Riqualificazione di piazza Libertà

sistemazione superficiale Avellino / Italy / 2013

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Premessa Il principio che informa la presente idea progettuale è senza dubbio connesso, interrelato fortemente, con la convinzione che la piazza sia il luogo focale, il fulcro della civitas, con tutte le implicazioni, le qualificazioni e le attitudini a ciò connesse. La piazza in genere, e la piazza Libertà di Avellino in ispecie, non può, pertanto, essere né un vuoto urbano, né tampoco un elemento che scaturisce da una serie di casuali risultanze o caotiche scomposizioni. In uno, non può nascere come semplice slargo, mutuo allontanamento, delle aree di sedime degli edifici. Peggio, non può ridursi a “isola spartitraffico”. La piazza – discendente diretta della agorà greca, del foro romano – è uno dei poli attrattivi, quando non il principale, di una entità urbana. Essa è il luogo di massima riconoscibilità della città (e, di conseguenza, di riconoscibilità nella città), ciò in special modo – ma non solo – in Italia. Esempi ne siano (sapendo di far torto ad altre città) Vigevano e piazza Ducale; Siena e piazza del Campo; Firenze e piazza della Signoria; Napoli e piazza del Plebiscito; Venezia e piazza San Marco; Trieste e piazza Unità d’Italia; Lecce e piazza Duomo; Roma e le sue innumerevoli piazze. E, perché no, Avellino e piazza Libertà. La piazza è il luogo di aggregazione della comunità (e, in taluni casi, delle comunità) che popola la città, rappresenta l’abbraccio della dimensione pubblica con la dimensione privata, depurando la seconda, aprendola alla comunità e, conseguentemente, alla interrelazione, alla comunicazione. Pertanto tale spazio non può essere considerato in altro modo se non come spazio di condivisione del vissuto, in funzione del presente, in proiezione di ciò che verrà. La condivisione di ciò che è stato scaturisce dall’idea stessa di comunità che si riconosce in un vissuto storico comune. Piazza Libertà (nome già di per se evocativo) detiene un valore centrale nella figurazione storica di Avellino, è un luogo che ha insita la narrazione degli eventi. Forieri, in alcuni casi, di novelle liete, di nefasti avvenimenti in altri. Con tracce visibili tutt’oggi per taluni, custoditi e parte della collettiva memoria, per il resto. Su tutti: i moti del 1820 e il terremoto del 1980. La funzione legata all’oggi è senza dubbio figlia della centralità – per quanto poco valorizzato – del ruolo direzionale per la città e non solo, che il luogo ha. Esempi ne siano la presenza di funzioni direttive quali la Provincia e l’Episcopio. La proiezione verso il domani può e deve essere legata al recupero della centralità sociale, al ricongiungimento in termini fisici e adimensionali alla città. Città intesa come costruito, ma ancor più come insieme di relazioni e aggregazioni socio-funzionali. Città che diviene contenuto e contenitore di “azioni vitali”. Città che deve ricreare il suo rapporto con il genius loci mediante la riacquisizione di ambiti che proiettano la stessa in un nuovo e pur riconosciuto, perché riconoscibile, contesto. Con ricadute positive per la qualità di vita dei residenti, per la dimensione relazionale, sociale, economica, comunitaria. Sulla scorta di queste considerazioni l’idea progettuale ha avuto una sua graduale, ma inesorabile maturazione. L’interconnessione tra passato, presente e futuro ha dettato le linee (visibili e metaforiche) del progetto. Rianimare, nel senso di ridare un’anima al luogo, è stata la stella polare, il solco guida che ha caratterizzato l’idea di progetto. Dare anima, innescando azioni che coinvolgono i sensi – questi principii da cui l’insieme è scaturito – e che si richiamano a gesti consueti dell’essere vivente: il passeggiare, lo stare in armonia con il costruito, con l’elemento naturale. In uno, emozionare, predisporre alla relazione sociale. Contesto Con questi presupposti – consapevoli che la riqualificazione urbana (pur volendo conservare crismi e aspetti dell’approccio filosofico) deve evidenziare i concetti di base con una caratterizzazione fisica, volumetrica, tangibile – i tratti fondamentali del progetto hanno preso vita. In tal senso, si è posto a base del processo ideativo il cardine che la piazza di per se deve essere luogo fulcro, il luogo dove il genius loci, presente, deve perdere i caratteri di latenza, deve essere ben evidenziato al fine di favorire l’identificazione tra luogo e presenza. Elementi questi che hanno avuto traduzione già a partire dalle fasi preliminari, traduzione che ha visto attuazione nella definizione degli assi di progetto, nella scelta dei volumi, delle caratterizzazioni di dettaglio e d’insieme del contesto, nell’utilizzo dei materiali, nell’indirizzo verso tecniche e tecnologie d’intervento. Idea progettuale Tradurre in testo quanto predisposto relativamente all’idea progettuale, cercando di non banalizzare, né, tantomeno, di dare enfasi sbagliata al tutto è l’obiettivo del presente sunto. Preliminarmente alle scelte di natura progettuale si è pensato ad una ipotesi alternativa di circolazione veicolare. Ciò anche per meglio definire il concetto di abbraccio tra piazza e città, considerando una idea di pedonalizzazione spinta che coinvolga quasi per intero l’area. In tal modo acquisisce un senso fisico l’unione, evitando la soluzione di continuità, tra piazza Libertà e corso Vittorio Emanuele. Difatti il traffico motorizzato – fatta eccezione per il passaggio di metropolitana leggera e mezzi di emergenza – tra piazza Garibaldi e via Due Principati viene ipotizzato solo in sotterranea attraverso il previsto tunnel. Il flusso veicolare che da via De Sanctis deve giungere in via Nappi, viene istradato su via Due Principati, con prosecuzione su via Rifugio (e conseguente cambio di senso di marcia rispetto all’attualità), passando da via Ferriera. Ciò consente – come detto – di definire al meglio la mutua vicinanza tra piazza e corso, garantendo una continuità non solo visiva tra questi due inconfutabili emblemi della città. Dando lustro anche alla rappresentazione ottocentesca di Cesare Uva. Viene infatti privilegiato l’asse che funge da congiungente tra corso Vittorio Emanuele e via Nappi. Ciò non solo grazie alla scelta dei materiali che caratterizzano la pavimentazione – creando un continuum con le presistenze – lungo tale congiungente, ma anche perché esso diviene il cardine del dialogo tra i vari elementi compositivi della piazza. Difatti lungo tale direttrice una serie di temi dipanano una narrazione che, partendo dall’urbanistica, abbraccia i concetti di storia, etica, filosofia. In tal senso sono infatti da intendere gli inserimenti di elementi che non solo rappresentano il contorno alla sostanza della piazza, ma sostanziano essi stessi la piazza caratterizzandola lungo l’asse est-ovest. Tra essi i giochi d’acqua, che a sottolineare la presenza dello storico cedro, si richiamano al fiume Eridano e alle sue ninfe. Gli ambiti a verde, che richiamando il giardino delle fronde o delle Esperidi – di cui il cedro è l’emblema – sostanziano la presenza frondosa del sempreverde. La gradonata che su tale asse si affaccia, un modo per ricreare (il richiamo alla memoria condivisa), almeno figurativamente il podio e il portico che caratterizzavano il convento di San Francesco che, fino alla fine degli anni trenta dello scorso secolo, chiudeva la quinta meridionale della piazza. Presenza del convento richiamata anche con il rimando al silentium di francescana regola, mediante l’uso delle pavimentazioni in legno caratterizzanti i percorsi che, tagliando da nord a sud, diventano ambiti di collegamento in tale direzione ed elementi trasversali all’asse principe. In tema di condivisione della memoria, da evidenziare che il basamento in breccia irpina posto alle spalle del podio sarà sormontato da essenze verdi (in modo da realizzare un percorso dei sensi), tipiche del giardino verticale, alternate ad elementi traslucidi che ripropongono immagini, vedute significative della città e, ancor più, della piazza, nel passato.
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    Premessa Il principio che informa la presente idea progettuale è senza dubbio connesso, interrelato fortemente, con la convinzione che la piazza sia il luogo focale, il fulcro della civitas, con tutte le implicazioni, le qualificazioni e le attitudini a ciò connesse. La piazza in genere, e la piazza Libertà di Avellino in ispecie, non può, pertanto, essere né un vuoto urbano, né tampoco un elemento che scaturisce da una serie di casuali risultanze o caotiche scomposizioni. In uno, non può...

    Project details
    • Year 2013
    • Client Comune di Avellino
    • Status Competition works
    • Type Public Squares / Urban Renewal
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