Le Bugie Hanno......

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Le bugie hanno…

A un uomo la cui barba stava bruciando, la moglie disse preoccupata: “La tua barba è in fiamme! Sbrigati, fai qualcosa!”.

Ed egli replicò: “Sto già facendo qualcosa! Sto pregando perché piova”.

Anthony De Mello

Nel precedente articolo, abbiamo parlato dell’importanza di avere un sogno, perché se non abbiamo la minima idea di cosa vogliamo fare da grandi, sarà difficile ottenere qualcosa.

“Il pensiero di per sé non produce risultati: solo l’azione produce risultati”, quindi non possiamo sperare che il problema si risolva da solo, se non ci attiviamo a fare qualcosa.

Ho cercato sul vocabolario il significato del verbo sperare. Ebbene, alla parola “sperare” corrisponde la seguente definizione: “Stare con l’animo in desiderosa attesa di un qualche risultato o evento favorevole”. Ciò vuol dire che chi spera non fa altro che aspettare che la situazione cambi, che gli altri cambino idea o atteggiamento, senza pensare di cambiare lui in prima persona, di fare il primo passo.

Risultato? Che cosa pensiamo possa accadere all’uomo dalla barba in fiamme? Nella migliore delle ipotesi può perdere la barba, nella peggiore si può ustionare anche una parte del viso. Probabilmente allora, e solo allora, farà qualcosa. Spesso le persone agiscono solo dopo aver provato una dose molto forte di dolore, prima di cambiare la propria vita. Ciò è dovuto a una strana e rischiosa “malattia”: la “rimandite”. Questa è uno dei mali più diffusi sul pianeta terra.

Il grande Totò, in una delle sue celebri scene comiche, dice: “Il coraggio c’è l’ho. È la paura che mi frega!”.

La paura del fallimento, della delusione, del rifiuto, della critica, ecc. È la paura che ci fa procrastinare l’agire. A dare man forte alla paura accorre sempre l’insicurezza e il gioco è fatto, perché sono proprio loro a metterci nella condizione del “via da” e farci fuggire a gambe levate da tutte le situazioni che possono procurarci disaggio e dolore emotivo.

Il disaggio e il dolore emotivo creano stress e pressione, che nella maggior parte dei casi curiamo con attività “perdi tempo” come chiacchierare al telefono, via mail o su facebook piuttosto che fare ciò che sarebbe davvero importante. La rimandite di solito la troviamo in compagnia della “scusite” (termine affrontato in articoli precedenti).

Certo, troveremo comunque il modo per rendercelo accettabile e in questo caso la società ci aiuterà, dandoci inevitabilmente ragione e addirittura considerandoci persone sagge, riflessive e di buon senso, quando diremo parole del tipo: “Sulle cose importanti non bisogna avere fretta”.

Insomma, trovandoci delle giuste scuse, saremo anche in grado di trasformare magicamente la nostra codardia in assennatezza e ci sentiremo persone responsabili e giudiziose. Ai bambini insegniamo che “le bugie hanno le gambe corte” e che mentire è “peccato”. Però, allo stesso modo, siamo abituati a pensare che mentire ogni tanto a qualcuno, per evitargli un dolore, si possa fare; e in tal caso non è più dire menzogne, ma è raccontare una bugia a fin di bene. Quindi, giacché mentire a noi stessi, serve a evitarci dolore, possiamo farlo. È accettabile. Peccato che il particolare che in questo caso ci sfugge è che… non è per niente a fin di bene!

Mentire a se stessi è una delle abitudini più deleterie per la nostra auto immagine e riesce poco per volta a corrodere profondamente la fiducia in noi stessi. D’altra parte potremmo mai fidarci di chi non ha il coraggio di dirci come stanno veramente le cose?

Vediamo insieme alcune tipologie di menzogne che diciamo a noi stessi, ognuno con il suo tornaconto psicologico:

“Sono fatto così”. Questa affermazione della nostra identità soddisfa due bisogni fondamentali: sicurezza e importanza. Il messaggio tra le righe è: “Sono fatto così, lo so (ne sono certo) e non ho intenzione di cambiare” (nuovamente certezza in chi sono e in chi sarò, oltre a un senso di unicità, di importanza).

“Non è colpa mia”. Questa convinzione ci agevola lo scarico delle responsabilità all’esterno. Possiamo lamentarci fino a diventare una vittima: il povero innocente, oppresso dalle circostanze contrarie, che punta il dito contro tutti quelli che lo avversano ingiustamente. Giustificandoci in questo modo riusciamo addirittura a trasformare le nostre fughe in “atti eroici”, venendone fuori addirittura con la sensazione di essere i veri vincitori morali.

“Dopotutto a me non importa”. E questa è la scusa della volpe affamata di Esopo, che non arrivava ai grappoli dell’uva e diceva che fosse robaccia acerba.

In questo caso il senso del nostro valore viene salvato togliendo importanza a quello che era, fino a poco tempo prima, il nostro oggetto del desiderio. Sentendoci particolarmente saggi ed equilibrati perché abbiamo scelto di non disperdere inutilmente energie per qualcosa di misero valore e, perché no, provare anche un piacevole senso di superiorità nei confronti di tutti quelli, poverini, che non si rendono conto di quanto poco valore abbia l’uva…

È indubbiamente straordinaria la nostra capacità di usare il raziocinio per trovarci le più scaltre e astute motivazioni logiche per ottenere il risultato che il nostro cervello, come abbiamo già detto più volte, costantemente persegue; ossia evitare il dolore. Ma il più delle volte, però, è solo un’illusione.“Ciò che ci toglie dal dolore nell’immediato, spesso ci può creare una quantità di dolore più grande in tempi più lunghi” e questo accade quasi sempre, quando mentiamo a noi stessi. La realtà, prima o poi, ci tocca affrontarla.

Per ironia della sorte questo meccanismo di difesa, che mettiamo in atto con la finalità unica di proteggerci, alla lunga ci impedisce di crescere e, di conseguenza, ci mantiene deboli e in balia delle circostanze.

L’unica vera protezione nella vita è la nostra crescita personale.

Giovanni Matera

Per consultare altri miei articoli:

www.giovannimatera.it                                        

Ispirato da: “ incasinati+felici” di Roberto re, Hrd traing goup

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