Restauro del Centro S. Francesco nell'abbazia di Santa Maria di Realvalle | Raffaella Forgione

Restauro dei solai lignei e delle coperture a volta Scafati / Italy / 2005

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1- NOTIZIE STORICHE dalle FONTI ARCHIVISTICHE
Il complesso cistercense di S.Maria di Realvalle, costruito tra il 1274 ed il 1284, fu fondato da Carlo I d’Angiò - per ringraziamento a Dio della vittoria riportata il 26 febbraio 1266 su Manfredi -, ai margini del villaggio di S. Pietro di Scafati, dove s’estendevano fertili terre coltivate e vasti possedimenti di boschi, adibiti alle Reali Cacce. La denominazione di Realvalle fu voluta per ricordare la badia di Realmente, fondata dal padre Luigi VIII a Beaumont, nell’Ile de France. Magister del cantiere di Scafati fu il canonico piccardo Pietro de Chaule, che seguì anche il cantiere dell’imponente reggia fortificata di Castel Nuovo, eretta a Napoli in quattro anni a partire dal 1279 ed oggi denominata Maschio Angioino.
Allo splendore dei primi decenni seguirono gli anni di decadenza e la situazione, aggravata dalla caduta del dominio angioino (1442), precipitò il 5 dicembre 1456, quando un terremoto d’intensità stimata intorno al 7° grado della scala Mercalli, fece crollare quasi tutti gli edifici e parte della chiesa abbaziale. Il monastero affidato tra XV e XVI secolo a diversi illustri commendatari, non riuscì a risollevare le proprie sorti. Negli anni 1590-1597 il priore don Martino riuscì ad erigere una chiesetta per la messa, ed a riparare parte dell’ala conversi; poi negli anni 1740-1748 l’abate Attilio Lecce realizzò accanto all’antico monastero una chiesa nuova. La notizia più interessante che si legge nei documenti settecenteschi dell’Archivio di Stato di Napoli é l’esistenza di un chiostrino, utilizzato in luogo di quello angioino, ormai in rovina, e soprattutto di una nuova fabbrica con due ordini di pilastri con archi voltati e con alcuni vani già coperti a volta, struttura di fondazione di un edificio progettato per accogliere nuove stanze per i monaci. Questi ambienti che configurano l’attuale sala a pilastri, posta a sud dell’antico chiostro, non furono mai completati.
Quando agli inizi del XIX secolo fu emanata la legge di soppressione dei monasteri, i Cistercensi si videro costretti ad abbandonare l’abbazia, che già versava in stato d’abbandono e necessitava di lavori di riparazione, invocati più volte dagli abati. In seguito il complesso incamerato nei beni demaniali fu venduto e soltanto alla fine del XIX secolo venne affidato in enfiteusi alle Alcantarine, che divennero proprietarie nel 1938, a seguito di una donazione.
Negli anni Novanta la Soprintendenza Beni Architettonici e Ambientali di Salerno ha intrapreso una campagna di lavori, realizzando la rimozione d’ intonaci originari, la sostituzione di quasi tutti i solai di legno di castagno, il rifacimento del tetto e il consolidamento dei sistemi voltati con inutili iniezioni armate.


2- BREVE DESCRIZIONE DEI LUOGHI E DELLO STATO DI CONSERVAZIONE
Alcune tracce importanti dell’impianto cistercense angioino, che rappresenta il nucleo di più antica datazione, sono visibili nel muro superstite della chiesa abbaziale e nell’ala dei conversi, ma il complesso si presenta caratterizzato da una notevole stratificazione architettonica, che s’accompagna ad elementi di pregio artistico. L’abbazia é articolata in blocchi strutturali, correlati tra loro e disposti intorno all’immenso chiostro d’epoca angioina, fulcro dell’intera organizzazione spaziale: dell’ala monaci disposta ad est restano pochi elementi, come pure del refettorio con le cucine, forse posizionato nell’ambiente denominato sala a pilastri, mentre l’ala conversi s’é interamente conservata, anche se con molti rimaneggiamenti. Dal prospetto principale l’accesso all’ala conversi é caratterizzato da un ambiente imponente, con volte a crociera, che introduce al cortile colonnato, denominato corte dei conversi, da cui é possibile condursi al chiostro. A nord e a sud dell’ingresso si dispongono alcuni ambienti utilizzati come magazzini per le derrate alimentari e stalle per il ricovero dei cavalli. Accanto al prospetto dell’ala conversi é disposta la facciata principale della chiesa settecentesca, per la quale alcuni ambienti dell’impianto gotico furono ampliati: negli anni 1740-1748 fu, infatti, eretta la cappella con abside a pianta semicircolare, modificata dopo il 1834 per assumere l’attuale configurazione di chiesa ad aula unica, con copertura di volta a botte.
Tornando al fulcro del complesso abbaziale, gli elementi superstiti visibili del chiostro sono tre muri - quello settentrionale in cui s’intravedono le alte monofore che illuminavano la chiesa abbaziale, quello occidentale in comune con l’ala conversi, quello meridionale in cui un tempo s’apriva una porta d’accesso al refettorio - ed i peducci, sui quali erano impostate le volte a crociera, che coprivano un porticato aperto sullo spazio centrale, di cui non si è conservata alcuna traccia. La quota originaria di calpestio corrisponde a quella dello scavo condotto negli anni Novanta dalla Soprintendenza di Salerno, tuttora visibile accanto al muro occidentale del chiostro: si tratta di più di 50 cm al disotto dell’attuale livello, misurato all’ingresso del chiostro dalla corte dei conversi. Alberi d’agrumi - limoni, mandarini, cedri del Libano, pompelmi, aranci - e alcuni noci ombreggiano quello che oggi è un bellissimo giardino, e che alla fine del XIII secolo fu tra i chiostri più ampi riscontrabili all’epoca: otto campate sui lati est ed ovest e sette sui lati nord e sud, per un’estensione complessiva di 42 m X 38 m circa.
A nord del prospetto principale dell’abbazia si raggiungono la masseria sette-ottocentesca, che conserva in un ambiente a piano terra un forno in pietra, ed il muro della chiesa abbaziale con le gotiche monofore in blocchi lapidei a facciavista, arricchite da raffinati capitelli a foglie d’acanto e croquet. In questo muro sopravvissuto dell’imponente chiesa gotica a croce latina, crollata a seguito del terremoto del 1436, si riscontrano alcuni contrafforti ad aumentarne lo spessore, in corrispondenza dei piedritti delle arcate a sesto acuto, nelle quali si aprono le monofore.
La sala scoperta posta a sud del chiostro, caratterizzata dalla presenza di grossi pilastri quadrati di lato 1,3 m e preceduta da un vestibolo coperto con volte a vela, impostate su pilastri della medesima dimensione, e da un altro vano notevolmente trasformato agl’inizi del XX secolo, è la cosiddetta sala a pilastri, che si può identificare con una parte dell’antico refettorio, rimaneggiato tra XVI e XVIII secolo, per edificare nuovi ambienti, che avrebbero dovuto ospitare i monaci e che non vennero mai ultimati.
Il degrado ha reso molte parti inabitabili, ed allo stato attuale la masseria, che chiude a nord il complesso, e la chiesa settecentesca sono le uniche parti utilizzate dall’Istituto delle Terziarie Francescane Alcantarine.
Il muro angioino con monofore è in molte parti crollato, mentre l’intonaco e gli apparecchi murari appaiono interessati da un avanzato stato di degrado. La sala a pilastri si presenta allo stato di rudere, essendo crollati in più punti il muro nord in comune con il chiostro, ed il muro sud con le aperture settecentesche.


3- CANTIERE DI RESTAURO nell’Abbazia di S. Maria di Realvalle
Dopo aver ricevuto incarico di redigere un progetto di restauro architettonico sull’intero complesso nel gennaio 2004, ed aver pubblicato un saggio dal titolo “L’abbazia di S. Maria di Realvalle: lettura storico-critica delle fonti per un’ipotesi di configurazione dell’impianto angioina” per Apollo, la rivista della Soprintendenza e dei Musei Provinciali di Salerno, è stata effettuata una ricerca di bandi ai quali partecipare, per ottenere fondi necessari alla realizzazione dei primi interventi, ed è stato eseguita nel 2005 una parte del I Lotto di Opere di Restauro Architettonico, recuperando l’ala nord dell’abbazia, in cui è ubicato il Centro S. Francesco. Il I Lotto di Opere di Restauro Architettonico prevede il recupero di tutti gli ambienti del Centro S. Francesco, ed il restauro del tetto e della facciata dell’ala conversi. Nel 2005 é stata realizzata parte degli interventi previsti, che qui di seguito si descrive:
3.1 Restauro conservativo dei solai lignei ed altri interventi nel Centro S. Francesco.
L’intervento è consistito nel restauro dei solai lignei di calpestio e di copertura del Centro S. Francesco, ed è stato completato dall’esecuzione di nuova pavimentazione in cotto artigianale, consolidamento statico di piattabande lignee e tinteggiatura a calce delle pareti.
I solai, realizzati dalla Soprintendenza negli anni ’90, in sostituzione dei solai di castagno originari, sono composti da una struttura portante in travi di pino a sezione rettangolare (16 cm x 23 cm) e tavolato di pino (spessore 3 cm larghezza 20 cm) con incastro di tipo maschiato, per una lunghezza variabile da 90 a 110 cm, a seconda degli interassi tra le travi. Si presentavano fortemente degradati per cause endogene, dipendenti dalla loro stessa natura, ma anche per cause esogene, dovute al forte tasso di umidità di risalita, per il piano terra, alla notevole escursione termica, per il primo piano, tra gli ambienti in uso e quelli in disuso, e all’umidità provocata dall’acqua battente, per gli ambienti privi di infissi. Da un accurato esame visivo s’evinceva che, nella campagna di lavori degli anni Novanta della Soprintendenza, travi e tavolato non erano stati protetti con una barriera vapore, al momento del getto di cls. del massetto, per cui avevano subito forti infiltrazioni d’acqua, e non erano stati trattati con prodotti preservanti da agenti del degrado. Le travi erano caratterizzate da presenza cospicua di nodi di tipo aderente, notevoli lesioni da ritiro (di ampiezza variabile da 3 a 20 mm), alcune disposte lungo le fibre, altre deviate, e gravi inflessioni fino a 4 cm in mezzeria. Il tavolato era degradato e mostrava macchie, indicanti un principio di carie da fungo, molto vistose negli ambienti al piano terra. Al calpestio i solai si presentavano molto elastici, anche se soggetti a normali sollecitazioni di sovraccarico accidentale. I massetti erano stati realizzati soltanto con sabbia e cemento, senza aggiunta di ghiaia pietrisco o lapillo, ed appesantivano inutilmente i sottostanti impalcati, per cui sono stati sostituiti con solette composte da sabbia e cemento, alleggerite con lapillo ed armate con rete a maglia 10x10 cm di tondini ad aderenza migliorata φ 0,8 cm, dotata di collegamenti alla muratura, inclinati a 45° e posti ad intervalli di 50 cm. Le travi con lesioni di 1-2 cm sono state consolidate con barre di vetroresina e poi listellate, mentre le lesioni minori sono state risolte con listellature di legno stagionato incassate con resina epossidica. Alcune travi che presentavano lesioni rilevanti sui tre lati a vista, sono state restaurate con nastri di fibra di carbonio, in letto di resina epossidica. Infine travi e tavolato sono stati sottoposti a trattamento fungicida e antitarlo, e finitura di mordente, diluito in olio di lino.
Avendo realizzato nuove solette armate e dovendo predisporre i massetti di posa per i nuovi pavimenti in cotto, è stato ritenuto opportuno verificare gli impianti elettrici esistenti, e dovendo adeguarli alle normative vigenti ( Legge n. 46 del 1990), le nuove tubazioni sono state preventivamente predisposte nello strato di massetto interposto tra le piastrelle di cotto e le solette in c.a. Quindi sono stati eseguiti l’impianto antintrusione e rivelazione incendi, sulle pareti uno strato finale d’intonaco, composto da malta di calce e sabbia, rifinito alla spugna, stuccatura, rasatura e tinteggiatura a calce, applicata in due passate. Il nuovo pavimento posto sui solai di calpestio del Centro S. Francesco è stato realizzato con piastrelle di cotto artigianale, di varie dimensioni a seconda del progetto esecutivo, sottoposte a trattamento impermeabilizzante e finitura a cera. Infine avendo riscontrato lesioni ampie in alcune piattabande lignee, sono stati realizzati interventi mirati di consolidamento: in un caso, in cui la piattabanda era lesionata nel verso opposto alle fibre, è stata necessaria la sostituzione, in altri due casi soltanto l’apposizione di una nuova piattabanda di legno di castagno ben stagionato, al disotto di quella esistente.
3.2 Sostituzione del manto d’impermeabilizzazione delle coperture.
Per quanto concerne la sostituzione dei manti impermeabili, presenti sugli estradossi delle volte di copertura del Centro S. Francesco, s’è verificata la necessità di realizzare un massetto sottile di sottofondo come preparazione del piano di posa dell’impermeabilizzazione, composta da malte bicomponenti elastiche, previa esecuzione del restauro di un antico comignolo, situato su una delle volte di copertura.
3.3 Rimozione del solaio pericolante.
Il solaio pericolante era situato nella parte meridionale del complesso abbaziale ed era composto da travetti in cls. armato e tavelloni, con sovrapposta soletta. Posto a copertura d’ambienti adibiti negli anni '30 a lavanderia, si presentava, come una superfetazione, che interrompeva la continuità della suggestiva sala a pilastri, inglobandone due pilastri. Inoltre si presentava in stato avanzato di degrado, con erbe infestanti, che avevano attecchito nelle fessure, e che avevano velocizzato il processo di degrado del solaio; in molti punti il sovrastante manto impermeabile era lesionato e consentiva l’infiltrazione d’acque meteoriche negli ambienti sottostanti. La caduta dell'intonaco posto all'intradosso aveva messo in luce la struttura del solaio, ed in particolare le armature dei travetti, gravemente compromesse da ossidazione. L'intervento è consistito nella rimozione del solaio, che non aveva alcun valore né storico né estetico, tale da doverne prevedere il risanamento
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    Project details
    • Year 2005
    • Work started in 2005
    • Work finished in 2005
    • Client Ente ecclesiastico
    • Status Completed works
    • Type Churches
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