Dosa | Francesco Ledda

Museo del parco archeologico fluviale di Sarcapos Villaputzu / Italy / 2011

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Tenendo conto delle richieste espresse nel bando si è pensato di sviluppare una proposta progettuale che consentisse di convertire, senza demolire, le cisterne presenti nel sito nel museo previsto. In questo modo si preserva la continuità storica dell’area di progetto, dove, anche le scelte considerate sbagliate contribuiscono a crearne l’aspetto , il carattere e la storia, in quest’ottica il sistema di accumulo fortemente impattante acquista una sua dignità nella prospettiva del rinnovamento. Mantenere le cisterne consente di limitare le opere da realizzare e quindi i costi di costruzione, infatti essendo dimensionate per resistere al carico del notevole volume d’acqua raccolto in esse , sicuramente potranno essere convertite con le opportune migliorie e integrazioni a parte del sistema portante del nuovo edificio. Una volta maturata la consapevolezza di voler procedere sulla strada della riqualificazione di queste strutture , si è deciso di voler creare nel nuovo edificio un forte legame con l’acqua , al fine di ribadire e sottolineare la continuità seppur nel cambiamento. Il progetto prevede di mantenere le cisterne preesistenti come base di partenza nello sviluppo del nuovo edificio. Le pareti perimetrali delle vasche vengono estruse fino a permettere la realizzazione di una piastra sovrastante che non pregiudichi la fruizione dello spazio sottostante, sopratutto in termini di altezza degli spazi. Nella cisterna bassa trovano spazio gli ambienti dell’amministrazione e della gestione dei reperti , e la sala conferenze, disposti su due livelli. La stradina che attualmente consente l’accesso al sito viene ridisegnata (insieme agli accessi dalla provinciale per Porto Corallo) in modo da garantire all’amministrazione un entrata distinta rispetto a quella dei visitatori. Questi ultimi, dopo aver parcheggiato nell’area parcheggi disegnata sul lato nord-est del colle di santa Maria entrano nell’edificio attraverso una feritoia nella piastra accessibile attraverso uno spazio di sosta che formalmente riprende gli emicicli frontali delle tombe dei giganti, la feritoia è un richiamo agli ingressi dei pozzi sacri, dove attraverso una scalinata si ha la discesa nel sottosuolo, per sottolineare maggiormente le analogie si è deciso di dare particolare risalto al tema dell’acqua, materiale capace di creare suggestioni e particolari giochi di luce e di dare al luogo un aura di sacralità. All’interno delle vasche vengono posizionati degli elementi alti, in cemento armato bianco, che contengono al loro interno il percorso museale nella forma di una rampa continua, questi elementi forano la piastra ed emergono dal terreno. Sono gli unici elementi emergenti, volumi che si stagliano sulla superficie convessa della piastra, che essendo trattata a parco e raccordata alle curve di livello circostanti, costituisce una sorta di ripristino della situazione naturale precedente l’intervento di realizzazione delle vasche. La piastra nasconde sotto di se gli ambienti richiesti nel bando, che si configurano quando possibile come spazi aperti al panorama che circonda l’area. Al termine dello spazio di ingresso una serie di piani via via più bassi accompagnano il visitatore verso uno spiazzo che si affaccia sul fiume, quest’ultimo unito al parco sovrastante costituisce una sorta idi belvedere che servito dallo spazio di ristoro si configura come elemento attrattivo, dal funzionamento parallelo a quello museale, nonché miglioramento di esso. Le sale espositive sono realizzate in forma di paraboloide di rotazione con delle aperture , protette da tronchi di cono forati ed orientati opportunamente, in modo da far si che la luce penetri indiretta per tutto l’anno ad esclusione di momenti particolari e simbolici (solstizi ed equinozi) , quando attraverso queste particolari aperture, si illumina il centro della vasca, dove la presenza dell’acqua unita ad elementi riflettenti creeranno un particolare e suggestivo gioco di luci sulle pareti. Questa particolare geometria è stata scelta a partire dalle suggestioni offerte da monumenti simbolo del contesto sardo quali , nuraghes, tombe dei giganti, pozzi sacri ecc. La forma infatti ricorda sia le sale interne delle strutture a tholos, che quella dei betili , quasi come se questi ultimi ne fossero il calco interno. Anche il numero delle sale, tre , non è casuale. Riprende le triadi betiliche legate simbolicamente alle fasi lunari e ai culti celebrati presso le tombe dei giganti. Il materiale scelto per le strutture è il cemento armato bianco, adatto a creare la struttura autoportante della “piastra giardino” e dell’edificio in generale, compresi i muri di contenimento dei rinfianchi di terra. Il bianco del materiale creerà un contrasto cromatico con il verde del parco e all’interno genererà un ambiente neutro che non interferisce con l’esposizione dei reperti. L’edificio vuole in sostanza essere formalmente un elemento caratteristico e riconoscibile nel contesto, capace di garantire la fruizione e la visione interessante dei reperti in esso custoditi, allo stesso tempo vuole porsi come una sorta di piattaforma dalla quale godere del panorama e infine di essere esso stesso un nuovo elemento attrattivo del paesaggio del comune di Villaputzu e della costa orientale in generale.
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    Tenendo conto delle richieste espresse nel bando si è pensato di sviluppare una proposta progettuale che consentisse di convertire, senza demolire, le cisterne presenti nel sito nel museo previsto. In questo modo si preserva la continuità storica dell’area di progetto, dove, anche le scelte considerate sbagliate contribuiscono a crearne l’aspetto , il carattere e la storia, in quest’ottica il sistema di accumulo fortemente impattante acquista una sua dignità nella prospettiva del rinnovamento....

    Project details
    • Year 2011
    • Main structure Mixed structure
    • Client Comune di Villaputzu
    • Status Competition works
    • Type Museums
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