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Riqualificazione del Waterfront di Latina Latina / Italy / 2006

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La bonifica pontina ha strappato terreni alle acque ed alle paludi con un modello di occupazione e di utilizzo del suolo molto chiaro: lo sfruttamento a fini agricoli della terra, da parte di una popolazione dedita esclusivamente all'attività agraria.
Tale impostazione implica una struttura sociale semplificata e richiede un modello insediativo adatto alla colonizzazione delle terre, basato sulla iterazione del podere, misurato sulla forza delle braccia della famiglia che lo abita.

Il modello si estendeva così in ogni direzione, accompagnato dal reticolo idrografico dei canali e dei fossi, che misurano ancora oggi la geografia delle terre e delle acque.
Colpisce come la regola dell'appoderamento non risentisse neanche della vicinanza del mare; il ritmo dei poderi si ripeteva senza variazioni fin sul cordone dunale.
La rete di poderi era a sua volta cadenzata dai borghi rurali, disposti a distanza critica uno dall'altro, che fornivano il grado minimo di servizi per la popolazione: la chiesa, il magazzino, l’acqua, la farmacia, la scuola; i borghi rurali, collegati in una complessa maglia stradale, a loro volta gravitavano intorno alle città di fondazione.

Secondo l'impostazione della bonifica, la Marina di Latina, nel tratto oggetto del concorso, si trova quindi all'estrema periferia di Latina, ai margini della rete di poderi e borghi, in un tratto da sempre invaso dalle acque costiere, che, provenendo dall'interno convogliate nell'alveo dei fiumi, non riuscivano a superare il cordone dunale.

Un'area povera, dunque, strappata alle acque ma pensata per essere marginale.
Un'area priva di strutture urbane o di altra struttura capace di orientarne gli sviluppi futuri; costretta inoltre ad essere a lungo periferia troppo lontana di una città giovane e non ricca, con diverse direttrici di crescita e di sviluppo.

Proprio queste strutture così deboli e rigide hanno sofferto le più pesanti trasformazioni; la struttura sociale preconizzata dal regime non regge a lungo, e con essa collassa l'organizzazione del territorio; la rete dei poderi si sfalda, le case si accumulano confusamente sui terreni, i borghi rurali non reggono la pressione; tutta l'area via via viene asservita agli usi più poveri.

Oggi è necessario intraprendere iniziative di valorizzazione per consolidare un processo di sviluppo qualificato ed endogeno che determini una discontinuità con il modello attuale che appare ormai di qualità inferiore a quella richiesta dal mercato.



Il progetto intende recuperare la peculiarità del rapporto fra uomo e natura proprio dell’ambiente di bonifica, rilanciando l’azione antropica quale forma di difesa del territorio e di integrazione fra l’economia locale e l’assetto insediativo.

Il disegno del territorio è affidato all'acqua. A partire dai due canali paralleli alla linea di costa, il Colmata ed il Mastropietro, e dalla rete dei canali e dei fossi che già oggi rappresentano vie d'acqua, il progetto propone la definizione di una serie di isole separate da specchi d'acqua e canali interconnessi, collegate alla viabilità principale tramite ponti.

Oggi l'area ha tutte le caratteristiche negative delle zone urbane costruite di seconde case, con il consueto degrado sociale ed ambientale. Non è una zona balneare, perché abitata tutto l'anno; ma non è città, perché è vuota, povera di servizi ed attrezzature.
Il progetto considera dunque la realizzazione di strutture residenziali stabili, di prime case, pensate per chi preferisce abitare ad una distanza appena maggiore dal centro città o dal luogo di lavoro, ma con il vantaggio di una decisa crescita nella qualità dell'ambiente.

L'indifferenza nelle sequenza di consorzi, cooperative, villaggi spontanei o abusivi è un altro degli indicatori della inadeguatezza della struttura urbana della Marina di Latina; i borghi rurali, nati come borghi di servizi per la rete dei poderi e delle case coloniche, non hanno la forza sufficiente a proporsi come centri urbani capaci di strutturare la successiva espansione dell’edificato, ma si confondono anch'essi nell'indeterminatezza della periferia.
Il progetto individua chiare gerarchie nella distribuzione del grado di intensità urbana nell'area, proprio al fine di strutturare gli spazi e orientare il processo di costruzione della qualità urbana.

Per ciò che riguarda la viabilità si propone la demolizione dell'attuale lungomare, per tutto il tratto che va da Rio Martino a Foce Verde. Il traffico di attraversamento nord sud sarà incanalato sulla via litoranea; la distribuzione interna avverrà sulle due parallele alla linea di costa affiancate al canale di Colmata ed al Mastropietro.

Una riflessione particolare merita il tema della portualità, componente preziosa per l’innesco della riqualificazione dell’intera area, di cui il progetto offre un’interpretazione.
Il rimessaggio delle barche a vela o a motore è uno spazio cintato, separato, ben servito dalla viabilità, e gestito separatamente; chi tiene la barca in deposito presso il porto turistico non va al mare nella spiaggia della Marina di Latina, ma si allontana verso le isole o il Circeo.
Collegata al porto turistico è l’area dei cantieri, con i capannoni ed i rimessaggi lungo la direttrice che collega molo e centrale nucleare.
Il porto per la nautica minore ha altre esigenze, più integrate con le strutture urbane.
Il progetto separa fisicamente le due aree specialistiche: il porto turistico a nord del pontile, con un forte rapporto con l’area della ex centrale nucleare, in posizione autonoma e decentrata; la darsena per la nautica minore da diporto in diretto collegamento con l’espansione di Borgo Sabotino e con il porto canale abitato, in una relazione stretta e dinamica con il nuovo centro urbano.
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