Colonnato di Piazza Duomo (sec XIX°), Milano | Enrico M. Colosimo

Progetto e Direzione Lavori dell'intervento di pulizia del colonnato Milan / Italy / 2004

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Progetto e Direzione lavori dell'intervento di pulizia del colonnato L'intervento eseguito dalla Società Dekos srl , autorizzato dalla Soprintendenza , ha interessato i manufatti lapidei che costituiscono il colonnato di Piazza Duomo, ed è stato eseguito mediante microsabbiatura di precisione con una miscela di inerti . I supporti sono stati protetti in seguito con prodotto idrorepellente (fluorurato). Cenni storici Nel 1858 con la demolizione dei caseggiati che si trovavano tra il Teatro della Scala e Palazzo Marino iniziava quel processo di ristrutturazione e modificazione del centro che porò al ridisegno di Piazza Duomo . Nel settembre 1863 il Consiglio Comunale approvò il progetto dell’Arch. Mengoni e nel 1867 la Galleria veniva definitivamente ultimata per procedere con i lavori sulla piazza. Il Comune di Milano , acquistata l’area dove sarebbe sorta il Palazzo dei Portici meridionali e le opere già realizzate del Palazzo dei Portici settentrionali, cedette a sua volta tutta l’area ad est della Galleria ai privati perché continuassero a loro spese il palazzo con l’obbligo di seguire il previsto progetto del Mengoni. Terminati i due palazzi nel 1875 con l’arrivo a Milano dell’imperatore di Germania Guglielmo I ,si procedette quindi a demolire l’isolato del Rebecchino, rimasto fino ad allora in mezzo alla piazza , completandone la sua definitiva fisionomia . Il colonnato Le due filiere di colonne che compongono i porticati disposti parallelamente alla piazza , sono costituite dal Granito di Baveno per quanto riguarda i pilastri , coronate da capitelli corinzi in marmo di condoglia. L’intervento riguarda una urgente opera di pulitura delle superfici lapidee imbrattate da scritte vandaliche. I materiali lapidei Il Capitello corinzio Marmo di Candoglia - Caratteristiche Colore rosa bianco o grigio spesso ricca di venature nerastre; grana media, compattezza buona. Roccia metamorfica a composizione calcitica (marmo). Le rocce metamorfiche o metamorfiti sono rocce secondarie, come le sedimentarie, in quanto derivano da pre-esistenti rocce magmatiche, sedimentarie, o già metamorfosate. Rispetto alla temperatura hanno un campo di stabilità intermedio tra le rocce magmatiche e sedimentarie . Esse sono il prodotto del metamorfismo , cioè dell’azione della ricristallizzazione , che avviene lentamente e per lo più allo stato solido, indotta da innalzamenti della sola temperatura , o di temperatura e pressione congiunte. Le rocce metamorfiche , derivando dalle sedimentarie , hanno in genere composizioni mineralogiche simili a quelle delle rocce magmatiche e sedimentarie. Alcune delle caratteristiche tecniche da considerare dei materiali lapidei riguardano il loro comportamento nei confronti del calore e delle sollecitazioni economiche. Va ricordata una proprietà , la durevolezza, che è la resistenza globale che una roccia oppone alle azioni chimico fisiche di deterioramento, sia naturale che indotto dall’uomo. Essa non è esattamente misurabile e quantificabile, ma si deduce da osservazioni dirette su pietre messe in opera in edifici ben datati. Rispetto ai calcari compatti microcristallini i marmi sono traslucidi e quindi di maggiore valore dal punto di vista estetico , ma a causa delle maggiori dimensioni dei cristalli le proprietà tecniche sono mediamente inferiori. Lo stato di conservazione I disegno del capitello è stato realizzato non come un corpo unico ma come la forma di una sagoma applicata alla superficie della colonna. Da rilevare alcuni esempi di ricostruzione con impasti di graniglia e stucco che denotano evidenti segni di ossidazione e decoesione della superficie. Si sono riscontrati in alcuni casi evidenti lacune dovute a distacchi del materiale. Nel marmo di Condoglia , in alcune superfici dei capitelli si è identificato il gesso in profondità dell’ordine di 8-10 cm. Su questi ultimi materiali si constata, in casi del genere, una pronunciata disgregazione intercristallina che porta allo scollamento dei grani di calcite. Se consideriamo ora le superfici ove ancora sussistono croste nere, queste si potranno formare se, oltre ad esistere nell’ambiente che le interessa un inquinamento atmosferico, ci sono condizioni termoigrometriche favorevoli alla formazione di veli liquidi di acqua in condensazione. Quando si ha una condensa su una parete a causa del raffreddamento radiativo della stessa , avviene senz’altro si di essa un meccanismo termoforetico di raccolta delle particelle che vengono catturate dal film acquoso. La velocità della raccolta dipende dalla differenza di temperatura del muro rispetto a quella dell’aria che lo lambisce. Secondo alcuni il particellato atmosferico presente in vicinanza di pareti condensanti o evaporanti acqua subisce un campo di forze in cui le particelle vengono respinte dalle superfici evaporanti , e raccolte da quelle condensanti. In questo caso l’efficienza di collezione è funzione del flusso di vapor acqua condensante o evaporante. In pratica le pietre dei monumenti siti in climi umidi, dopo il tramonto,si raffreddano per l’irraggiamento più rapidamente dell’aria , per cui si verifica un flusso di calore e di aria inquinata ,umida e calda verso la loro superficie esposta che, fungendo da parete fredda, inizia a condensare acqua. In queste condizioni perciò, quando arriva sul velo liquido la SO2 e il particellato ricco di catalizzatori utili per la sua ossidazione, si ha la formazione di acido solforico il quale reagisce immediatamente con il carbonato di calcio per dare gesso. Con l’irradiazione solare , la soluzione salina così formata evapora, il gesso cristallizza e fa presa ( analogamente si comporta quel poco di carbonato di calcio che si è eventualmente sciolto nella condensa),bloccando anche il particellato solido arrivato sulla superficie e dando così luogo allòa formazione di una crosta nera. Un meccanismo di questo tipo si ha anche nel caso di aereosol, acidi per acido solforico, che urtano contro le facciate dei monumenti. Certamente le croste nere si formeranno di preferenza nelle parti più risparmiate e riparate dal dilavamento meteorico, ma esse si potranno formare anche su pareti esposte, resistendo tenacemente o riformandosi continuamente, in corrispondenza di zone d’ombra termica, laddove cioè ci sono pietre che per effetto della loro massa o conducibilità , si mantengono fredde, e si raffreddano di più e più velocemente delle altre pietre circostanti. Così infatti si possono spiegare delle anomalie frequenti nella distribuzione e localizzazione di croste nere sulle facciate dei monumenti, come si è già accennato. Infine , l’acqua piovana sembra anch’essa influire sulla morfologia delle croste formantesi nelle zone adiacenti il dilavamento. Il Colonnato Granito (di Baveno ) - Caratteristiche Colore rosa e bianco con punteggiatura nera; grana media ed uniforme, compattezza notevole. E’ una roccia magmatica. Le rocce magmatiche o primarie o più sinteticamente , magmatici, sono così chiamate in quanto derivano dal raffreddamento di magmi e perché furono le prime a formarsi sulla terra. Le rocce magmatiche sono prevalentemente costituite da minerali silicatici, tra cui prevalgono i feldspati e le loro miscele (plagioclasi), il feldspatoidi, le olivine, i pirosseni, , gli anfiboli e le miche. Sono rocce intrusive acide , composte essenzialmente da quarzo ortoclasio e mica nera, con colori piuttosto chiari , dal bianco al bianco grigio, fino al rosa e al rosso, a seconda della concentrazione di ossido ferrino , talvolta con macchiatura più scure . Minerali accessori e secondarii, talora però importanti ai fini classificatori, sono le cloriti, gli epidoti , i graniti, gli ossidi e solfuri metallici. La scelta di una roccia come materiale da costruzione avviene in base alla sua proprietà sia di carattere estetico, come il colore, che tecnico, ad esempio per la sua lavorabilità. Componenti:quarzo,ortoclasio,plagioclasio,biotite. I graniti sono generalmente di difficile lavorabilità e lucidabilità , ma hanno caratteristiche tecnologiche superiori ai marmi e ai calcari e peso specifico piuttosto modesto , ma elevata resistenza all’usura, all’abrasione e alla compressione, mentre l’elevata presenza di quarzo li rende durevoli anche in ambienti esterni. L’impiego Nell'architettura milanese l’uso del granito si sviluppa nel XVI secolo soprattutto per i sostegni (colonne del Lazzaretto). L'uso si diffonde nel XVII secolo: si vedano i fusti per le colonne dei cortili dei grandi palazzi [Brera, Senato, Seminario, Ospedale Maggiore (ora Università Statale), ex-Stelline] e delle facciate di edifici religiosi [S. Maria alla Porta, Sant'Alessandro]. La possibilità di cavare grandi blocchi ha favorito l'impiego di monoliti giganteschi (le due colonne nella controfacciata del Duomo). Nel secolo XVIII il granito è stato utilizzato negli zoccoli e nelle membrature architettoniche delle facciate associato a sfondi intonacati come, ad esempio, nel Teatro alla Scala e nel Palazzo Litta.. Nel XIX secolo, il granito compare nella Galleria Vittorio Emanuele di Milano. Tra gli impieghi del XX secolo: il rivestimento dell'l'Arengario e del Palazzo dell'Arte, il portale dell'Università Cattolica e la pavimentazione di corso Vittorio Emanuele a Milano (1990). Lo stato di Conservazione I materiali lapidei del complesso si presentano in mediocre stato di conservazione .Su queste superfici sono evidenti fenomeni di degrado la cui natura ha le seguenti origini: chimica, termica e antropica. Ci si riferisce al degrado termico quando si affrontano le caratteristiche chimico fisiche dei minerali in relazione agli effetti che subiscono durante casi di escursione termica (gelività ) o di cristallizzazione dei sali. Il degrado chimico è legato invece al principio di reattività del litotipo verso i materiali gassosi. Infine il degrado antropico implica un fenomeno di depauperamento della pietra dovuto alle lavorazioni , ai trattamenti ( inclusi gli atti vandalici) dell’uomo sui materiali lapidei. Il diffuso stato di degrado superficiale , provocato non solo dall’azione degli agenti atmosferici che in un ambiente urbano agiscono sui litotipi, ma anche da atti vandalici presenti in nelle parti inferiori dei colonnati viene qui descritto secondo con le seguenti classificazioni: Graffiti vandalici , estesi nella parte inferiore dei colonnati. Scagliature : distacco di parti di forma irregolare e spessore consistente e non uniforme, spesso in corrispondenza di soluzioni di continuità del materiale originario. Concrezioni o incrostazioni : accrescimento compatto generalmente di estensione limitata, sviluppato sia parallelamente sia perpendicolarmente alla superficie, che in quest'ultimo caso può assumere forma stalattitica o stalagmitica, di depositi carboniosi o solfatazioni. Depositi superficiali accumulo di materiali estranei di varia natura, quali polvere, terriccio, guano, particellato atmosferico. Ha spessore variabile, generalmente scarsa coerenza e scarsa aderenza al materiale sottostante. Croste nere ,modificazione dello strato superficiale del materiale lapideo. Di spessore variabile, generalmente dura, distinguibile dalle parti sottostanti per le caratteristiche morfologiche e, spesso, per il colore. Può distaccarsi anche spontaneamente dal substrato che, in genere, si presenta disgregato e/o polverulento. Non sono stati riscontrati fenomeni evidenti di decoesione o sfarinamento del materiale , sia di superficie che in profondità. Ciò premesso , le caratteristiche di naturale compattezza del litotipo sono tali da non rendere necessaria un ‘opera preventiva e generalizzata di consolidamento, e pertanto si potrà intervenire con una pulitura specifica e mirata con apparecchiature a pressione , senza causare lesioni o modifiche strutturali al rivestimento lapideo sia in superificie che in profondità. Intervento Pulitura dell’apparato lapideo che costituisce le superfici dei colonnati in granito. Lavaggio preventivo e risciacquo delle superfici , al fine di asportare il primo strato di depositi e di particellato atmosferico, o materiali estranei di varia natura. Pulitura meccanica delle superfici lapidee da graffiti e scritte vandaliche, da strati di depositi carboniosi , concrezioni, e croste nere mediante l’utilizzo di specifica apparecchiatura ad eiezione a bassa pressione ( con ugelli a spatole larghe) di un composto a base di inerte ( Carbonato di calcio ) o sali minerali ( Bicarbonato di Sodio), non aggressiva sul materiale , tale da non alterare e/o modificare la superficie del litotipo e la patina originale. Microsabbiatura di precisione (sui capitelli),con utilizzo di carbonati ,sulla superficie lapidea al fine di asportare concrezioni resistenti e penetrate in profondità . Risciacquo finale mediante l’uso di acqua nebulizzata. Tale intervento sarà effettuato preventivamente laddove le superfici lapidee hanno garantito un grado di stabilità e tenuta , sia superficiale che strutturale. Qualora si fossero verificate delle situazioni ove occorrevano interventi conservativi preventivi ed integrali sui materiali lapidei , ovviamente l’intervento avrebbe avuto caratteristiche conservative e di pre-consildamento. Protezione e consolidamento finale mediante trattamento idrofobizzante con un polimero organico fluorurato (antiscritta) Relazione tecnica a cura di Enrico Colosimo Restauratore di Beni Culturali
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    Project details
    • Year 2004
    • Work started in 2004
    • Work finished in 2004
    • Status Completed works
    • Type Restoration of Works of Art
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