Casa BD | Roberto Svaldi

Tema ormai sempre più frequente per l’architetto è l'intervento sull'edilizia esistente. Vista anche la necessità di intervenire su un panorama edilizio di tutto sommata recente edificazione, ma soprattutto spesso di scarsa qualità architettonica e costruttiva. Caratteristica quest'ultima che ne determina un breve “ciclo di vita”; tutti gli edifici residenziali costruiti dal dopoguerra ai primi anni settanta del secolo scorso esigono ormai interventi di ristrutturazione rilevanti e frequentemente vengono considerati solo come “volumi edificabili” dal promotore edilizio che ne prevede spesso la totale demolizione e ricostruzione. Il fabbricato oggetto del ns. intervento era stato costruito nei primi anni sessanta ed era in pessime condizioni di conservazione, con degrado e dissesto diffusi e rilevanti. L'inadeguatezza delle componenti strutturali e della distribuzione interna (piano abitabile unico, seminterrato con altezza interna 2,2 m e sottotetto non praticabile) hanno reso inevitabile anche in questo caso la demolizione. Le condizioni dettate dal contesto e le costrizioni dovute all'edificato preesistente (ridotte distanze tra fabbricati e dai confini, tipico dell'epoca), hanno imposto, nonostante la totale demolizione, il sostanziale mantenimento della forma originaria, in questo caso più che mai archètipa. Limitazione che è diventata un'occasione per approfondire tematiche altrimenti messe in subordine dalla composizione e articolazione dei volumi d'inviluppo. L'impegno progettuale si è così concentrato sull'organizzazione ed ottimizzazione dei volumi interni, sulla programmazione dei livelli di privacy, sugli aspetti legati all'illuminazione e all'equilibrio termico naturale. Il fabbricato risulta quindi regolare con forma compatta e in quanto tale con minor superficie esterna, riducendo al minimo, da un punto di vista termico, l’energia che si disperde attraverso l'involucro. I locali abitabili sono collocati a sud, lato dell'abitazione maggiormente estroverso ed esposto alla luce solare mediante ampie vetrate, mentre i locali di servizio e il vano scala sono posizionati nella parte nord del fabbricato. L'accesso al fabbricato è stato previsto per gradi. L'ospite deve attraversare un “fossato” e salire percorrendo un ponte; oltrepassata la soglia d'ingresso si trova all'interno dell'abitazione ma di fatto non ne ha avuto ancora accesso; da sopra il ponte può comunque percepire l'intera distribuzione dell'edificio e gli appare subito chiaro, se estraneo, quali sono gli ambienti ai quali gli è permesso accedere. L'apertura visiva é verso l'interrato, che diventa estensione del soggiorno, raddoppiandolo in un unicum “pubblico” della residenza. L'illuminazione naturale filtra nell'interrato sia tramite un foro nel solaio che attraverso il pavimento vetrato del ponte. Ulteriore apporto luminoso viene dato anche dal vano scala, a giorno su tutti i piani. Sceso dal ponte e messo il primo piede in casa al visitatore è imposta una sosta, il vestibolo, inteso come zona e non come locale; il volume è compresso rispetto al resto della stanza mediante un controsoffitto che cela anche l'impianto di condizionamento. Salendo le scale, raggiunto il piano superiore, si arriva ad un soggiorno “privato”, ultimo filtro prima dei locali più riservati della casa: le camere da letto.