Recupero dell’area dismessa ex Cava dei Cappuccini

Tesi di laurea vincitrice del Premio Archiprix Italia 2008 - sezione Architettura Aversa / Italy / 2007

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Recupero dell’area dismessa ex Cava dei Cappuccini: progetto per un museo espositivo, laboratori di ricerca, alloggi per ricercatori e parco a supporto del polo universitario

Le aree dismesse, ed in particolare le cave, giocano un ruolo fondamentale nella condizione di degrado in cui versano le periferie moderne,creando una costellazione di vuoti urbani di scarsa qualità morfologica e relazionante. Tali non luoghi,in seguito ad opportuni progetti di recupero,possono tuttavia divenire parti integranti e riequilibranti del sistema città. Già da anni in Norvegia l’antropizzazione dell’attività di riqualificazione delle aree di cava viene assunta come principale tipologia di intervento.
La tesi nasce dall’esigenza di indagare modalità alternative di recupero delle cave nel Casertano,disseminate puntualmente lungo l’arco dei Monti Tifatini,spesso anche in prossimità di importanti monumenti o di centri abitati,ed intende provocatoriamente essere un precedente per fronteggiare un così macroscopico danno ambientale e paesaggistico.
Di fatto le recenti proposte di“recupero ambientale”(tra cui l’interessante costituzione di un Parco delle Cave del Tifata)destano piuttosto la preoccupazione lecita che i siti in questione possano rivestire un ruolo nella“soluzione”del problema rifiuti,legittimandosi come vere e proprie discariche a cielo aperto. Sperimentare un approccio architettonico al problema,e quindi attribuire al “vuoto” la stessa pregnanza di significati del“pieno”è il leit motiv della tesi.
L’area in esame,l’ex cava dei Cappuccini,viene scelta come sito sia per la sua emblematica morfologia che per le preesistenze che ospita:lambita dalla città di Caserta su entrambi i fronti di scavo,visibile dai punti più centrali della città,si configura come vero e proprio paesaggio lunare portato alla luce direttamente dal cuore della montagna. Un osservatorio sulla città,dunque,dotato di un innegabile valore paesaggistico e storico-artistico data la presenza del convento e della chiesetta borbonica nonché di uno splendido uliveto secolare. Si opera sul primo dei due fronti di scavo tramite strutture ipogee tese a relazionarlo al secondo,su cui già insiste il progetto per un polo universitario. In primis si sono individuate le fasce di permeabilità dell’area,al fine di creare una fitta rete di relazione tra i sistemi cava-città,attraverso lo studio attento dei percorsi e della loro diversificazione. Il parcheggio a raso posto all’accesso dell’area ne sancisce la chiusura al traffico veicolare,consentendo unicamente lo sviluppo di percorrenze pedonali;i percorsi dei rifornimenti conducono i tir al deposito interno all’area senza mai interferire visivamente ed acusticamente con essa. L’intero scavo è restituito alla città tramite il parco costituito dai 2 elementi:
il giardino di pietra,che rimanda direttamente all’attività estrattiva che ha determinato la conformazione del luogo, attraverso forme dure e taglienti e l’utilizzo di materiali rinvenuti in sito;
il giardino alberato , che, come teorizzato da Gilles Clément in“Il manifesto del terzo paesaggio”, utilizza la vegetazione spontanea per ricostituire l’habitat perduto:lembi di terra si sollevano al centro creando”spalti”per un teatro naturale avente come quinta scenica il bosco mediterraneo di pini.
Sulle grandi pareti di roccia dello scavo si articolano gli aggetti delle architetture ipogee:il museo espositivo, i laboratori di ricerca e gli alloggi per ricercatori.
Il museo gioca il ruolo di principale elemento di liaison: la struttura, articolata su 8800 mq, attraversa longitudinalmente il monte S.Angelo e ricuce i fronti di scavo culminando in 3 affacci rivolti al convento(riadattato a biblioteca),all’adiacente bosco di S.Silvestro e ai Monti Tifatini.
L’ingresso al museo avviene attraverso una fresatura nella parete nord dello scavo da cui,tramite un corridoio di 4x4m,si accede al foyer costituito da un cubo di 30m per lato su cui si affacciano un bookshop,una caffetteria e gli uffici;da qui,tramite un sistema di rampe,si accede al corpo ad Y su cui si aprono le sale espositive.
Dall’area ristoro si accede ad una postazione panoramica sul versante sud della montagna da cui è possibile spaziare con la vista fino al golfo di Napoli.
La sala centrale costituisce il fulcro del museo ed è caratterizzata dall’andamento“tellurico”del suolo che diventa un'unica grande rampa poligonale. La sala riceve luce e ventilazione naturale da un sistema di bucature-comparti portanti che ospitano al loro interno gli ascensori che conducono alla sommità del monte;da qui i sentieri conducono i visitatori alla chiesetta borbonica(riadattata ad osservatorio naturalistico).
La sala nord,come il foyer,è costituita da un cubo di 30m per lato da cui tramite un sistema di rampe si accede alla postazione panoramica orientata verso Caserta Vecchia.
Tramite il comune deposito di servizio,il museo si collega ai laboratori che integrano l’attività di ricerca con quella espositiva e sono completamente permeabili al flusso del pubblico: esternamente si configurano come dei volumi portati alla luce dall’erosione i quali,aprendosi dal fronte di scavo,costituiscono l’accesso alla struttura.
L’edificio si sviluppa su 4100 mq distribuiti su 3 livelli di cui il primo ospita esposizioni temporanee e,attraverso 4 grandi affacci,diventa un osservatorio sul parco.
L’accesso ai livelli inferiori avviene tramite 2 rampe di scale contrapposte:ballatoi integrati a spazi espositivi servono gli ambienti dei laboratori veri e propri.
Collegati al parco e al museo da un sistema di rampe e percorsi,si dispongono i 4 alloggi,ognuno dei quali si articola su 90 mq ed è pensato per ospitare una coppia di ricercatori:tutti gli ambienti affacciano sul versante sud-est della pianura del Casertano.
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