Interventi di miglioramento sismico su complesso residenziale in cemento armato. | Gabriele De Simone

Un delicato intervento di verifica, analisi strutturale e progetto di riparazione su corpi di fabbrica investiti dal sisma dell'Aquila nel 2009. Pianola / Italy / 2010

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La riparazione con miglioramento sismico di edifici esistenti in cemento armato colpiti da un sisma violento è un settore dell’edilizia che, in Italia, ha avuto uno sviluppo solo negli ultimi anni a causa di due principali motivazioni. La prima, meno evidente, riguarda essenzialmente le peculiarità dei terremoti catastrofici occorsi nel nostro paese, che hanno riguardato in larga parte il patrimonio edilizio in muratura e solo marginalmente le strutture in cemento armato (vedi in particolare i casi del Friuli e dell’Irpinia). La seconda, più marcata, è dovuta al cambio epocale della normativa antisismica avvenuta nel 2009 contestualmente all’entrata in vigore del D.M. 14 gennaio 2008 (norme tecniche per le costruzioni). La conseguenza di ciò ha comportato, a fronte di un’ampia bibliografia, soprattutto internazionale, una sostanziale carenza di applicazioni pratiche di interventi riguardanti il miglioramento sismico degli edifici esistenti in cemento armato seguenti una progettazione con criteri moderni. Il caso in argomento è emblematico in ordine al corretto percorso di progettazione e realizzazione da seguire quando si affronta una problematica complessa quale l’intervento su costruzioni esistenti, i cui punti critici risiedono nel dover perseguire un risultato eccellente in tema di sicurezza sismica, unito alla necessità di rispettare gli spazi e l’architettura presenti, evitando soluzioni troppo costose o troppo invasive. Il complesso residenziale Le Ville è costituito da due edifici gemelli con spazi comuni reciprocamente funzionali, destinati alla residenza. La qualità architettonica e lo sfruttamento meticoloso delle superfici immobiliari costituiscono un aggravante di non semplice soluzione all’esigenza di dover intervenire direttamente sulla struttura portante, realizzata questa con un telaio di cemento armato ordinario. Il terremoto del 6 aprile 2009 ha investito gli edifici con effetti importanti sugli elementi secondari, lasciando tuttavia sostanzialmente illeso il corpo strutturale, la cui risposta è stata ottima in tema di salvaguardia della vita, mediocre invece dal punto di vista degli spostamenti dinamici. I quadri fessurativi più gravi infatti portano localmente alcuni elementi a condizioni di scarsissima resistenza residua ad azioni orizzontali. Questa condizione, pur se non pregiudizievole per la portanza della struttura, si potrebbe rilevare invece sostanzialmente compromettente ai fini dell’incolumità in caso di sollecitazioni diverse dalla gravità pura. Il panorama delle tipologie di intervento potenzialmente applicabili, sia per la riparazione del danno, sia, soprattutto, quale miglioramento della capacità sismica degli edifici, è molteplice e spazia dalle soluzioni classiche alle più innovative (talvolta sperimentali). Pur tuttavia, non esiste affatto la soluzione ideale, bensì è imprescindibile, prima di poter stilare qualsiasi ipotesi di intervento, affrontare la questione più importante del processo, ovvero l’analisi strutturale. È quest’ultimo l’aspetto più delicato, anche in virtù delle già citate introduzioni normative in tema di antisismica poiché l’analisi accurata e meticolosa del comportamento strutturale dell’esistente fornisce le informazioni più importanti per impostare correttamente il progetto di miglioramento. Nel caso specifico, alla luce del consistente danneggiamento riscontrato (sebbene riconducibile per gran parte ad elementi non portanti), oltre alla presenza di indicatori di vulnerabilità legati alla regolarità strutturale, si è ritenuto di dover eseguire una verifica sismica globale. A tal proposito si è impostata una analisi secondo le modalità del capitolo 8 del Decreto Ministero Infrastrutture Trasporti 14 gennaio 2008 (G. U. 4 febbraio 2008, n. 29 – Suppl.Ord recante le nuove norme tecniche per le costruzioni. Ai fini del calcolo si utilizza il solutore agli elementi finiti Pro_Sap prodotto dalla società 2Si. La scelta di tale codice è motivata dall’elevata affidabilità dimostrata e dall’ampia documentazione a disposizione, dalla quale risulta la sostanziale uniformità dei risultati ottenuti su strutture standard con i risultati internazionalmente accettati ed utilizzati come riferimento. Vista la costruzione molto recente dell’edificio, l’analisi storica è stata di fatto piuttosto semplice ed ha consentito di giungere ad una caratterizzazione molto accurata sia per quanto riguarda la geometria, sia per la caratterizzazione dei materiali e dei particolari costruttivi. Si sono avuti a disposizione i disegni progettuali e lo schema di calcolo originale, da cui si è potuto attingere con sufficiente precisione tutti i dati necessari a costruire il modello strutturale da adottare nelle verifiche. Tutto il procedimento è stato supportato dal costruttore dell’opera, con testimonianze dirette sulla realizzazione. Si è potuto addirittura far riferimento ad un’ampia documentazione fotografica delle fasi costruttive del cantiere, illustrante i vari particolari e gli accorgimenti adottati nella posa delle armature e nell’esecuzione dei getti. Al fine di supportare il discorso, si è comunque predisposta una limitata campagna di indagini in situ, volte principalmente a confermare le ipotesi già avanzate. Il livello di conoscenza strutturale dell’edificio è pertanto impostato con coefficiente Fc=1. Come descritto in premessa, non esistono esaustive casistiche in Italia di applicazione dei criteri del D.M. 2008 al miglioramento sismico di edifici esistenti in cemento armato. Per tale ragione, anche per fini didattici, si è preferita l’applicazione informale di tutti i metodi di analisi consigliati dalla normativa, al fine di valutare quale tipologia possa meglio rappresentare la fattispecie. Si è quindi proceduto ad effettuare un’analisi statica lineare (sia con spettro elastico che con fattore di struttura), un’analisi modale (sia con spettro elastico che con fattore di struttura), e infine, un’analisi statica non lineare. Dai risultati ottenuti, emerge una sostanziale prevalenza di efficacia dell’analisi dinamica, in ragione soprattutto dell’importanza (nel caso in esame) dei modi di vibrare con periodo inferiore. Si rilevano infatti periodi propri di vibrazione relativamente alti, ovvero 0,67 secondi per il primo modo, con forme modali tutt’altro che regolari. Nei primi tre modi infatti, coinsistono insieme traslazioni e rotazioni. Questa circostanza ha fatto quindi escludere l’ipotesi di scegliere come metodo finale una analisi statica equivalente. Per quel che riguarda l’applicazione di una analisi statica non lineare, potrebbe essere estremamente vantaggiosa la conoscenza accurata della struttura prima descritta, sia dal punto di vista delle classi di resistenza che per la disposizione delle armature. Queste informazioni favorirebbero senz’altro uno degli aspetti più delicati della pushover ossia la definizione delle leggi costitutive ai vincoli locali. Da una simulazione realmente effettuata, si sono però ottenuti risultati solo parzialmente verosimili. In particolare, i dati ottenuti degli spostamenti in sommità risultano in disaccordo rispetto a quelli ottenuti in analisi lineare modale. Questo aspetto è probabilmente da ricondurre all’approssimazione, troppo spregiudicata nel caso in esame, di prendere in considerazione solo il primo modo, in una condizione in cui l’infelice distribuzione delle masse non è trascurabile. Ufficialmente, si è presa quindi in considerazione l’analisi dinamica modale. Resta da valutare il criterio di verifica, in particolare se riferirsi, per le verifiche dei singoli elementi, allo spettro elastico oppure allo spettro di progetto. In effetti, i criteri di accettazione per l’utilizzo dello spettro elastico definiti al punto C8.7.2.4 della Circolare, sono applicabili alla struttura in esame. Tuttavia, l’analisi con fattore di struttura è stata infine giudicata più appropriata per tenere conto delle capacità di spostamento in campo plastico e alla sovra resistenza dell’edificio rispetto alla prima plasticizzazione. Tali caratteristiche sono indubbiamente presenti nell’edificio, anche in considerazione della progettazione recente avvenuta con criteri antisismici (D.M. 1996). Per la scelta del fattore di struttura, in fase di verifica dello stato di fatto si è preferito essere prudenziali, soprattutto in ragione della irregolarità della struttura, del tasso di lavoro dei materiali sotto i carichi gravitazionali, della assenza di accorgimenti costruttivi locali volti ad aumentare la duttilità (assenza di staffe nei nodi delle pilastrate), dalla mancata presenza di valutazioni specifiche di capacity design. Il fattore di struttura si è così posto a 1,5 sia per la verifica di elementi duttili che fragili. La modellazione con codice Pro_Sap di 2Si è avvenuta con metodo agli elementi finiti, definendo la soluzione del problema con un sistema di equazioni algebriche lineari i cui termini noti sono costituiti dai carichi agenti sulla struttura opportunamente concentrati ai nodi. Dagli spostamenti ottenuti con la risoluzione del sistema vengono quindi dedotte le sollecitazioni e le tensioni di ogni elemento, riferite generalmente ad una terna locale all’elemento stesso. A causa della presenza di un piano completamente interrato, si è posto il quesito di introdurre o meno tale livello nel modello strutturale. Il problema principale è quello di introdurre due zone a rigidezza fortemente difforme, col rischio di falsare i risultati dell’analisi dinamica. A questo problema corre in aiuto la possibilità di visualizzare i danni riscontrati per il sisma. Si può ipotizzare, con ragionevole approssimazione, che gli spostamenti dell’interrato sono stati fortemente limitati rispetto all’elevazione. Il piano interrato è restato così solidale col terreno, confermando che in una modellazione strutturale dinamica, la massa di tale livello non partecipa attivamente. Pertanto si è optato per sostituire, nell’analisi sismica, la parte interrata con vincoli opportuni, per poi realizzare un modello a parte per la verifica della sola sottostruttura.Dall’ dei casi di carichi dinamici, si riscontra una sostanziale uniformità nei valori delle masse di piano ed una effettiva corrispondenza nella posizione del centro delle stesse masse con il centro delle rigidezze per ogni livello. Le risultanze di analisi modale in tre dimensioni, come già accennato, riportano invece forme non regolari. Questa discrepanza potrebbe sembrare in contraddizione con l’accertata corrispondenza dei centri di massa e rigidezza a livello di impalcato. Niente affatto. Questo aspetto sintetizza l’importanza di una analisi dinamica in tre dimensioni: il controllo di regolarità strutturale per impalcato non è sufficiente, poiché vengono trascurati gli effetti degli elementi tra livelli. Le criticità sulle forme modali riflettono la situazione rilevata in ordine al danno subito. In particolare, contrariamente a situazioni tipiche, risulta molto flessibile la parte dell’edificio corrispondente al vano scala. In questo edificio infatti, se consideriamo la direzione X (rispetto al modello), esiste un collegamento di piano in corrispondenza dei pianerottoli affidato a travi a spessore di dimensioni 50×20, tra l’altro caricate con mensole ad incastro. Il contributo di rigidezza delle travi a ginocchio è praticamente nullo, in quanto tessute nella direzione opposta. Di questo aspetto se ne terrà ovviamente conto in modo sostanziale nella redazione del progetto di miglioramento che verrà avanti illustrato. Dopo queste considerazioni si è passati alla fase di verifica sugli elementi. Per l’esecuzione delle verifiche, è stata dapprima applicata una serie di combinazioni non sismiche, per valutare soprattutto il tasso di lavoro ai carichi verticali e lo sfruttamento reale delle armature. I pilastri si dimostrano abbastanza “scarichi” sotto i carichi verticali, mentre per le travi ci sono tassi di lavoro molto alti, soprattutto in corrispondenza delle mensole. Questa circostanza è probabilmente dovuta dall’aver applicato i carichi reali sui solai, nonché alle luci degli stessi abbastanza elevate. Le verifiche in condizioni sismiche vengono condotte, secondi i criteri del paragrafo C8.7.2.4 della Circolare, utilizzando lo spettro di progetto, ottenuto dallo spettro elastico scalato per il fattore di struttura q, fissato a 1.5. Il primo problema che si è posto è nella definizione di elementi fragili e duttili, supponendo che l’indicazione normativa si riferisca non alla tipologia di elemento ma alla crisi che subisce allo stato limite considerato. Ogni verifica viene quindi eseguita indifferentemente sia per travi che per pilastri e, poiché stiamo applicando lo spettro di progetto, tutti gli elementi strutturali dovranno soddisfare la condizione che la sollecitazione indotta dall’azione sismica di progetto sia inferiore o uguale alla corrispondente resistenza. Al fine di valutare la capacità reale dell’edificio, ossia determinare quale siano le accelerazioni che portino rispettivamente alla prima crisi fragile e alla prima crisi duttile, si è impostato un procedimento iterativo, consistente nel variare il moltiplicatore delle azioni sismiche utilizzato per creare le combinazioni di carico SLV. Utilizzando uno step pari a 0,01, si è provveduto ad aumentare il coefficiente partendo da zero fino ad ottenere la prima crisi fragile e la prima crisi duttile. Il valore del moltiplicatore trovato corrisponde all’indicatore di rischio, ossia il grado di adeguamento sismico dell’edificio. Per ottenere la capacità dell’edifico, basta infine moltiplicare l’indicatore di rischio per la PGA di progetto, ottenendo la cosiddetta PGACLV, ossia il picco di accelerazione orizzontale del terreno che può essere sostenuto dall’edificio nelle condizioni in cui si trova rispettando lo stato limite di salvaguardia della vita. L’indicatore di rischio per gli elementi duttili è pari 0,15, mentre quello per gli ementi fragili, ivi inclusi i nodi delle pilastrate, è pari a 0,11. La percentuale di adeguamento della struttura, calcolata mediante spettro di progetto, è così pari all’11%. La verifica dei nodi, effettuata solo in assenza di confinamento, viene effettuata secondo i criteri del paragrafo C8.7.2.5. A questo punto si è in grado di formulare un’ipotesi attendibile e ragionata sull’approccio da seguire per il miglioramento sismico. A giudicare dai risultati ottenuti nella complessa analisi strutturale dello stato di fatto, la progettazione dovrà puntare a interventi che soddisfino le seguenti esigenze: riequilibrare la risposta dinamica della struttura con lo scopo di regolarizzare completamente i primi tre modi, mediante l’inserimento di elementi irrigidenti in zone opportunamente scelte; inserire opportuni accorgimenti per limitare il problema riscontrato di debolezza flessionale di alcune travi; inserire infine, qualora ve ne fosse bisogno, rinforzi locali agli elementi secondari. Dopo ampie valutazioni, sia di natura strutturale, ma anche in relazione all’invasività degli interventi dal punto di vista architettonico e impiantistico, si è proceduto dapprima all’individuazione del tipo di irrigidimento da adottare. Nel caso di controventature in acciaio, si sarebbe risolto solo il problema dinamico, mentre la capacità locale degli elementi, soprattutto i nodi, sarebbe rimasta critica per accelerazioni alte. Da non sottovalutare anche un altro aspetto importantissimo. Il periodo proprio della struttura attuale è relativamente alto (0,67 secondi); irrigidendo la struttura con semplici controventi farebbe scendere il periodo aumentando l’accelerazione spettrale corrispondente. Gli elementi resistenti si potrebbero quindi trovare più sollecitati per via di una intercetta più bassa sulle ascisse dello spettro sismico di risposta. La seconda ipotesi riguarda l’intervento sui singoli elementi (incamiciature o ringrossi), ma in questo caso si avrebbero notevolissime difficoltà in relazione all’invasività del lavoro. Il fabbricato infatti ha uno sfruttamento in termini di superficie utile molto alto (unità immobiliari di piccolo taglio), con conseguente densità degli apparati tecnologici. Non ultimo, va considerato che il sistema radiante per il riscaldamento è di tipo a pavimento. Intervenendo con ringrossi e incamiciature si necessiterebbe uno smantellamento, oltre che dell’apparato di tamponamento e tramezzamento, anche di buona parte dell’impiantistica, con conseguente lievitazione incontrollata dei costi. Si è così deciso di optare per l’inserimento di setti in cemento armato, da posizionare il più possibile verso zone periferiche per toccare solo parzialmente l’impiantistica esistente. L’intervento con pareti avrà poi benefici enormi anche in ragione dell’aumento di capacità portante verticale e dell’accorciamento delle luci di inflessione di alcune travi. Analoghi benefici si avranno sui nodi. Resteranno da verificare la presenza di ulteriori carenze locali anche dopo l’inserimento delle pareti che verranno eventualmente colmate esclusivamente con rinforzi a fibra per non variare il comportamento dinamico ottenuto. Si è proceduto quindi alla ripetizione dell’analisi strutturale globale per lo stato di progetto. Dall’analisi dei casi di carichi dinamici, si riscontra una ancor più marcata coincidenza nella posizione del baricentro rispetto al centro delle rigidezze per ogni livello. Ovviamente tale risultato è frutto di un pignolo dimensionamento dei setti sismici, sia nella posizione, sia nello spessore, sia nello sviluppo longitudinale. Un risultato importante è l’elevazione del braccio torsionale, riducendo così la deformabilità a torsione. Un risultato ancora più importante si è ottenuto nel completo ed efficace disaccoppiamento delle forme modali, stavolta prevalentemente coincidenti, per i primi tre modi, a due traslazioni ed una rotazione. Come ci si aspettava, il periodo proprio del primo modo è stato notevolmente ridotto (0,36 secondi). Prima di procedere alle verifiche, si è ritenuto opportuno elevare il fattore di struttura da considerare per l’edificio migliorato. Se per lo stato di fatto si è scelto infatti un q molto cautelativo, nel miglioramento si può tranquillamente innalzarlo per una duplice ragione. In primis, l’apporto di nuovi elementi resistenti al carico verticale, con consequenziale riduzione dei tassi di lavoro di quelli esistenti; in secondo luogo, il ripristino della regolarità massa-rigidezza e il disaccoppiamento delle forme modali. L’indicatore di rischio per gli elementi duttili è pari 1,1, mentre quello per gli elementi fragili, ivi inclusi i nodi delle pilastrate, è pari a 0,75. La percentuale di adeguamento della struttura, calcolata mediante spettro di progetto, è così pari al 75%. La carenza dell’edificio così migliorato è ascrivibile a questioni locali riguardanti i nodi. Come riscontro interessante, si è “provata” la struttura imponendo accelerazioni da sisma molto alte. Per pura accademia (e divertimento) si è ad esempio imposto uno scuotimento pari alla massima accelerazione registrata presso la centrale nucleare di Fukushima durante il terremoto giapponese dell’11 marzo 2011, ottenendo verificati la totalità dei pilastri e quasi tutte le travate. Per quanto riguarda gli elementi secondari, c’è da osservare che l’aumento di rigidezza globale degli edifici è davvero notevole per cui, in caso di nuovo sisma la protezione al danno è aumentata esponenzialmente. Pur tuttavia, non si è tralasciata la previsione progettuale di sistemi di protezione quali stesa diffusa di reti e impiego di antiribaltamenti a copertura dei collassi fragili e dei cinematismi a carico di tamponature e tramezzi per terremoti particolarmente severi. L’andamento dei lavori, vero campo di prova della bontà dell’intervento, ha comportato sin da subito una serie di criticità particolari per il tipo di intervento da svolgere. Una delle difficoltà maggiori è derivata dalla scelta di evitare il più possibile le manomissioni all’esistente, in particolare agli impianti. Un’altra difficoltà importante è emersa nelle fasi di connessione delle armature dei nuovi setti al telaio esistente, operazione da svolgersi con particolare delicatezza per il rischio di danneggiare i tondini esistenti durante le fasi di inghisaggio. Altra criticità notevole si è riscontrata durante le fasi di getto per l’oggettiva impossibilità di vibrare ad immersione. Complice la presenza di un impresa appaltatrice dall’altissima qualificazione specialistica e dotata di un know how decisionale estremamente efficace, si è potuto fronteggiare ogni aspetto critico, ponendo soluzioni efficaci in ogni fase del cantiere, come per esempio l’impiego di miscele auto compattanti per estinguere le probabilità di getti imperfetti. Il risultato finale, sia in termini di qualità del lavoro, che in tempistiche, è eccellente, anticipando addirittura il crono programma di previsione e riuscendo a portare a termine un intervento strutturale pesante salvaguardando finanche elementi delicati come le pavimentazioni interne.
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    Project details
    • Year 2010
    • Work started in 2010
    • Work finished in 2010
    • Main structure Reinforced concrete
    • Client Condominio Le Ville
    • Contractor Gaia srl - Impresa Cipriani L'Aquila
    • Status Completed works
    • Type Apartments / Structural Consolidation / Refurbishment of apartments / Building Recovery and Renewal
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