La Successione Fibonacci a Pontassieve / Fibonacci sequence in urban design at Pontassieve
Un progetto minuziosamente pensato e mai realizzato Pontassieve / Italy
“Una delle più belle terre di Toscana”
“ In una delle più amene posizioni della pittoresca valle superiore dell’Arno, sorge Pontassieve, che dal fiume che ne lambisce le case e dal vetusto artistico ponte attraversante la Sieve prende appunto il nome.
A sedici chilometri da Firenze sulla via che conduce ad Arezzo ed a Roma, a piè di colline ricche di vigneti e di campi ubertosi, coronate di ville signorili e di ruderi di castelli medioevali, a poca distanza dalla Vallombrosa, che si scorge lassù in alto, fra i suoi boschi secolari, e dallo storico poggio dell’Apparita, Pontassieve è una delle più belle terre della Toscana.”
Così Emilio Girardi il 30 Settembre del 1896, dalle pagine del quotidiano Il Secolo, nel supplemento mensile “Le cento città“, ci parla della bellezza del “Pontassieve” associando, significativamente, il toponimo più alla “Natura” che alla “Città”.
La natura naturalis, identificata dalle valli, dai fiumi, dalle colline, dai vigneti, dai campi ubertosi come dai boschi secolari tra i più belli della Toscana, sembra decisamente avere il sopravvento sulla natura artificialis.
Quest’ultima, rintracciabile nelvetusto artistico ponte, nelle ville signorili, come nei ruderi o nei castelli medioevali, corona, come scrive il Girardi, le colline sottostanti e, tutt’al più, aggiungiamo noi, partecipa a questa e di questa bellezza, senza però esserne mai l’artefice o il soggetto principale.
Di questa Pontassieve di fine secolo e del suo edificato giù a valle - cresciuto alla confluenza e nell’indifferenza dei due grandi fiumi toscani, già luogo industrioso e già a quel tempo così indifferente a se stesso e ai propri valori estetici, lanciato, come la locomotiva gucciniana, verso il mito del progresso, già allora identificabile in quell’ originale binomio produttivo del vinicolo-ferroviario - nelle pagine di quel supplemento non viene significativamente fatta menzione.
Cento anni dopo, ad un’altra fin de siecle, nessun Girardi dell’oggi modificherebbe di una virgola i contenuti di un testo che descriva quello che meglio rappresenta ed interpreta il “bello “di questa terra.
La natura e la città, semplicemente più vicine sotto il profilo quantitativo (triplicato il suolo edificato del capoluogo) si sono ancor di più allontanate sotto quello qualitativo.
Nessun fatto, urbanamente significativo nel suo insieme, ha fino ad oggi modificato nella sostanza questo stato di cose: le occasioni, come quella tragicamente offerta dalla ricostruzione postbellica non sono state colte come tali e, al contrario, hanno accentuato ancor di più, se ce ne era bisogno, la scollatura tra ricchezze ambientali e povertà urbane.
Ma non è stato sempre così: natura e artificio trovarono un fecondo rapporto, ad oggi insuperato, proprio nella città fisica fissata dalla Repubblica Fiorentina nella seconda metà XIV secolo.
Il ponte - il borgo - il castello
Con l’edificazione delle mura si completa di fatto quel continuum urbano e viario- militare del Ponte-Borgo-Castello che iniziato in epoca etrusca, a tutt’oggi è identificabile nella parte urbanisticamente più nobile di tutto l’edificato urbano.
Il castello, in particolare, ultimo anche cronologicamente dei tre fatti urbani, disposto strategicamente su quella Cassia vetus che da Roma portava verso quella che di lì a poco si autodefinirà la nuova Atene, pensato e progettato dai fiorentini del tardo medioevo come una terra di nuova fondazione, contribuisce a stabilire, in quanto anch’esso formalmente pensato (vedi ns. ipotesi su modello geometrico tav.01) insieme agli esempi più sofisticati e riusciti - quali San Giovanni V.no e Terranuova - “un punto di partenza chiaro e sicuro per una storia della moderna urbanistica europea” ( Friedman, Terre nuove, Einaudi 1996).
La sua importanza deriva non tanto e non solo dall’aver felicemente coniugato per secoli funzione militare e funzione commerciale (castello - mercato) ma di avere rappresentato un tentativo, al pari delle altre città di fondazione, di sottoporre la forma della città alle stesse leggi formali di una “sublime” architettura.
Le parti nuove, moderne e/o contemporanee dell’aggregato urbano di Pontassieve, risultano assolutamente estranee ai contenuti e agli insegnamenti di quella unica vera lezione di pianificazione urbana ante litteram.
Paradossalmente, proprio i recenti tentativi di stanchi postmodernismi più o meno di maniera, riecheggianti un qualunque passato o un qualunque luogo ma non le regole ideali e compositive che lo ispiravano e sottintendevano, hanno isolato e congelato quell’unico, significativo esempio di ricerca formale e integrazione fra funzioni - precise, necessarie, essenziali - in luogo di una quotidiana pratica edilizia povera di riferimenti identificabili in una cultura della città che trova nel progetto urbano lo strumento “ideale” e il volano per la propria riqualificazione.
Ed è proprio da queste riflessioni che matura il presente Piano Guida per l’area centrale di riqualificazione più significativa dell’aggregato urbano di Pontassieve: dalla ricerca di quelle “regole nascoste” che determinarono il felice esito dell’intera stagione urbanistica delle città di fondazione, ha “preso forma”, in modo sempre più chiaro e convincente, la definizione delle invarianti e delle regole chehanno ispirato i contenuti di queste leggere pagine, da domani possibili prime pietre per la Pontassieve del secondo millennio.
La città è come una grande casa
Sfortunatamente i documenti sopravvissuti dei progetti delle terre nuove fiorentine tanto più sono importanti, tanto meno danno un contributo diretto alla ricostruzione della storia della forma del progetto della città intesa come entità materiale.
Pontassieve appartiene a quel gruppo di nuove terre, che potremmo definire di seconda generazione: a partire dalla metà del secolo XIV gli interventi dei Fiorentini si concentrano sul miglioramento e l’espansione degli impianti esistenti.
Pontassieve con Figline, San Casciano e Campi fa parte di quei progetti che, sia nella forma che negli obiettivi, oltre ad essere differenti da quelli delle terre nuove per antonomasia (San Giovanni, Terranuova, Castelfranco, Scarperia, Firenzuola ) e dal Piano per Giglio Fiorentino, risultavano meno ambiziosi e maggiormente vincolati.
Ciononostante, come lo stesso Friedman ci chiarisce, “impegnarsi in un intervento di ampliamento, o lavorare alle fortificazioni disabitate da usare come rifugi per abitanti dei villaggi della zona comportava compiti analoghi a quelli richiesti per la costruzione di una terra nuova.”
Taddeo Ristori, capomagistro e Francesco Pieri, sollicitator saranno l’accoppiata vincente del progetto del 1357. Pontassieve per qualche decennio della sua storia ha quindi pensato e soprattutto progettato il proprio futuro con regole ed obiettivi preventivamente stabiliti; l’abbinamento di un costruttore e di un amministratore, al pari dell’organizzazione del contemporaneo cantiere brunelleschiano di S.M. del Fiore, testimonia che edificare la più grande architettura della terra o l’addizione urbana di un piccolo paese sottostava comunque a regole comuni al tempo condivise.
Taddeo Ristori venti anni più tardi sarà al fianco di Francesco Talenti e di Benci Cioni quale assistente al cantiere della Loggia della Signoria.
“La città è come una grande casa , e la casa a sua volta è una piccola città”. Con questa suggestiva quanto solo apparentemente, semplice metafora , Leon Battista Alberti stigmatizzerà, non molto tempo dopo, quel fecondo rapporto tra architettura e progettazione urbana che singolarmente ritroviamo proprio nella progettualità delle terre fiorentine di nuova fondazione: una anticipazione alla pianificazione urbana, caratteristica più dell’età rinascimentale che non del medioevo, un tentativo tutt’oggi non completamente compreso e studiato in tutta la sua straordinaria complessità ed originalità e dove, per qualche anno, l’urbanistica ha ripetutamente abbracciato le più alte aspirazioni cosmogoniche.
Non diversamente dal progetto di unagrande architettura civile o religiosa , la forma urbana e, soprattutto in quel clima culturale, ciò che la sottintende e la origina, si identifica nelle idee più forti e nell’immagine che una società ha di se stessa. Questa, più che la riscoperta interdisciplinare di stilemi neogotici o neo rinascimentali, ci appare, fuori da ogni retorica, una delle più grandi e meno conosciute intuizioni che Firenze ha suggerito , non solo alla storia urbana, ma alla storia tout court.
Riqualificare un terzo dell’area di Pontassieve significa oggi riannodare, in primo luogo, quel discorso urbano, interrotto da più di cinque secoli di improvvisazioni, cogliendo, in quel contributo pionieristico del fare città, quella legge universale del rapporto aureo entrata proprio da allora a tutto tondo nel linguaggio più sofisticato delle arti figurative.
Impostare su questi valori un progetto per la trasformazione di un’area centrale
strategica, quale l’ex saldatura rotaie, significa stabilire contemporaneamente più vantaggi: esaltare all’interno di una cornice fissata possibili diversi esiti sociali, economici e funzionali egualmente accettabili; coniugare, su basi rassicuranti, in quanto culturalmente proprie e universalmente riconosciute, più culture non solo locali; ed in ultimo, ma non ultimo evitare, nella scelta dell’assetto morfologico dell’area come sotto il profilo architettonico, sia uno stanco modernismo internazionale che un energico regionalismo vernacolare : due facce di una stessa inflazionata moneta che non potrà più acquistare la dignità e la misura di un regionalismo critico che sia antagonista e resistente alla globalizzazione e all’estetica del feticcio merce - mercato.
Le dimensioni del piano e i tracciati
regolatori del Borgo Verde
Il quadrato, figura geometrica semplice, è la “chiave di lettura” sotto cui mettere in luce gli aspetti morfologici del piano.
Derivato dalla suddivisione del poligono, da noi individuato nell’ipotesi del modello geometrico ( v .Tav. 1.1 ), si evidenzia con base A e altezza 2A. Accostato e ripetuto, ruotato e/o generatore di rapporto aureo, definisce due rettangoli formati rispettivamente da 12 e 6 moduli quadrati di 34 m di base per 1 modulo di altezza (v. Tav. 1.2). Con essi si può misurare planimetricamentesia la massima distanza (2A = 12 moduli) nord - sud, tra la Porta Filicaia e il vertice determinato dall’ideale prolungamento dei due lati maggiori della città murata, nonché la sua metà (A= 6 moduli ) coincidente con la massima distanza est - ovest tra la Porta dell’Orologio e la Porta Fiorentina.
Il Piano individua i confini della nuova dimensione della piazza della stazione (allargata planimetricamente per tutta l’altezza verso ovest di 20m) coincidenti ad est con lo spazio esterno di pertinenza dell’edificio che ne definisce il nuovo fronte ed a ovest con la rampa di accesso al piano parcheggi. Tale dimensione coincide con la massima distanza dei 12 moduli. Il parco centrale delimitato dai centri geometrici delle corti interne dei due nuovi edifici di progetto ( A e A1 Tav. 4) coincide anch’esso significativamente nel senso est - ovest con l’altra distanza storica dei 6 moduli: misura urbana quest’ultima tuttora viva e unica in quanto non solo quotidianamente percorsa ma visivamente soppesata dalla presenza delle due storiche porte.
Camminare lungo l’area verde centrale sarà come percorrere a piedi la Via Tanzini dalla porta dell’orologio alla porta fiorentina.
Il dimensionamento (planimetrico e altimetrico) per tutti gli edifici di progetto seguirà (v. Tav. 1.2) i valori matematici della successione Fibonacci per cui ogni termine successivo è uguale alla somma dei due immediatamente precedenti e il loro rapporto raggiunge rapidamente, proprio con i valori proposti per il loro
dimensionamento (5 ,8, 13, 21, 34 m), il rapporto aureo di 0,618.
La sezione aurea, migliore possibile mediazione tra presenza - assenza e
passato - presente, oggetto -soggetto delle scelte non solo morfologiche del presente Piano Guida , risulta la dimostrazione del fatto che la cultura e la natura si servono degli stessi strumenti nella ricerca di un equilibrio dove la presenza dell’uomo crea un ambiente artificiale che diventa a sua volta un nuovo ambiente naturale: leggi di natura che si fanno strada all’interno degli angoli più nascosti dei manufatti dell’uomo e contestualmente artefatti che creano nuove condizioni per l’azione della natura.
Il reticolo dei moduli quadrati, e la sua successiva articolazione e sviluppo, individuano i tracciati regolatori quali invarianti geometrico-compositive del Piano.
Linee spesso solo disegnate, che non appaiono manifeste, definite anche come tracciati statici, che lavorano comunque silenziose per la struttura finale dell’ immagine delle opere, sono la garanzia che una misura comune al tutto autoregoli e agevoli nella stesura e nella fase esecutiva più meccanismi combinatori e/o scelte architettoniche con risultati egualmente accettabili.
Non quindi rigidità e schematismo predeterminato, ma misura ed equilibrio antropico quali espressioni più proprie del “fare urbano” dell’oggi: l’uomo privilegia le forme in equilibrio proprio perché è strutturato sulla base dello stesso modello.
Anche se tutto questo può essere ininfluente alla realizzazione effettiva del bello, come ci ricorda fin dal 1923 Le Corbusier, a proposito dei tracciati regolatori, quantomeno, “è una garanzia contro l’arbitrio”.
Un nuovo borgo per la città:
20000 mq a nuova vita restituiti
Un’area, “murata “ su tre lati, fortemente caratterizzata dalle proprie qualità dimensionali si presenta come un rettangolo stretto e lungo (50 x 400 m). Il confine nord è individuato dal tratto urbano di Via Aretina, compreso tra il Parco delle Rimembranze e la Piazza della Stazione, con al centro lo slargo indifferenziato di Piazza Gramsci. Il limite sud è definito dal sedime ferroviario, mentre ad est e ad ovest rispettivamente dall’edificato della Piazza dalla Stazione e dallo stabilimento della Ruffino.
Giacente ad una quota inferiore di 2 m dalla Via Aretina , come un enorme gradino che volge a mezzogiorno, l’area ex saldatura rotaie, si configura morfologicamente e curiosamente come un lungo e stretto corridoio urbano chiuso sui due lati brevi.
Incline se non destinato anch’esso, data l’unicità della localizzazione, ad assumere in sè , un sempre più frequente ossimoro urbanistico dell’oggi: necessità di “pieno” di funzioni, anche a scala superiore, quale area strategica di un nodo della “rete metropolitana“ e al contempo l’esigenza di mantenere il “vuoto” quale prevenzione più efficace contro il “contagio” delle volumetrie. La capacità di risolvere questa irriducibile contraddizione del vuoto-pieno, caratteristica proprio dell’attuale dibattito, prevalentemente europeo, nella pianificazione delle aree di riqualificazione urbana , era e rimarrà, sicuramente fino alla fase esecutiva , il grande tema da svolgere non solo per Pontassieve ma per tutti i centri con vaste aree di riqualificazione. In questa direzione si è studiato un impianto planovolumetrico con la caratteristica preminente di creare un intervento che veda localizzato solo su quattro lotti, dei dodici moduli totali, l’edificazione dei corpi di fabbrica. La volumetria di progetto pari a 56.000 mc ( 2,5 mc/mq ), proporzionata a contenere funzioni superiori, tipiche di un’area centrale,va messa in stretta relazione con i 40.000 mc di volume demolito e, soprattutto, con il basso valore della superficie coperta ( 20% ) come al relativo alto valore di superficie libera (80%), di cui oltre la metà, con destinazione a verde pubblico.
Una vasta area verde è al centro dell’intervento quale elemento strutturante la forma urbana e collabora a realizzare la continuità tra questa parte di città nuova e le parti esistenti. Il parco oltre ad aumentare la dotazione di verde all’interno del centro diviene uno spazio dove svolgere la vita pubblica e costruire relazioni con tutto l’intorno urbano.
Una collina artificiale modellata, al centro del rettangolo verde (m 170x50), con forma planimetrica ellittica, con l’asse maggiore di 102 m e quello minore di 34 m, è disposta ortogonalmente alla ridisegnata Piazza Gramsci e diviene base per il posizionamento di un leggero ponte pedonale ( V. Tav. 5) che collegherà il nuovo giardino urbano al lato di piazza Gramsci - Via Guido Reni a poco più di 100 metri dalla Porta Fiorentina e dal centro storico.
Alla testa della collina una piazza circolare, con diametro di 34 m, accoglie, oltre alle due mandorle d’acqua (anche con funzione antincendio per il parcheggio sottostante) lo sbarco del ponte pedonale e i collegamenti verticali, sia con i piani interrati dei parcheggi sia con il giardino attraverso i piani inclinati e la doppia coppia di scale semicircolari.
La collina, natura costruita alcentro del Borgo Verde, quale monumento evocativo di una delle più belle terre della Toscana, luogo di scambio e potremmo dire di purificazione intermodale ( da gomma-ferro a pedonale), simbolo di un ritrovato genius loci per luoghi dimenticati ma, soprattutto interprete, nel delineare un diverso approccio alla definizione del proprio paesaggio urbano, non solo per Pontassieve ma per tutto il levante fiorentino e la sua comunità. La realizzazione di un parcheggio seminterrato assolve a due necessità: lo scambio intermodale veicoli privati e servizio pubblico (treno, autolinee) - per il sistema metropolitano dell’est fiorentino - e l’offerta di parcheggio ai residenti e a coloro che utilizzeranno le nuove strutture dell’area di intervento.
Il parcheggio prevede 515 posti (di cui 80 di pertinenza alle nuove volumetrie dell’area) con ingressi ed uscite in prossimità della Piazza del Parco delle Rimembranze
ad ovest e di Piazza della Stazione a est. I collegamenti tra il parcheggio e i settori edificati dell’intervento sono garantiti da puntuali percorsi pedonali e da strutture meccanizzate. Alla Tav. 6 sono individuate, oltre alle quantità, gli schemi dell’impianto del parcheggio. Con una caratteristica forma a racchetta da golf è rappresentato il collegamento in sottopasso del sedime ferroviario con Via Verdi che permette un collegamento tra due settori urbani (nord - sud) fisicamente divisi e precariamente collegati. Infine la nuova sistemazione dell’area antistante la stazione riorganizza la Piazza da spazio indifferenziato a luogo urbano dell’accesso, dello scambio e dell’incontro.
Ricordando che solo con la revisione generale del PRG adottato e con la puntuale individuazione delle aree di riqualificazione urbana si è posto concretamente l’esigenza di riequilibrare i caratteri fisici della relazione ferrovia-tessuto urbano di Pontassieve, soprattutto alla luce delle vaste e ripetute modificazioni morfologiche (ultima quella degli anni ‘80), indotte dai grandi impianti dell’industria ferroviaria.
Creando un modello attraverso il quale rendere esplicita, comunicabile e convertibile la convenienza economica dei soggetti privati a fronte degli obiettivi espliciti che l’Amministrazione comunale intende perseguire, si ipotizzano una serie di destinazioni tipiche delle aree centrali evitando specializzazioni funzionali.
Per realizzare questo è stato necessario preventivamente individuare e quantizzare dei parametri quali: l’analisi del sistema insediativo dell’area in relazione al suo raggio d’influenza; la determinazione e il proporzionamento dell’intervento adeguato alle esigenze ( pubblico-privato ); individuazione di un modello funzionale non rigido.
In questa logica una proposta di possibili dislocazioni di mix funzionali collocabili nella volumetria proposta prevede la localizzazione di uffici e servizi pubblici e privati, spazi per attività terziario - produttivo, ricettivo e culturale.
“Una delle più belle terre di Toscana” “ In una delle più amene posizioni della pittoresca valle superiore dell’Arno, sorge Pontassieve, che dal fiume che ne lambisce le case e dal vetusto artistico ponte attraversante la Sieve prende appunto il nome. A sedici chilometri da...
- Client Comune di Pontassieve
- Status Unrealised proposals
- Type Parking facilities / Adaptive reuse of industrial sites / Feasibility Studies / Business Centers / Pavilions / Shopping Malls / Urban Renewal
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