Motovelodromo "Fausto Coppi", Torino

by Antonio Cunazza
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Sulla riva destra del fiume Po, in corso Casale 144, dove la collina di Torino inizia a portare verso Pino Torinese e Pecetto, sorge il Motovelodromo “Fausto Coppi”.

Inaugurato nel maggio del 1920 con una capienza intorno ai 7.500 posti, e intitolato al grande ciclista italiano nel 1990 (nel trentennale della morte), il Motovelodromo è attualmente la struttura sportiva più vecchia fra quelle ancora esistenti in Piemonte (supera di appena un anno lo Stadio Natale Palli, del Casale Calcio, inaugurato nel 1921).

A Torino, poi, è anche l’unica architettura sportiva superstite di un’epoca, i primi trent’anni del Novecento, che diede alla città una serie di stadi storici ormai scomparsi: il Velodromo Umberto I (1895-1910), antesignano del Motovelodromo, in cui si disputarono anche partite del primo campionato di calcio italiano; e ancora, lo Stadium (1911-1946), eccezionale ma troppo ardita visione di un periodo in cui lo sport era manifesto istituzionale e viceversa; e lo Stadio Filadelfia (1926-1998), lo storico impianto del Torino Calcio, ricostruito fra il 2016 e il 2017, del quale rimangono intatte solo due porzioni delle curve.

Il Motovelodromo viene costruito su progetto dell’architetto Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana (Torino, 5 luglio 1880 – Torino, 12 marzo 1948), che già si era distinto per lo splendido progetto dello Stadium. Esponente del “liberty” torinese, mise la firma su celebri esempi residenziali dell’epoca, come la palazzina di via Vespucci 39 ang. via Cassini (1909) e la casa Bellia in corso Fiume 11 ang. via Cosseria (1912).

Inoltre, successivamente alla costruzione del Motovelodromo, nel 1929 Ballatore di Rosana si rese protagonista del progetto delle Torri Rivella (all’imbocco di Corso Regio Parco), in uno stile ormai tardo eclettico, e degli obelischi posti all’ingresso dello Stadio Filadelfia, ancora in stile liberty, dei quali oggi ne resta uno solo, annesso all’edificio della biglietteria.

 

 

Architettura

Il Motovelodromo si presenta al visitatore con l’ingresso monumentale a tre fornici, isolato rispetto allo stadio vero e proprio. Qui si legge uno stile eclettico piuttosto semplificato, dove tratti di neoclassicismo si ritrovano nei tre archi a tutto sesto e nelle loro cornici (un blando richiamo allo stile dorico).

L'intradosso dell'arco centrale è caratterizzato da una decorazione a cassettoni, che riporta al classicismo ma anche all'epoca rinascimentale e poi barocca. L'arco centrale termina in alto simulando la struttura di una torre di richiamo medioevale, sottolineata dalla presenza di archetti pensili sotto il cornicione (v. beccatelli).

Arrivati allo stadio vero e proprio, l’aspetto piuttosto semplice delle aperture e dell’organizzazione dei pieni/vuoti è l’evidenza migliore di come, al di là dello stile più in voga all’epoca, l’architettura sportiva di inizio Novecento rispondesse soprattutto a caratteri di funzionalità.

La disposizione degli elementi a vista è scelta principalmente in base alla necessità strutturale e funzionale (scansione delle aperture, pilastri principali di sostegno, rampe di scale, ecc). Solo successivamente questi elementi vengono addolciti da eventuali abbellimenti tipici dell’epoca: le ringhiere e le grate delle finestre presentano un motivo geometrico ricorrente (identiche, per esempio, a quelle laterali della tribuna dello Stadio Silvio Piola di Vercelli, 1932). E ancora, l’elemento verticale di sostegno del pianerottolo a sbalzo, nelle scale d’accesso alle gradinate, è addolcito da una doppia modanatura (a gola rovescia e a gola dritta, in sequenza).

In corrispondenza della parte centrale di una delle curve, un tunnel scivola verso il basso e risale all’interno dello stadio, portando sul campo da gioco.

L'anello della pista del Motovelodromo è lungo 393 metri, con una larghezza di 8 m. La pendenza massima raggiunta in curva è del 70% (circa 35°). Non è inusuale che la pista abbia dimensioni così grandi: infatti, l'epoca di costruzione ha in questo un ruolo fondamentale. Nonostante Benito Mussolini non fosse particolarmente interessato al ciclismo, la gran parte dei velodromi italiani viene costruita proprio fra gli anni '20 e gli anni '30 del Novecento.

Spesso inseriti in una struttura sportiva polifunzionale, vengono realizzati con dimensioni maggiori rispetto a quelli tradizionali. L’ovale della pista abbraccia il campo da gioco al centro, che ha dimensioni regolamentari per calcio e rugby – e si prevede possa ospitare anche le discipline ginniche, oltre a parate istituzionali – ed ecco che le dimensioni totali dell’anello aumentano fino ai 333,33 m, quando non addirittura 390-400 m.

Queste misure rimangono comuni a livello mondiale fino alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Da quel momento l’UCI (Unione Ciclistica Internazionale) stabilisce la misura standard in 250 m – ma permette comunque il futuro svolgimento di corse ufficiali anche su piste più lunghe, nonché la deroga per le piste storiche.

Anche in Francia, per esempio, si ricordano storici velodromi con una vita parallela calcistica o rugbistica, come Bordeaux (Parc Lescure), Lione (Gerland), Marsiglia (Vélodrome) e Parigi (Parc des Princes nella sua prima versione). Esempi attuali di velodromi ancora esistenti in Italia, con il campo da gioco tutt’ora utilizzato per il calcio, sono ad esempio a Busto Garolfo e Varese.

Sport (e non solo) al Motovelodromo

Il Motovelodromo è stato punto d'arrivo di molte corse a tappe del ciclismo italiano, tra cui la Milano-Torino, fino agli anni '90 (nel 1999 si ricorda l'edizione in cui avvenne l'incidente che coinvolse Marco Pantani, lungo la discesa del Pino).

Il Torino Calcio disputò qui:

- il campionato 1925/26: in squadra giocavano Adolfo Baloncieri (ex Alessandria e terzo miglior attaccante italiano di sempre secondo Gianni Brera, dopo Giuseppe Meazza e Valentino Mazzola – a lui è intitolata la Curva Sud dello Stadio Moccagatta di Alessandria) e Julio Libonatti (attualmente secondo marcatore di sempre dei granata con 157 gol, dietro a Paolo Pulici con 172),

- il campionato 1943-44: ultima partita giocata qui dal Torino, derby Toro-Juve 3-3 (gol di V. Mazzola e Piola).

L'Italia giocò al Motovelodromo un’amichevole contro la Cecoslovacchia, domenica 26 febbraio 1922, risultato finale 1-1. Dodici anni dopo questa sarà la stessa partita che varrà la finale della Coppa del Mondo 1934, disputata allo stadio PNF di Roma, con vittoria azzurra 2-1.

Il 7 luglio 1980 si svolge il concerto dei Roxy Music, band inglese esponente del glam-rock, attiva dal 1970 al 1983 e considerata come influente del new-romantic e del synth pop anni '80. I Roxy Music, e il leader Bryan Ferry, fecero tappa a Torino nell’ambito del tour europeo per la promozione dell’album “Flesh+Blood”, uscito all’inizio di quell’anno.

L’inizio del concerto, previsto per le ore 21, fu posticipato fino alle 23, per problemi organizzativi e logistici nell’area del palco. Secondo l’articolo de “La Stampa Sera” dell’8 luglio, 4.000 persone accorsero al concerto, che rimane un unicum nella storia del Motovelodromo. Secondo altre fonti gli appassionati della band furono anche 6.000.

Curiosamente, la data di Torino, secondo il programma ufficiale del tour, sarebbe dovuta essere l’11 luglio (al Palasport), mentre il 7 i Roxy Music avrebbero dovuto suonare a Milano. Tutt’oggi non si conoscono le ragioni del cambio di date.

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Dagli anni ‘90 in poi, il declino della struttura è stato segnato soprattutto da costi di gestione e manutenzione troppo alti e da un conseguente disinteresse delle amministrazioni. Fino al 2015 sul campo da gioco si è svolta la fiera “Mercanti per un giorno”.

Dal 2016 è in corso un patto di collaborazione tra la Città e il raggruppamento di associazioni sportive “Pezzi di Motovelodromo”, per l’uso temporaneo del velodromo per attività sportive, pur con i limiti strutturali attuali.

A maggio 2018 il Comune ha pubblicato un avviso esplorativo per acquisizione di manifestazione d’interesse per un’assegnazione duratura della struttura, che ne preveda il recupero e la destinazione a prevalente attività sportiva. Ad oggi si è in attesa di conoscere gli esiti di questa procedura, con la speranza che si possa parlare di vera rinascita.

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