Museo Archeologico dei Fori Imperiali | Alex Bernardelli

Rome / Italy / 2016

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Non esiste al mondo città che trasmetta ed imprigioni storia come Roma. Roma, culla della civiltà latina, che insegnò ed insegna tutt’ora agli uomini a costruire imperi ed insieme ad essi le più grandi architetture del mondo. I primi sovrani a stabilirsi in questo luogo intorno al IX sec. a.C. sono di origine latina e sabina e successivamente etrusca. In questa epoca l’organizzazione statale si basava su città stato collocate su alture ed è proprio per questo motivo che Roma, con i suoi sette colli fu scelta come fulcro di quell’epoca e delle successive.


La leggenda vuole che Roma venne fondata sul palatino e gli altri sei colli compresi nella prima stratificazione, Germalo, Velia, Fagutale, Oppio, Caspio e Suburra.


Una delle zone cruciali dello sviluppo e della concezione identitaria di Roma come capitale fu sicuramente il colle della Velia, punto di divisione della città antica e motivo di scontro della politica della città moderna, dopo lo sterro degli anni ‘30.


Sella che univa oppio e palatino separando la valle dei fori dall’anfiteatro Flavio. Su quello che rimane della Velia sorge tutt’ora la Basilica di Massenzio, inoltre sembra esistesse in epoca antica una domus, distrutta poi dallo stesso proprietario.


Nel 1931 Antonio Muñoz sotto indicazione di Benito Mussolini reinventò l’assetto di Roma, dandole identità di capitale che da sempre cercava.


Muñoz legittimò il suo operato come epurazione per motivi politici. Mussolini stesso, per l’approvazione del piano in senato, dimostrò l’intenzione di conservare ed enfatizzare tutto ciò che di bello e di venerabile era rimasto, risolvendo inoltre il problema di ripristino dell’antichità e della viabilità, ridando il sole e luce ad una città ormai troppo fitta e caotica per poter essere definita capitale.


Questo problema di viabilità e comunicazione era già presente agli antichi, i quali tentarono di risolverlo con una stradetta di appena sei metri, tra l’abside della basilica e la contro abside di contenimento della Velia.


Tuttavia il sistema geomorfologico determinato dalla collina della Velia e il fittissimo quartiere dei pantani, insediatosi sull’area dei fori imperiali, ne era un evidente impedimento. Il progetto della liberazione dei fori imperiali con la strada di piazza Venezia era già stata pensata fin dal 1811 dalla commissione napoleonica per l’abbellimento di Roma.


Successivamente anche la Roma post unitaria affrontò la questione sotto Cadorna, ma solo all’inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele, il programma si impose come obiettivo non più differibile. Nel 1911 Corrado Ricci elaborò il celebre progetto per la liberazione dei fori, riconoscendo però lui stesso le difficoltà economiche.


Altri progetti si susseguirono fino a Muñoz, che nel 1931 fece entrare in azione il piccone demolitore.


Un’intera collina fu demolita con la stessa struttura geomorfologica della valle. Il Colosseo si ritrovò in un continuum spaziale cambiando la sua definizione monumentale. D’ora in poi come scrisse Ugo Ojetti si poteva vedere tutta Roma da un solo punto. La riparazione della Basilica di Massenzio fu fondamentale per creare l’asse prospettico che doveva essere completato dal progetto del palazzo Littorio, sull’altro lato della strada, per cui era stato bandito un concorso.


Il retro della Basilica, dopo l’opera di eliminazione delle superfetazioni, verrà percepito come fronte monumentale. Questa importanza viene denotata anche dagli architetti che parteciparono al bando per il palazzo del Littorio, replicando alzati 


e forme astratte di absidi e archi, studiando un architettura che prendesse come asse di simmetria via dei fori imperiali e come fulcro il Colosseo.


Il progetto del museo archeologico di via dei fori imperiali, è stato concepito partendo da questa prospettiva, sostenendo la ricerca, fin dall’antichità, di creare una strada di monumentalità indiscussa, con un cono prospettico indirizzato da Piazza Venezia all’anfiteatro Flavio. La prima dimensione con cui il progetto si è rapportato è quella dell’alzato dell’abside della Basilica di Massenzio, di 18 metri sopra il muro di contenimento, per incanalare la visuale.


Dall’analisi della basilica si ha riscontrato un perfetto utilizzo delle dimensioni armoniche degli archi da cui si definiscono le finestre. Il progetto riconosce l’importanza dell’arco, che una volta studiato e ridefinito genera il sistema architettonico della galleria, con la scansione di archi ripresi dal ritmo del sottostante muro di Muñoz, che riprende direttamente la scansione di absidi e archi della Basilica.


Il cerchio inscritto nell’arco viene poi utilizzato in pianta per definire le dimensioni del modulo aureo che è matrice generativa delle dimensioni di ogni lunghezza, prospetto ed alzato, fino ad essere leggibile nei dettagli quale la posa della pavimentazione e definizione della vasche d’acqua dei cortili interni.


Il progetto, definito dall’accostamento del museo alla galleria, si sviluppa fino ad entrare in sintonia con Villa Rivaldi, con cui si accosta mantenendo una fascia di rispetto, ridefinendo i cortili interni,i quali nello stato attuale appaiono deteriorati dalla loro originale funzione. Il museo inoltre studia una doppia altezza, in modo da consentire la piena visione della Forma Urbis posta nel piano interrato e visibile da entrambi i piani con prospettive diverse.


Il piano maggiormente dedicato all’allestimento del museo è quello interrato, che va a svilupparsi fino sotto alla galleria, ricreando un ambiente illuminato artificialmente per la perfetta visione dei reperti archeologici.


Sopra alla galleria è stato ricavato un belvedere che permette una visione unica dell’area archeologica dei fori imperiali. I prospetti del piano del terreno sono caratterizzati da un sistema di pilastri che riprende la scansione degli archi della galleria. I materiali utilizzati seguono la tradizione romana di impiego di travertino per ricoprire le pareti e del basalto per le pavimentazioni.


Infine l’allestimento è stato studiato in modo da essere essenziale e puro permettendo ai reperti di esprimere la loro autenticità.


Per questa idea di architettura il processo di edificazione è lungo, e risiede nell’architettura antica.


La ricerca identitaria di Roma trova nel progetto, recupero del passato e ambizione di modernità,


tra suggestione della storia e necessità di trasformazione; perché in questo tessuto storico e urbano ciò che esiste già è importante, e il nostro compito è stato solo renderlo visibile.


 

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    Project details
    • Year 2016
    • Status Research/Thesis
    • Type Museums
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