Cervo: il vento, gli Spectabiles, il San Nicola | Gaetano Taramazzo

inutili narrazioni - agosto 2016 Cervo / Italy

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Cervo:  il vento, gli Spectabiles, il San Nicola 


 ore 21,15 - venerdì  3 ottobre.


Dopo un lungo travaglio, il bambino riuscì a venire alla luce in quella che poi sarebbe diventata la camera numero 2 del San Nicola, nome scelto per la Pensione,   in omaggio alla chiesa pievana extra muros, posta poco sopra guardando dalla marina l'antico abitato di Cervo.


Il luogo, nel ponente ligure sul finire degli anni '50, era ancora pressoché incontaminato ed intriso della sua storia, legata  sin dall'alto medioevo all'egemonia di Genova e poi alla sua Serenissima Repubblica.


Frequentato da pochi villeggianti,  era fatto, un po' come il suo dialetto, di pause, di intensi odori di muffa, di tortuosi sentieri frapposti a modesti orti ed esigue campagne di ulivi, di ruvide scogliere, di brevi veleggiamenti e di frugali spiagge di sassi.


 In questo contesto, Maria aveva aggiunto alla sua casa ai piedi del paese parecchie stanze, ricavando a mezzogiorno anche una veranda nel giardino:    "… per vedere Cervo da fuori” diceva e per offrire agli ospiti i suoi piatti fatti di ingredienti genuini, tratti dagli orti, dagli ulivi e dal mare ... là davanti .


Con semplicità ed immediatezza, la Pensione ospitava le famiglie - che tutte intere - non solo da Milano, da Torino, da Roma e poi dal nord Europa e da oltre oceano, dopo lunghissimi viaggi arrivavano per trascorrere i caldi, interminabili ed irripetibili mesi estivi di quegli anni ...


La bella stagione apportava variazioni al silenzio armonico che invece regnava nelle altre: il vento, intrufolandosi nella macchia di uliveti, di pini marittimi e palmeti dell'ampia insenatura, tra Capo Berta e la Torre del Capo, ne interpretava molteplici improvvisazioni, prima di disperdersi in profondità nelle viscere dell'abitato … fin dentro i carruggi.


Enigmatica la co-esistenza di inconciliabili ambiti di tempo e di spazio:                                          da un lato, la secolare euritmia ispirava la sensibilità del violinista Sandor Vegh, originando la rassegna concertistica sul sagrato della chiesa  dei Corallini;                                                        dall'altro, la provvisorietà di una modernità neofita si espandeva nell'illusione di poter convivere con l'autoctona varietà di forme, colori e suoni, inconsapevole di usurpare, non solo fisicamente, una lingua di terra proibita da sempre, tra l'antico agglomerato ed il mare, da cui a Cervo tutto e'  arrivato, attraverso una sorta di tromba marina poi pietrificata,  come ha immaginato l'architetto Paolo Portoghesi.


Maria e le sue tre figlie, Evelina, Caterina e Maria Grazia, erano intimamente consapevoli di questa appartenenza:           la Pensione era condotta nella convinzione che molta umanità vi potesse trovare un punto di ascolto privilegiato, affinché la differente bellezza potesse divenire palpabile anche al più algido degli ospiti, a cui sovente capitava di scoprirsi un po' figlio di questa terra, alla quale dopo molto tempo faceva ritorno.


Nella grande cucina, a pochi intimi veniva concesso di alzare uno ad uno i coperchi delle pentole poco prima di mezzogiorno, rinnovando ogni volta una liturgia di profumi ed aromi .                                                                                                                                                             Nella piccola veranda, le due chiese intra muros incombevano sulla cascata di tetti e di terrazze del Castrum Servi, sopraffacendo gli avventori seduti ai tavoli.


Allora, la nitidezza della veduta,  seppur apparentemente monolitica, ad uno  sguardo accorto restituiva il respiro e l'evoluzione di ogni membratura oltre la stratificazione  materica del promontorio.


^U l'e' pruntu".  Rigorosamente in cervese, Maria intorno all'una, annunciava in mezzo alla sala l'inizio del pranzo ed in quel momento Evelina, "… dal pallido volto incorniciato dai mossi capelli raccolti sulla nuca e dal portamento superbo", entrava in scena. (Casorati)


Dopo Felice Casorati, che dipinse Cervo dalla grande terrazza della Pensione,  sedettero nella veranda molti pittori, intellettuali ed artisti.                                                                                               Il pittore Francesco Menzio spesso soggiornava con il nipotino.                                                        Lo scrittore Pietro Citati arrivava immancabilmente col suo baule di libri al seguito.                       Il regista Sergio Liberovic con Margot (Margherita Galante Garrone) ed il figlio Andrea, vi trascorsero parecchi soggiorni.                                                                                                                    E poi ancora dall'Accademia Albertina,  Martina e Sironi.                                                                     La pittrice Maria Teresa Carpanetto Audoli, il pittore Lino Aimone, l'editore Marotta, il jazzista Romano Mussolini, lo storico  Edoardo Grendi, la Signora Baglietto, la Famiglia del Professor Vallora e la Famiglia Visconti, i Maestri Barzizza e Angelini.


 Il violinista Sandor Vegh aveva un fisico imponente e un incedere libero e leggero. Equilibrando la sua camminata col movimento continuo del braccio destro, quando entrava il suo fascino accompagnato da sonorità fantastiche invadeva l'intera  Pensione.                                                   La frittura di pesce attendeva sempre il puntuale ritardo della fumante Balilla di Francesco Casorati e del pittore Campagnoli dalla scogliera del Porteghetto.                                                    Ne  scendevano un carico esondante di bambini che saltellanti sì spargevano per il giardino.


 "u menestrun freidu", dopo il bagno allo scoglio della Ciappa che in mezzo al mare sfiorava il pelo dell'acqua, era il piatto preferito dalla Signora Croveri Ghiron: a Scia' Anna.                         Abitava a Genova, ma apparteneva ad una importante famiglia di spectabiles di Cervo, che nel XVII e XVIII secolo aveva contribuito a plasmare l'attuale configurazione insediativa. Il suo passato non l'abbandonava mai e lo si avvertiva dal portamento e dal suo sguardo acuto e disincantato.                                                                                                                                                    A quell'epoca la Pensione era una sorta di Communitas, dove in modo del tutto naturale si esplicava un'osmosi tra varietà umane, che per anni ne caratterizzarono la frequentazione.


Un punto di incontro ideale, uno spazio aperto, forse le propaggini semantiche di un collaudato sistema dello stare insieme,  che per secoli ha presidiato la vita di donne e uomini, in terra e in mare, trasformando l'energia delle generazioni che si susseguirono, nella fisicità e nella fascinazione del suo intessuto abitativo, quale ulteriore metafora e sintesi di tradizioni e peculiarità.


Poi, quasi improvvisamente, tutto è scemato.                                                                                         Il lungo soggiorno dei villeggianti è mutato nel "mordifuggi" di stereotipati turisti, i semplici piatti hanno assunto nomi pomposi che non saprei neppure pronunciare, quasi sempre avulsi dai profumi e dal carattere schietto di quella terra.


Tutto è stato spazzato via, compresa quella umanità dell'essere, sostituita da quella dell'ostentare e dell'emulare, con la conseguente dotazione di volgarità e paludamenti.


Oggi della vecchia Pensione, sopravvive soltanto lo scheletro e qualche brandello murario.   L'auspicio che una nuova vita possa ancora rigenerarsi ė pari all'illusione che le attuali  coibentazioni che l'avvolgono, riescano a non dissipare l'autenticità di quell'eredita o a proteggerne  strenuamente i segreti più inconfessabili.


Quando, sempre più di rado capita di passare là davanti, dalla polvere del cantiere in una visione sembrano riaffiorare uno ad uno tutti quei personaggi.                                                                            Nel scorgere quel poco o nulla che è rimasto del bambino della camera numero 2, stretti mano nella mano lo invitano ancora  nella lingua di terra proibita per  brindare  alla maniera degli spectabiles, ... per ascoltare  il vento,  ...  per guardare   il mare ... e, ancora una volta insieme,  per vedere Cervo,    da fuori


 


07  agosto 2016     inutili narrazioni


 

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