Area Archeologica di Piazza San Nicola a Cocumola

ll caratteristico borgo di Cocumola, frazione del comune di Minervino di Lecce, situato a pochi chilometri da Otranto e da Santa Cesarea Terme, affonda le sue radici in un passato rurale da sempre strettamente connesso con la conformazione e la tipicità del territorio circostante, in cui si coniugano la solidità dell’uliveto e la struttura multiforme del sottosuolo calcareo. Piazza San Nicola è la piazza principale di Cocumola, ha forma triangolare e su di essa si affacciano palazzi settecenteschi e ottocenteschi appartenuti alle famiglie nobili locali, tra i quali il palazzo baronale del '500 della famiglia Pasca. Al centro della piazza si erge la colonna dedicata al santo patrono, San Nicola, costruita nel 1872. I lavori di scavo finalizzati alla riqualificazione di Piazza San Nicola hanno messo in luce sul suo lato meridionale della piazza 14 silo, le “fogge”, scavati nel banco di calcarenite, una sorta di contenitori, magazzini a sezione ovoidale, con una profondità da m 2,70 a m 4, con diametro medio di m 0,60 e con un’imboccatura stretta tale da consentire appena ad un uomo di calarvisi dentro. Infatti Cocumola nel suo nome, derivante dal latino “Cumulus”, che significa raccolta, accumulo, granaio, porta racchiuso il ricordo e la memoria della presenza delle “fogge” che caratterizzavano il centro storico del paese. Le fogge risalirebbero al periodo messapico quando l’antica “Città di Bastum”, l’odierna Vaste, utilizzò i banchi di roccia, particolarmente compatti a Cocumola, per conservare le granaglie e i cereali che servivano sia come provviste per la città, sia per gli scambi commerciali con la vicina Grecia; infatti, da Cocumola passava l’antica via romana (oggi Via delle Padule) che collegava l’entroterra al porto di Otranto. Questi silos, che servivano per conservare grano, orzo e legumi in maniera perfetta durante il periodo invernale, venivano rivestiti con fasci di paglia accostati, chiusi con un pesante monolite cilindrico piatto di pietra bianca e sigillati con sterco di bue impastato con cenere, in modo che l’umidità non vi penetrasse. Alla fine del 1800 se ne contavano circa duecento, con una capienza totale stimata approssimativamente di diecimila quintali di frumento. DESCRIZIONE DEL PROGETTO Il progetto prevede la copertura dei manufatti archeologici per assicurarne la conservazione, la protezione, la valorizzazione nel loro contesto di scavo, e nello stesso tempo per la creazione delle condizioni di fruizione da parte della collettività. Le caratteristiche del progetto puntano sulla snellezza strutturale, la modularità, l’adattabilità e la flessibilità di uso in relazione alle esigenze del sito. Per raggiungere tali obiettivi si impiegherà una copertura non invasiva, con andamento curvo ed avvolgente, realizzata con lastre trasparenti di policarbonato compatto, sorrette da montanti in alluminio con appoggi zavorrati a terra non perturbanti per il sito. Le proprietà del materiale impiegato consentono il riparo dei reperti dagli agenti atmosferici e dal soleggiamento diretto, pur garantendo una condizione di luminosità diffusa e la conseguente buona leggibilità dei reperti stessi. La scelta del policarbonato in luogo del vetro è dettata da ragioni squisitamente tecniche; il minor peso e le maggiori caratteristiche di resistenza meccanica ¬legate alla condizione implicita di rendere le strutture facilmente ed efficacemente movimentabili nelle operazioni di montaggio, smontaggio, trasporto e accatastamento.