come in questo caso risultano abbastanza antitetiche; assumendo, quindi, un ruolo di calibrata mediazione tra la cultura occidentale e quella orientale, ma senza rinunciare mai alla sua forte identità espessiva. Si è cercati di evitare un’architettura estranea a questi luoghi, confezionata altrove. Planimetricamente, l’intervento si eleva lungo tutto il perimetro del lotto, come un blocco pieno, svuotato in corrispondenza dello spazio interno, dove vengono alla luce le grandi superfici vetrate. Un enorme massa che corrosa dalle forze naturali si scompone in tre grandi massi di pietra, creando enormi gole interne che risulteranno interamente vetrate. L’edificio proposto, risulta fortemente permeabile in termini di percorrenza sia nei rapporti con la città sia internamente all’edificio stesso. Infatti, durante la vita diurna dell’edificio, le grandi “gole” diventano percorsi della città, rispondendo all’esigenza di essere grandi poli di attrazione; il fruitore o semplicemente il passante, viene catturato dalla grande dinamicità interna e ne resta affascinato. Il progetto, quindi, lavora sulla grande contrapposizione tra un esterno molto costruito e “silenzioso” ed una realtà interna molto dinamica e roboante; tutto il lavoro è giocato su questa grande “contraddizione” Tale soluzione progettuale non è da intendersi come una rinuncia al dialogo con la realtà esterna, ma anzi come una volontà più ricercata di interagire con il contesto. Un rapporto rispettoso di un’architettura locale fatta di costruzioni, con superfici essenzialmente chiuse per proteggersi dal clima particolare di questi luoghi. Dall’esterno, quindi, l’edificio risulta essere austero, muto, segreto; entrando si scopre uno spazio che rivela tutta la sua dinamicità dirompente. Da lontano, l’edificio affonda nel terreno come una roccia con “volontà cubica”. Infatti, la stessa parola Teheran significa “andare verso il basso”; questa volontà è stata sviluppata nel trattamento del volume angolare dove lo stesso prima del contatto con il terreno si rastrema verso il basso creando una grande eccezionalità scultorea, e diventando dal punto di vista funzionale una sorta di invito ad entrare per le persone che attraversano questo luogo. Inoltre, nel disegno planimetrico dei piani fuori terra, è stato sviluppato lo stesso tema. Infatti, la grande dinamicità interna, non è stata ottenuta solo grazie alle superfici interamente vetrate, ma grazie e soprattutto alla movimentazione planimetrica dei solai sovrapposti. La percezione dell’edificio da distanze diverse definisce piani di lettura sovrapposti, proprio come un testo letterario. Ponendoci ad una distanza media, osserviamo come il bordo, il limite che prima profilava una forma quasi perfetta, lascia spazio all’indefinito. Appare così il tratto di una linea irregolare che deforma gli spigoli e una vibrazione superficiale di luce sulle grandi masse, materia e ombre si alternano in modo differente durante le ore del giorno. Avvicinandoci ancora, finalmente la forma si rompe, i pezzi saltano, esprimendo la loro materialità abrasiva e definendo vuoti che ci indicano la scala costruttiva dell’edificio. Incisioni di luce che tagliano in maniera irregolare le facciate e che percepite a distanza trasformano il vuoto in un’ombra che parla di sottrazioni ad opera della luce. Si è voluti realizzare un’architettura fortemente radicata, basata sulle particolarità culturali ed ambientali che seguono la memoria del luogo.
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    Project details
    • Year 2009
    • Status Competition works
    • Type Showrooms/Shops
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