La bellezza ritrovata | Zenucchi Design Code

Gli affreschi del ‘ 700, i saloni, il tempo passato e la “vita vera” Italy

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Il tempo nel design non ha confini. Ne è convinta Paola Moretti, progettista d’interni con alle spalle un lungo percorso – tra Parigi, Londra, Stati Uniti e la sua natia Brescia – nel cinema d’autore, nella moda e nello styling. E ne è persuasa Elisabetta Morandini, collezionista d’arte ed esperta di moda che a lei ha affidato un compito assai arduo, quello di trasformare il piano nobile di un antico e imponente palazzo – sale e saloni dagli alti soffitti che custodiscono elaborate decorazioni murarie del tardo Settecento – in un appartamento che si ispira a u minimalismo colto e raffinato. Un luogo che, in certe ore crepuscolari, potrebbe apparire austero, non fosse per quella corrente sperimentale che lo attraversa tutto e che si può definire in un solo modo: una passione per l’arte e il design d’autore. Siamo al centro storico di Brescia, gioiello di cultura e architettura rinascimentale incastonato nella vasta e ricca distesa padana a pochi chilometri dalle sponde cristalline del romantico Lago di Garda. La leonessa d’Italia, appellativo che riporta alla valorosa resistenza dei suoi cittadini al dominio austro-ungarico durante gli anni del Risorgimento, è una città industriosa, riservata. Raro, qui, trovare case eccessivamente sfarzose, che diano nell’occhio. E cosi quando Elisabetta Morandini ha deciso di trasformare gli interni opulenti e intrisi di storia di palazzo Martinengo della Motella, di origine quattrocentesca, in abitazione contemporanea per sé, il marito industriale e la loro giovane figlia, le è venuto spontaneo rivolgersi a Paola Moretti, una decoratrice d’interni che detesta le convenzioni e che ho fatto della sobrietà il suo mantra. Una donna il cui senso estetico, che non esita a definire, con una cera ironia, “una brutta bestia con cui ho imparato a convincere”, non le impedisce di creare, per sé e per gli altri, “spazi veri” – la definizio0ne è sua- i quali, oltre a rispecchiare i gusti di chi li abita, siano anche vivibili ed efficienti. Un progetto complesso, confessa la Moretti, non tanto per l’abbondanza di spazio – una prima infilata di saloni che si affiancano su strada e un’altra, parallela, che si apre su una bella corte interna – né per la classicità delle decorazioni pittoriche e architettoniche, quanto per una precedenza ristrutturazione, spiega, che aveva intaccato la patina originaria di questo palazzo, snaturandolo.
“non è stato facile”, dice, “recuperare l’atmosfera perduta”. Recupero però c’è stato, ed è passato dal colore. La tonalità rossastre del lucido parquet anni Novanta sono state decapate e fugate da una tinta grigia opaca che richiama quelle del pavimento di seminato alla veneziana, senza fughe, sopravvissuto nella sala da pranzo e in una delle camere da letto. Spessi intonachi dalle tinte chiaroscuro hanno ravvivato quelle che erano anonime pareti tinteggiate di beige. Ma quel che più di questo recupero sono i dettagli sorprendenti che ci riportano al nostro eclettico presente: i battiscopa specchiati in acciaio che riflettono tappeti tuareg in giunco e pelle intrecciati; la contrapposizione tra lo specchio concavo di Anish Kapoor, nella sala d’ingresso, che riflette e capovolge il divano Boa in velluto blu-viola dei fratelli Campana, e i dettagli settecenteschi di porte e soffitti dipinti. O, ancora, i uno dei salotti, come non notare il contrasto tra la drammaticità dei fregi in stile pompeiano sotto ai paesaggi del pittore e decoratore Giuseppe Teosa e la politica leggerezza degli arredi? Una candida lampada di Noguchi, una coppia di lampade Uchiwa in bambù e carta di riso, a ventaglio, create tra gli anni Cinquanta e Sessanta a Ingo Maurer; una lunghissima panca, cinque metri, acquistata in un palazzo di campagna in Francia. Tra le opere d’arte più rilevanti, oltre allo specchio concavo di Kapoor, una testa di Vanessa Beecroft, un ramo bruciato del giovane Ariel Schlesinger e, sempre nel salone d’ingresso, WE dello svedese Runo Lagomarsino. Bellissima la sala da pranzo, con la nuvola Mamacloud di Frank Gehry sospesa sopra il raro tavolo anni Settanta della danese Hans Wegner e le sedie superleggere di Gio Pont. La cucina minimale ruota attorno a un tavolo tondo realizzato ad hoc in pietra tundra grey, opaca. Rigorosi anche i bagni, con docce, lavandini e vasche formati da pesanti blocchi sempre di pietra opaca tutti su disegno. “il nostro obiettivo in questo progetto “, conclude Paola Moretti, “è stato riportare questi interni al loro antico splendore ma in chiave contemporanea. Creare un luogo, in altre parole, dove la quotidianità vive nella bellezza una sorta di contemplazione del passato, de presente e del prossimo futuro”

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    Project details
    • Status Completed works
    • Type Apartments / Interior Design / Custom Furniture
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