Piazza Imperatore Augusto

Rome / Italy / 2006

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AUGUSTEO. APPROCCIO CULTURALE AL PROGETTO. FILOSOFIA E OBIETTIVI PERSEGUITI.
Il Mausoleo d’Augusto sta in una situazione topografica e idrogeologica straordinaria: dista una cinquantina di metri dalla sponda sinistra del Tevere ed è impostato a circa undici metri sul livello del mare, mentre il livello di magra del fiume si aggira sui cinque-sei metri. Dunque il Mausoleo di Augusto, come il Mausoleo di Adriano - anch’esso collocato presso il fiume - era destinato ad essere circondato dalle acque in caso di alluvione, cosa che avveniva due/tre volte ogni cento anni e poteva raggiungere 17/19 metri di livello s.l.m. La prossimità del fiume era un indiscutibile vantaggio per il trasporto dei materiali da costruzione (compresi gli obelischi), tuttavia il suo abbraccio doveva essere accolto come una lustratio, un bagno purificatore, piuttosto che come una sciagura.
Come risulta dagli studi di Filippo Coarelli, il Campo Marzio settentrionale in età augustea era una pianura verdeggiante costeggiata dalla grande ansa del Tevere a Ovest e dai Colli ad Est. Strabone dà una descrizione ammirata della zona: “…La straordinaria grandezza della pianura permette senza impaccio le corse dei carri e ogni altro esercizio ippico, e insieme gli esercizi con la palla ed il cerchio, e la lotta. Le opere d’arte disposte intorno, il suolo erboso per tutto l’anno e la corona di colli che si avanzano fino alla riva del fiume - e offrono un colpo d’occhio scenografico - fanno sì che a malincuore se ne distolga lo sguardo…... Così, ritenendo questo luogo il più sacro di tutti, costruirono qui i monumenti funerari degli uomini e delle donne più illustri. Il più notevole è chiamato Mausoleo, un grande tumulo su un basamento di marmo bianco, situato accanto al fiume, coperto fino alla sommità di alberi sempreverdi: in cima è l’immagine di bronzo dell’Imperatore Augusto… mentre dietro è un grande recinto alberato con splendidi porticati”.
Aureliano, nel III secolo, arginò il Campo Marzio con circa un quinto della lunghezza del suo Muro, collocandolo
lungo il bordo dell’acqua, dall’attuale Porta del Popolo fino all’attuale Ponte Sisto. Le inondazioni avevano cominciato infatti a nuocere alla zona abitata che stava crescendo sulle direttrici della Via Lata e della Via Recta, e il Muro divenne presto, oltre che un argine contro il Fiume, un bastione contro il quale ammassare progressivamente sei/sette metri di rinterri (si veda il basamento della Colonna Antonina, decurtato dai rinterri di m. 6,38). La configurazione in declivio delle Ripe e del reticolo stradale rendevano le “visite” del fiume veloci e passeggere anche nella zona pianeggiante del Campo Marzio, sulla quale la Via Lata e la Via Flaminia si susseguivano verso il Ponte Milvio ad una quota di circa undici metri, munite di cloache imponenti.
Anche nella città papale, quando il Campo Marzio era diventato una zona urbana fittamente costruita, il particolare rapporto fra la città e il fiume meritò di esser celebrato da eventi architettonici straordinari: non potremmo altrimenti denominare la costruzione del Porto di Ripetta di Alessandro Specchi (in asse con la Chiesa degli Schiavoni), per concludere una via che discendeva dalla piazza di Spagna, celebrata anch’essa nel Settecento con una straordinaria scalinata, sorella stilistica e urbanistica del Porto. Questo approdo congiungeva fin dall’antichità la città con l’entroterra umbro e toscano, dal quale provenivano derrate fondamentali: il vino, l’olio e il legname da costruzione e da fuoco (Porto della Legna).
Il nostro progetto, ideato da architetti che conoscono la storia di Roma e dell’architettura, prende le mosse da questa situazione di lungo periodo, e alla sua luce revisiona quanto è avvenuto in seguito, negli ultimi decenni dell’Ottocento, nel quarto decennio del Novecento e ancora in questi ultimi anni.
I muraglioni progettati dopo l’alluvione del 1870 ed eseguiti nei decenni seguenti hanno reso la città più sicura ai fini umanitari, ma l’hanno anche gravemente danneggiata:
- ai fini idraulici i Muraglioni umbertini hanno reso Roma ostaggio impotente del suo fiume; infatti non saranno
adeguati alla grande piena che avverrà attorno al 2037, come ha dichiarato pubblicamente l’Autorità di Bacino il 6 novembre 2003 presso l’Accademia dei Lincei in Roma. Prima di allora sarà dunque necessario fare un piano generale di difesa di Roma dal Tevere, sapendo che le priorità infrastrutturali della Nazione - si è detto nel 2001 ai massimi livelli governativi - sono indubbiamente la regimazione del Po (dal quale dipendono città storiche importanti come Mantova e Ferrara), dell’Arno (Firenze e Pisa attendono un’altra alluvione, dato il peggioramento delle condizioni climatiche mondiali dimostrato a New Orléans ), ed infine del Tevere. Anche in Germania peraltro la regimazione dei fiumi è obiettivo governativo da molti anni, con lo scopo di recuperare la bellezza delle campagne e delle città liberate dai fabbricati industriali.
- ai fini urbanistici i Muraglioni hanno isolato la città dal fiume distruggendo il porto di Ripetta, il porto Leonino e il
porto di Ripa Grande, e hanno collocato sulle rive due Lungoteveri più alti della rete stradale antica, che cent’anni fa potevano considerarsi una “passeggiata”, ma oggi sono fra i canali di traffico più congestionati di Roma. La loro revisione - per adeguarli a un traffico maggiore oppure per liberare dal traffico l’orlo edificato antico - è uno dei problemi aperti di Roma, da collocare nella prospettiva generale di alleggerire il traffico in superficie, sviluppando invece il traffico pubblico in sede propria (la “cura del ferro”). La prospettiva ragionevole è di conservare i Lungoteveri orlati da un’edilizia moderna alla stessa quota, e di rimuoverli dove sopravvive in misura adeguata l’edilizia antica più bassa. Questa situazione esiste nella riva sinistra da ponte della Libertà a ponte Garibaldi, e nella riva destra solo per il lungotevere Ripa, dove c’é l’altro porto monumentale di Ripa Grande. Il “restauro” dell’intera riva fluviale di Campo Marzio - proprio quella consolidata dalla cinta
aureliana del III° secolo - è una delle grandi opportunità per proteggere e riambientare il centro di Roma antica, sottraendolo al contatto con due autostrade urbane dannose e senza futuro. Il Lungotevere di destra fino a ponte Palatino dovrà essere completato a due sensi, conservando come traverse carrabili primarie solo i ponti che hanno un adeguato proseguimento verso est e ovest: ponte Margherita, ponte Umberto, ponte Vittorio, ponte Principe Amedeo, ponte Garibaldi, ponte Palatino.
In questo quadro diventa ragionevole la rimozione di ponte Cavour - insicuro nelle fondazioni - da sostituire con uno o due ponti pedonali.
Tutto questo richiederà un appropriato piano di settore, con le modalità previste dal Piano Regolatore in corso. Ma ha un’incidenza decisiva sulla sistemazione della Piazza che è oggetto del presente concorso, e la nostra proposta progettuale non può escludere tale prospettiva di grande respiro, che conduce a ripristinare il porto di Ripetta e il suo sfondo edilizio monumentale, riproporre la valenza archeologica del Mausoleo di Augusto e correggere in qualche misura una delle ferite più gravi arrecate alla forma urbana di Roma.
Il Mausoleo di Augusto, come molti altri monumenti dell’età classica, è rimasto per molti secoli incorporato nel
tessuto edilizio compatto che ricopre dal Medioevo l’antico Campo Marzio. “Liberare” uno di questi ruderi comporta un’operazione radicale quale fare il vuoto tutto intorno: le demolizioni hanno fatto sparire tutto il quadrilatero compreso fra via Tomacelli, lungotevere in Augusta, via della Frezza e il Corso, a meno delle tre chiese. La loro entità deriva anche dai due obiettivi programmatici di allora, oggi obsoleti: collocare il mausoleo in una piazza, circondato da un complesso edilizio nuovo, e usare questa piazza come cerniera per lo sventramento di via Vittoria e per i collegamenti verso la periferia orientale previsti dal piano regolatore del 1931 (il relativo piano particolareggiato è stato revocato nel 1951). E’ stato creato un invaso di circa 170 per 140 metri, dentro cui il mausoleo (che ha un diametro di 84 metri alla base, di 64 metri al corpo cilindrico principale, ed è infossato di circa 5 metri) sta decisamente stretto. Questo effetto è ancora accentuato dal nuovo corpo di
fabbrica di Meier, pensato appunto come “completamento perimetrale dell’invaso”. Quasi tutta la superficie della piazza è destinata alla circolazione motorizzata, trascurabile negli anni Trenta ma oggi invasiva e preponderante. E’ oggi, infatti, l’unico spazio disponibile per parcheggi, capolinea, stazioni di taxi, ecc., i quali declassano il luogo trasformandolo in un accessorio a servizio dell’area commerciale attigua.
La nuova sistemazione della piazza dovrebbe:
1)- trasformarla in un recinto archeologico vero e proprio, ripristinando la corretta gerarchia dei valori e
proseguendo all’intorno gli scavi appena iniziati.
2)- creare intorno al Mausoleo uno spazio che richiami in misura accettabile l’ambientazione aperta nel Campo
Marzio antico.
3)- includere o ripristinare i manufatti e le memorie legate alla primordiale alleanza della città col suo Fiume, a
cominciare dal porto di Ripetta.
Questa operazione sarà completata in una prospettiva d’assetto urbano non immediata, cioè possibile quando si
disimpegnerà parzialmente la città antica dalla circolazione meccanica in superficie. Una prospettiva incerta nei tempi ma già affermata dal nuovo Piano Regolatore e appartenente a una delle sue direttive principali: la cosiddetta “cura del ferro”. I tempi saranno naturalmente sincronizzati con la realizzazione delle nuove infrastrutture sotterranee per l’intera città.
Ma intanto è necessario tenere aperti gli spazi operativi per i programmi non immediati.
La ragionevole mediazione fra i provvedimenti vicini e lontani è uno dei compiti principali della cultura urbana. Non è ragionevole accettare che tutto ciò che è avvenuto in passato sia venerato e conservato in quanto un “segno del passaggio della storia”: la storia si fa in primo luogo con i documenti scritti e illustrati, non “conservando” indiscriminatamente in un caotico museo all’aperto i misfatti da noi stessi prodotti. L’esigenza decisiva è il discernimento fra presente e futuro. Alcune opportunità più importanti, già individuate, devono esser rimandate al futuro per via delle loro connessioni. E’ secondario fissare le scadenze esecutive, mentre è essenziale non precludere adesso, per incuria, i futuri scenari.
Per l’Augusteo bisogna aver ben presente l’enormità dello sfregio compiuto settant’anni fa, attaccando col piccone un tessuto storico così compatto (sappiamo ad esempio che sotto la zona di S. Lorenzo in Lucina giace il gigantesco orologio solare di Augusto, ma è impensabile scoprirlo e persino migliorare le fortunose ispezioni sotterranee). La supponenza di allora rende futile attribuire valore alle architetture di Morpurgo, le quali oltre a soffocare il Mausoleo sconvolgono coi loro rovesci un tratto del Corso e tutta via della Frezza, con un effetto di rottura che il tempo non ha attutito.
L’attuale proposito di conservarli (e aggiungervi un supposto “completamento”) riduce gravemente l’obiettivo 2: un minimo di ampliamento del recinto archeologico può avvenire solo a spese della sistemazione stradale di allora. Invece appare possibile scavare e ripristinare subito il Porto di Ripetta, compreso lo sfondo edilizio fra la chiesa di San Girolamo e l’affaccio di palazzo Borghese. Intanto occorre abbandonare il proposito del sottopasso ( ancora non deciso come risulta dal Documento Preliminare di questo concorso), e coltivare il programma di restauro dell’intera Ripa di Campo Marzio, che aprirà altre prospettive anche per la piazza.
Esistono ormai numerose dimostrazioni della volontà mondiale di restituire alle città la bellezza anteriore: le
ricostruzioni post-belliche di Varsavia, di Blois, dei Ponti di Verona, di Bassano e del Ponte a Santa Trinita a Firenze, la ricostruzione dell’Abbazia di Montecassino e quella contemporanea della Stoà di Attalo ad Atene, di Venzone e della sua Cattedrale, della Frauenkirche a Dresda, della Katarina Kircha a Stoccolma, del Portico di San Giorgio in Velabro a Roma, della Cattedrale di Noto. Proseguono le anastilosi in Grecia e altrove, ed è comparsa la Carta del Restauro di Delhi del 2004, che precede la Carta del Restauro di Venezia prevista nel novembre 2006, le quali auspicheranno in perfetta sinergia il recupero della bellezza delle città del Mondo più meritevoli.
Anche a Roma si può fare qualcosa in questa direzione.

Descrizione del Gruppo e del Progetto
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    Project details
    • Year 2006
    • Client Comune di Roma
    • Status Competition works
    • Type Public Squares
    Archilovers On Instagram