COMPLESSO INTER-PARROCCHIALE DI SAN BENEDETTO -LAMEZIA TERME- | GIORGIO BURZA

Lamezia Terme / Italy

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RELAZIONE ARCHITETTONICA

Rapporto con l’ambiente urbano
Nell’introdurre gli elementi di base, tanto metodologici quanto concettuali, che hanno portato alla
realizzazione del progetto del “Complesso Inter-parrocchiale S. Benedetto”, è necessario prendere in considerazione e precisare preliminarmente alcuni fattori, tramite i quali se ne facilita l’accessibilità e l’originalità.
Il primo fattore che si intende mettere in evidenza è la vocazione unica ed irripetibile del luogo destinato ad accogliere il complesso. Non si può scindere il luogo fisico dalla sua identità, ciò a cui “è chiamato” ad essere. E bisogna che questo “carattere” tipizzante, il genius loci, venga individuato e fatto emergere dal caos in cui si trova, plasmandolo e imitando, al meglio delle proprie possibilità, l’atto ineffabile dell’unica, vera ed irripetibile Creazione.
La conoscenza del luogo su cui si andrà a costruire, inserisce il secondo fattore da sottolineare, non indipendente dal precedente, ovvero la necessità di concepire e realizzare un luogo di culto, che sia espressione di arte sacra e non semplice riflesso di un’ispirazione artistica pseudoreligiosa.
Dalla più remota tradizione, tramandata già nel Vecchio Testamento, l’architetto per antonomasia è Dio e al progettista non rimane che ascoltare quanto gli viene comunicato dalla volontà divina. Non si tratta di mettere in atto una propria ispirazione personale, che pure ha il suo valore, piuttosto di fare affiorare quanto Dio ha pensato per quel luogo specifico, predisponendo delle caratteristiche, che verranno esaminate nel dettaglio e che, in questo particolare contesto, ne definiscono i tracciati regolatori.
La procedura analitica dello studio della morfologia, delle dimensioni e della geometria del lotto, su cui sorgerà il Complesso, ha consentito l’individuazione delle “caratteristiche” basilari per la progettazione, visualizzati negli schemi di seguito riportati, e che hanno costituito il trait d’union tra articolazione del progetto architettonico e geometria del lotto.
La “Sezione Aurea” (Fig. 1) evidenzia come, tramite il numero aureo 1,618, si possa mettere in relazione diretta il quadrato di 71,8 metri, inscritto nella forma trapezoidale del lotto, con il quadrato di 44,4 metri, che richiama alla memoria il cubito, l’unità di misura biblica corrispondente a 44,4 centimetri (71,8:1,618 = 44,4).

Figura 1 La sezione aurea


All’interno del lotto è stata intercettata la figura di un esagono regolare (Fig. 2), che viene acquisita quale matrice del tracciato regolatore. Il progetto durante tutte le sue fasi evolutive risentirà di questa figura geometrica interna

Figura 2 Esagono regolare inscritto nel contorno del lotto

I lati diametralmente opposti dell’esagono (Fig.3), lungo l’asse Nord-Ovest (in direzione di Roma) Sud-Est (in direzione di Israele), sono tangenti ai lati di due aree ( A1 e A2 ) di forma romboidale. Essi sono stati individuati per l’ubicazione della facciata della grande Aula Liturgica (nord-ovest) e della Cappella Feriale (Sud-Est).

Figura 3 Ubicazione delle facciate


Poiché le due aree antistanti le facciate, che fungeranno da sagrato, hanno una quota altimetrica diversa, per raccordarle, si è ipotizzato un modellamento del suolo dell’area interposta (Fig.4), contenuto all’interno dell’esagono, formando una semicalotta al di sotto della quale sarà realizzata una sala ipogea sufficientemente ampia per accogliere il salone inter-parrocchiale.

Figura 4 Movimento di terra e raccordo delle aree di diverso livello (A1 e A2)



Riconoscibilità dell’edificio sacro

In virtù del rovesciamento del concetto di manufatto compatto (tipologia edilizia compatta), di cui si parlava sopra, il complesso si apre letteralmente al contesto urbano in maniera immediata, con l’apertura sul lato sud-est, tramite il prospetto di facciata sul sagrato della cappella feriale, e quella sul lato nord-ovest dove la grande aula liturgica offre la sua facciata ad un’area notevolmente più vasta.
Oltre alle due entrate, vi è un ulteriore elemento che consente un riconoscimento della sacralità del luogo: la torre campanaria. È previsto che possa essere individuata da una distanza notevole, viste le sue dimensioni. Essa si slancia con un corpo unico fino ad una quota di 50 metri, sormontata da un “mondo”, montato su un tamburo. È netto il richiamo alla Croce di S. Benedetto, poiché ne riproduce la forma, con la presenza della medaglia caratteristica. Le campane tradurranno in suoni la preghiera di esorcismo, che su questa medaglia è inscritta, non solo richiamando il popolo all’adorazione di Dio, ma estendendo a tutti una sorta di protezione dal male e di amorevole benedizione paterna.

Profilo estetico, formale

Una generale visione d’insieme del complesso architettonico mostra un rovesciamento del concetto teorico di manufatto compatto. I diversi corpi in cui il Complesso si smembra, indipendenti e con un ruolo ben definito all’interno del complesso, allo stesso tempo intimamente connessi l’uno all’altro, convenientemente ubicati intorno al perimetro del lotto, essi si aprono al mondo esterno “invitando ad entrare”.
La concezione puramente utilitaristica delle costruzioni religiose, a cui si assiste ormai da molti anni a questa parte, le ha svuotate del loro senso vero di chiesa. Ne costituisce un paradigma emblematico la famosa Cappella di Pellegrinaggio di Ronchamp, uno dei capolavori del celeberrimo architetto Le Corbusier, che si dichiarava agnostico. Un luogo del genere rimane un edificio, che anche se sollecita il raccoglimento e la meditazione, non riesce a trasformarsi in una chiesa (Klaus Gamber).
Esiste una relazione profonda tra la costruzione di una chiesa ed il modo di vivere e pensare degli uomini (Erwin Panofsky). La progettazione, come qualunque altra forma artistica, rimane espressione del proprio vissuto e difficilmente potrà esprimersi come arte sacra e religiosa se non è realmente alimentata dallo spirito.
D’altra parte il sacro assume un senso solo quando si mette in relazione con il credente. Ed è proprio da questa interazione che nasce la chiesa come luogo abitato ed in cui si può vivere il sacro, la sola lettura estetica di un progetto porterebbe ad una visione limitata dell’interpretazione degli spazi, che non sarebbe più in grado di distinguere una chiesa da una sala di riunione. La vera ed unica chiave interpretativa che può creare una lettura differenziale è l’universo simbolico, che si apre agli occhi del credente e che lo accompagna in questo viaggio della creatura verso il Creatore. Ogni luogo sacro è l’espressione sia del dinamismo che sostiene l’uomo nel suo cammino di ricongiungimento a Dio, sia della dinamica sottesa a questa tensione.
La traduzione materiale della Bellezza, qui intesa non come mera categoria estetica ma quale attributo di Dio, rimane un elemento importante della progettazione del Complesso, perché in tutta la progettazione si è cercata la forma migliore con cui rivestire il Complesso, si potrebbe dire “perfetta ed unica”, a cui fare rispondere il contenuto dello spirito.
Alla luce di quanto detto, assumono un significato profondo e ricco di simbolismo il tracciato delle figure geometriche, degli assi cardinali (la croce) e l’orientamento rilevato nei tracciati regolatori.
Cerchio e quadrato, così come sfera e cubo, simboli del cielo e della terra sono il leit motiv costante di ogni tema architettonico sacro, che riproduce continuamente il tema centrale di ogni chiesa: l’unione del cielo con la terra, dell’uomo con Dio.
Per questo motivo, è stata scelta come copertura degli edifici dedicati al culto la sovrapposizione di tre calotte, che da un lato vogliono rendere visibile ai fedeli la volta celeste, dall’altro vogliono “trattenere” con una trivalente potenza una porzione di Cielo.
La sala ipogea destinata alle attività del salone inter-parrocchiale si svilupperà senza alcuna interferenza volumetrica, letteralmente “inghiottita” dal ventre della terra e sovrastata dalla struttura architettonica dell’aula liturgica. Insieme, esse possono rappresentare il passaggio dal buio di un sepolcro alla luce della vita, ma anche la necessità e l’invito della Chiesa a rinnovarsi, ad essere “uomini nuovi”. Una lunga gradinata consente di ascendere la collina artificiale, sovrastante l’aula ipogea, e di seguirne l’andamento scosceso, snodandosi in un percorso significativo dal vialone esterno fino alla cima.
Il tema del passaggio ad una vita nuova, innestata nel cielo, ma con le basi ben radicate nella terra, viene espressa dal dinamismo dell’articolazione degli spazi dell’aula liturgica. In un percorso unico, senza soluzione di continuità, si realizza un viaggio che dalla sala ipogea, all’interno della terra, conduce alla superficie, ovvero alla luce di cui si rivestono i fedeli. L’architettura di superficie continua a sviluppare questo concetto, poiché come i fedeli anelano a raggiungere la loro patria celeste, così un sistema di aggrappaggio che si protende verso il cielo esprime questa tensione (Fig.5). La struttura architettonica così sviluppata ha una doppia valenza, che in definitiva mostra le due facce della stessa medaglia, da un lato il desiderio del Cielo, luogo di Dio, e dall’altro il bisogno di trattenere al proprio interno la sacralità che dal cielo discende.
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    • Status Competition works
    • Type Churches
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