Restauro e consolidamento statico Chiesa di San Felice da Cantalice | Luca Battista

Una piccola striscia di terra dipinta Campania / Italy / 2009

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La chiesa di San Felice da Cantalice, a Capriglia Irpina in provincia di Avellino, appartiene al luogo, lo identifica, ma allo stesso tempo lo trascende raccontando, oltre che il sentimento dell'appartenenza, quello dell'universalità. In questa tensione si esprime il suo essere "monumento".


Del resto la Chiesa di San Felice, pur non presentando valori architettonici e culturali assoluti, o per meglio dire unici, è certamente tassello importante del Patrimonio della Comunità caprigliese ma non solo; appartiene dunque, a “quel patrimonio culturale che è quel complesso di opere dell’uomo nelle quali una comunità riconosce i suoi particolari e specifici valori e nei quali si identifica. L’identificazione e la definizione delle opere come patrimonio è quindi un processo di scelta di valori.”-(Carta di Cracovia ,2000).
Nell'edificio chiesa da sempre si condensa la memoria collettiva; esso é dunque preciso manifestarsi dell'identità di un luogo e di una comunità; ma, nello stesso tempo, le sue forme, la sua architettura rappresentano valori universali e si collocano in rapporto con una possente tradizione che non ha limiti di tempo e di spazio.
Così i valori di comune riferimento connessi con il senso della identità e generati nel contesto di una comunità sono quelli che soddisfano alcuni bisogni essenziali dell’uomo; quelli che Alois Riegl individuava nei meccanismi psicologici della memoria, del ricordo ed in quella “volontà d’arte” – bisogno spirituale di ogni uomo – che definisce per ognuno un ideale di bellezza.


Il progetto di restauro prima e il processo esecutivo dopo restituiscono un approccio metodologico caratterizzato da una forte integrazione tra i seguenti temi guida:
La conoscenza critica: storia / rilievo / degrado
La fase progettuale : confronto tra alternative
Il rapporto con la comunità : informazione e partecipazione
La valorizzazione delle risorse locali: la reinterpretazione dell’artigianato
Una proposta di ridefinizione dell’apparato iconografico: arte e religiosità


Descrizione dell’edificio
La chiesa di San Felice è una tipica chiesa rurale, pur nella sua semplicità rappresenta il fulcro della comunità ed è motivo di aggregazione parrocchiale per le campagne sparse e anche per le frazioni vicine.
La pianta presenta una tipologia rettangolare ad unica navata che termina con abside circolare, il transetto dal quale si accede alla sagrestia ospita la fonte battesimale datata 1958 (dono di Guerriero Gerolamo), nell’abside, che prima del restauro era coperto con un solaio piano in acciaio e laterizio, è posto l’altare realizzato in marmi policromi (l’altare ha la scritta.: “dagli emigrati a Beverly e Boston Mass dedicarono nel 1905”); dietro l’altare, in alto, vi è collocata su un altarino in marmo tra due colonne la statua lignea di San Felice con molta probabilità risalente all’epoca di fondazione della cappella.
Nel XVIII sec. i frati cappuccini del convento di Avellino, portarono, molto probabilmente, il culto di San Felice da Cantalice nel vicino paese di Capriglia (erano gli anni della canonizzazione del santo da Cantalice, avvenuta nel 1712).
La data incisa sul portale della chiesa potrebbe indicare l’anno in cui fu costruita; del resto dalla ricerca bibliografica effettuata in una nota storica si legge: ”Di una parrocchia nella frazione di San Felice non si ha menzione neppure in un lungo inventario ufficiale del vescovo nel 1654”.
La facciata a capanna si sviluppa su due ordini, in quello inferiore al centro vi è l’ingresso il cui portale in pietra ha incisa la scritta: “A.P. 1773”. Il campanile è affiancato alla facciata principale, si sviluppa in tre ordini, il terzo ordine è stato innalzato nel 1928 come dimostra la data ivi riportata.


La stratificazione storico edilizia
Durante i lavori di restauro, è stato possibile approfondire le ipotesi circa l’andamento temporale delle stratificazioni e degli ampliamenti edilizi dei corpi di fabbrica della Chiesa, anche incrociando la osservazione diretta con indicazioni di fonti bibliografiche e documentali.
La Cappella di San Felice, poi assurta a dignità di Chiesa era costituita da una semplice struttura a pianta rettangolare ed a navata unica, con la probabile presenza di un corpo aggiunto che fungeva da base su cui erano collocate eventuali campane.-
La lettura delle tessiture murarie durante i lavori di scavo per la realizzazione del vespaio areato, avvalorano la tesi secondo la quale il primitivo edificio della Chiesa di San Felice, costruito probabilmente nel 1773 (data incisa sul portale in pietra) era di pianta rettangolare, dimensionalmente limitato all’attuale primo arco di definizione del transetto e dal confine interno della struttura di sostegno della cantoria. Quindi la Chiesa era molto più piccola e presentava un sagrato o uno slargo davanti all’ingresso decisamente più ampio, come poteva essere lecito attendersi, rispetto all’attuale.
Successivamente, durante il periodo del ventennio fascista del ventesimo secolo, furono realizzati importanti lavori di ampliamento, sia della Chiesa che del Campanile, che hanno portato all’attuale conformazione planimetrica e volumetrica della Chiesa.
Negli anni che seguirono la prima guerra mondiale si rese , quindi, necessario ampliare la chiesa, fu allora che si fecero l’abside semicircolare e si allungò la sagrestia fino alla facciata principale, come si evince anche dalla planimetria catastale storica presumibilmente risalente al primo decennio del secolo scorso.
La scritta sul timpano in facciata riporta la data di conclusione di questi importanti lavori “S.F.1924”. Nel 1928 fu completato il terzo ordine del campanile.


Identità e riconoscibilità
L’analisi storico-iconografica ha evidenziato il forte rapporto con il territorio e le comunità rurali, evidenziando come la chiesa con il suo campanile sia anche segno identitario e di orientamento nel contesto.


Il rilievo del degrado e dei dissesti statici
L'analisi è stata impostata seguendo uno schema logico-lineare che è poi stato sintetizzato in delle schede dove da una parte viene puntualizzata l'analisi delle patologie di degrado e dei dissesti strutturali, elencando guasti, difetti e condizioni esterne agenti sulle patologie; dall'altra invece vengono elencati gli interventi di ripristino tecnologico e di consolidamento strutturale possibili e quindi sviluppati e scelti nella fase esecutiva della progettazione.


Gli obiettivi della progettazione
A) la necessità di garantire una maggiore sicurezza alla struttura procedendo ad interventi di miglioramento sismico con sostituzione delle parti dissestate e consolidamento degli elementi strutturali;


B) la necessità di migliorare le condizioni di benessere ambientale ed igrotermiche nell'uso della chiesa con la rilettura delle tecniche costruttive tradizionali, interventi reversibili , uso di materiali e tecnologie rispettose dell’immagine storica della chiesa ;


C) la esigenza di eliminare il notevole degrado edilizio che caratterizzava l'edificio, sminuendone il valore e l'importanza, constatando del resto che lo stato di degrado dei materiali di rifinitura della facciata principale favoriva l'insorgere di pericoli anche per la privata e pubblica incolumità, anche provvedendo all’eliminazione delle barriere architettoniche;


D) la esigenza di contribuire ad un recupero urbanistico dell'invaso spaziale prospiciente la Chiesa, realizzando un intervento sulle fronti esterne tale da ripristinare nella conformazione e nella percezione, uno stato dei luoghi coerente con la presenza di un borgo rurale di matrice medievale, che è ancora intatto nella sua struttura urbanistica ed in buona parte edilizia.


Tra gli elementi “principali” della esecuzione dei lavori di restauro si segnalano :
- il rifacimento della struttura della copertura con capriate in legno massello e conseguente stratificazione tecnologica per isolamento termico con fibre di legno mineralizzate e recupero dei coppi in laterizio;
- la demolizione di solai piani in acciaio e cemento nella zona del transetto e dell’abside con messa in evidenza della nuova copertura lignea;
- il rifacimento del sistema di smaltimento acque meteoriche con la realizzazione dello sporto di gronda, alla “romanella”.
- la messa a nudo sui lati non decorati del campanile della struttura in pietrame calcareo. ;
- le prove sulla stratificazione dell’intonaco pre-esistente e la nuova tinteggiatura con pitture ai silicati sulle tonalità più antiche riscontrate in facciata, su intonaco tradizionale a base calce;
- il ripristino filologico di tutto l’apparato decorativo di facciata;
- il rifacimento del piano di calpestio con vespaio areato e ripristino zoccolatura interna con intonaco deumidificante.
- opere di consolidamento con iniezioni pozzolaniche per ripristino coesione murature portanti;
- il rifacimento degli impianti;
- la realizzazione di una rampa per la eliminazione delle barriere architettoniche, integrata nelle scale di accesso del sagrato;
- la nuova pavimentazione interna e le scale di accesso esterne con breccia irpina;
- nella sagrestia è stato riportato alla luce l’originario pavimento in mattonaccio;
- durante gli scavi per la realizzazione del vespaio areato sono stati recuperati e quindi ricomposti, frammenti di acquasantiere, databili all’epoca di fondazione della chiesa.


Il coinvolgimento della comunità e dei cittadini.
Il restauro racconta di una storia di coinvolgimento della comunità, per certi versi tipica di quando si interviene su una chiesa, ma in questo caso peculiare e speciale per l’oggetto e la modalità per cui è stata perseguita. La comunità parrocchiale , coinvolta fin dalle fasi di ideazione in percorsi di coinvolgimento e partecipazione, ha voluto fortemente il completamento della parte più sostanziale di quanto era stato progettato e non realizzabile per mancanza di fondi, con coperti dal finanziamento della CEI. Una significativa “questua”, ha consentito di realizzare l’impianto fonico, gli apparecchi illuminotecnici, il restauro della cantoria, i dissuasori di animali molesti a protezione delle cornici e delle decorazioni, la rampa per la eliminazione delle barriere architettoniche e soprattutto il nuovo pavimento in maiolicato fatto mano, vero gioiello di questo restauro .


Il pavimento maiolicato.
La reinterpretazione del FARE per ideare e realizzare il mosaico maiolicato, ha innescato un processo di fattiva collaborazione innanzitutto con gli artigiani della Bottega BHUMI di Forino che hanno realizzato il tutto. I pavimenti maiolicati delle chiese settecentesche, con le decorazioni tipiche come riscontrabili ad esempio a Cassano Irpino e a Montella, hanno ispirato la striscia centrale della nuova pavimentazione: il percorso verso l’altare.-
Il risultato del maiolicato di San Felice, non è la riproduzione inutilmente romantica di una mattonella decorata e posta al fianco di altre, ma una operazione artigiana molto più elaborata, di “pezzatura” e decorazione finalizzata alla costruzione di dettagli che raccontino la tradizione rappresentando un'alta capacità contemporanea di “fare artigianato”.
Ogni singolo modulo del maiolicato di San Felice si compone di 13 distinti pezzi, prodotti con la tecnica della lastratura e successivo intaglio, di argille rosse provenienti da cave fiorentine. La tecnica usata comporta una considerazione “scientifica” del fenomeno del ritiro dovuto alla perdita progressiva di umidità d'impasto, la differenza tra fresco e asciutto può arrivare al 10% del volume originario. Una variazione notevole che necessita essere dosata specie quando, come a San Felice, si vuole produrre pezzi separati da unire in schemi a mosaico.
I colori sono quelli di sempre, non della Tradizione, ma della “ragione”. Sono gli stessi importati dagli arabi e che ancora caratterizzano la ceramica moderna in tante sue declinazioni meridionali, semplicemente perché ricavati da ossidi e minerali più facilmente ritrovabili in natura. Ad una base di bianco prodotta con caolino aggiunto a “fritte”, si è unito il verde ramina dell'ossido di rame, gli arancioni dell'ossido di ferro, il blu dell'ossido di cobalto e per il contorno, il classico nero brunito dell'ossido di manganese.



La ridefinizione dell’apparato iconografico: arte e religiosità
Dopo i lavori di restauro, le finestre sono state arricchite da vetrate che portano serigrafate scene e richiami alla vita di San Felice da Cantalice, frate cappuccino , questuante, attivo a Roma nella seconda metà del 150. Sulla facciata principale le immagini che evocano il grano e la locuzione DeoGratias. Sui vetri delle finestre della navata, la facciata della Chiesa dell’Immacolata a Roma dove sono conservate le spoglie del santo, e la evocazione della apparizione della madonna al santo.


Felice Nittolo, artista di fama internazionale, che ha innovato l’arte musiva, originario di Capriglia Irpina, già in epoca giovanile aveva donato alla Parrocchia un mosaico rappresentante il Santo. Tale mosaico ha assunto una diversa e migliore collocazione, che ne esalta tutta la sua carica figurativa, essendo stato localizzato in una nicchia al secondo ordine della facciata principale in asse con il portale in pietra tenera calcarea. Durante i, corso del restauro, lo stesso artista ha donato un’altra opera musiva, con tratti meno figurativi, rappresentante il Nodo di Salomone: simbolo molto antico di forte valenza spirituale, potendosi considerare il paradigma grafico dell’intreccio tra il mondo trascendente e quello immanente o dell’ardua ricerca della salvezza e dell’assoluto.L'opera è stata collocata di fronte all'altare sulla balaustra della cantoria.


Durante i lavori di restauro della Chiesa di San Felice, in più di un occasione si è tentato di capire ed ascoltare anche le istanze di rinnovamento e di adeguamento ai canoni ormai consolidati e codificati in numerosissimi documenti ufficiali vaticani della sistemazione dei simboli religiosi e delle icone, all’interno della chiesa rinnovata. La considerazione si è tutta focalizzata sull’altare e rileggendo con molta attenzione quelli che sono i documenti ufficiali della CEI si è capito che nella Chiesa di San Felice da Cantalice mancava e manca ancora probabilmente la presenza della icona per eccellenza. Ecco quindi, la necessità di immaginare la presenza del “Corpo di Cristo” o del “Cristo in croce” a dominare l’aula ecclesiastica, dal posto deputato che è sopra l’altare. L’artista Giovanni Spiniello, si è prestato alla elaborazione di due opere alternative, che certamente potevano ridefinire l’apparato iconografica della chiesa. “ Gesù è amore senza misura “ , così si intitola l’opera che vuole essere un tentativo sincero di rendere il “non visibile” visibile agli occhi del cuore, allo sguardo di una mente pura che osserva con amore, semplicità e innocenza. Il volto è raffigurato un momento dopo, quando Gesù è ormai lontano dal dolore terreno, nell’incontro felice con il Padre che rappacifica, unisce, perdona e dona la calma all’uomo che ritorna da un lungo viaggio.

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    Project details
    • Year 2009
    • Work started in 2005
    • Work finished in 2009
    • Main structure Masonry
    • Client Diocesi di Avellino nella persona di S.E. Mons. Francesco Marino
    • Contractor Impresa Edile Picariello Giuseppe, Capriglia Irpina
    • Cost 155.000
    • Status Completed works
    • Type Churches / Interior Design / Recovery/Restoration of Historic Buildings / Restoration of façades / Structural Consolidation
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