BASHO ECLECTIC HOUSE

Milan / Italy / 2024

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ECLETTISMO SENSORIALE


A Milano s’inaugura il Basho Eclectic House, vero paradiso della cucina sushi fusion. Un locale come non ce ne sono altri, progettato da Nick Maltese Studio combinando, in una teatralità ironica e coinvolgente, memorie, citazioni e le più diverse ispirazioni storiche e stilistiche.


In via Valtellina si apre una nuova perla della Milano “da mangiare”. Si chiama Basho Eclectic House ed è una sorta di settimo sigillo, forse il più importante, di una catena di ristoranti, “Basho” appunto – il nome riprende lo pseudonimo di un grande poeta giapponese del  XVIII secolo: Matsuo Munefusa –  fondata qualche anno fa da un giovanissimo  e intraprendente calabrese: Michele Giglio. Lui definisce la proposta gastronomica dei suoi locali – attualmente sono sette variamente dislocati nelle regioni del Sud Italia – “sushi fusion”. Un indirizzo in buona sostanza unico, maturato dopo un viaggio in Brasile nel corso del quale Giglio ebbe modo di conoscere e di “cooptare” nella sua avventura imprenditoriale uno chef carioca, straordinario nella giustapposizione dei sapori: il segreto consiste in un mix di creatività e ingredienti sopraffini che unisce le cucine italiana, giapponese e brasiliana affiancando i sapori nudi e crudi della tavola nipponica alla tradizione culinaria extra fusion del Brasile, e agli italici virtuosismi con il pescato fresco dei nostri mari. Il tema della fusione di differenti culture del palato e la qualità eccellente e costante di ingredienti e preparazioni sono il mantra di Giglio e vengono perseguiti allo stesso modo in tutti i ristoranti del gruppo. Per atmosfere e architettura ognuno di loro è  tuttavia volutamente diverso dagli altri. Apoteosi di tale impostazione distintiva è proprio il Basho meneghino il cui progetto è stato non per nulla affidato a Nick Maltese e Fede Pagetti di Nick Maltese Studio, ormai due assi riconosciuti nell’inventare interior design  esclusivi e irripetibili per gli spazi dell’hospitality grazie alla loro comprovata abilità di fare convivere, esaltandole, le più disparate fonti stilistiche e materiche. I partner più adatti per Giglio, che in effetti ha lasciato loro carta bianca.


Nell’intervento dei due creativi si legge una molteplicità di impulsi, di ispirazioni, di riferimenti, di contaminazioni, volti tutti a definire differenze e unicità. Un primo stacco evidente è con  il resto della cortina stradale. L’affaccio di Basho su via Valtellina, proprio di fronte allo scalo ferroviario in cui oggi è inserito Scalo Farini,  uno dei poli della creatività milanese, suscita uno shock, il grigiore  edilizio del contesto è improvvisamente interrotto e vivificato da un forte apporto artistico, narrativo, e pure cromatico. Le vetrine a vista, che inquadrano gli interni del locale, appaiono come dei fotogrammi di un film, anzi come dei tableaux vivants nei quali le azioni dei commensali, sempre uguali e sempre diverse, diventano atti teatrali integrandosi perfettamente nelle ambientazioni altamente scenografiche e immaginifiche ideate da Maltese e Pagetti. Questo effetto è il portato di un progetto complesso e articolato, una sorta di romanzo decorativo in più capitoli. Dicono i due fondatori e titolari dello Studio: “Dobbiamo confessare che alla base del nostro intervento c’era, anche, la chiara volontà di dar vita a un’architettura d’interni che che meritasse la pubblicazione sulle riviste specializzate e su Instagram”. Un’impennata di orgoglio progettuale che i due professionisti sono riusciti a sostanziare con soluzioni superfotogeniche che, d’altro canto, sono espressione di un pensiero architettonico ricco, profondo, open minded e pervicacemente antibanale.


Esito di una visione eclettica delle arti, ogni ambiente del ristorante (che, si badi, è ben più di un ristorante) sfoggia una propria personalità. L’ingresso, corredato di un bancone di ricevimento e un gigantesco gorilla realizzato in PLA, un polimero termoplastico derivato da risorse naturali, in particolare amido di mais o canna da zucchero, è una enigmatica bolla total blu Klein, con decori optical luminescenti e un’illuminazione magica: allude all’accesso a un’ineffabile  quarta dimensione. Che infatti è ciò che accade a seguire. In infilata, si squaderna così la Living Room a cui si connettono un bar e la postazione dei SushiMen: qui  è forte l’eco  di Memphis di Ettore Sottsass e Alchimia di Alessandro Mendini – ma pure delle opere optical di Marcello Morandini e Gio Schiano – con l’uso reiterato di righe e motivi geometrici bianchi e neri, di superfici bionde o dorate, di arredi dalle forme buffe, un po’ zoomorfe. Un set rilassato con divani, poltroncine e tavolini, cullato da musiche d’ambiente e studiato per rendere l’attesa o il relax postprandiale a loro volta un’esperienza sensoriale piena, ove a essere coinvolti sono certamente il gusto e l’olfatto, ma anche la vista, l’udito. E il tatto. E dove lo stile fa cultura evocando un periodo di grande fermento creativo del design milanese, tra la fine degli anni ’70 e il principio del decennio successivo. 


La sequenza degli ambienti prosegue con  il fulcro del ristorante, insieme, ovviamente, alla cucina. Ci troviamo ora nella Dining Room, contraddistinta da un’eleganza sobria, ma non dimessa. Blu, ocra, un rosso terragno, rugginoso, alla Sironi, il venoso rosso Levanto (è giusto?) del grès effetto marmo connotano una palette rassicurante e di personalità che, con il contributo di lampade di Vernon Panton, geniale designer danese degli anni ’60 e ’70,  avvolge il commensale e lo predispone “visivamente” alle gioie del palato. Proprio sul fronte della visualità  si assiste a un paio di invenzioni strepitose dei due progettisti: la decorazione architettonica messa scena dalle carte da parati disegnate per London Art e una parete, quella nord, composta da una sequenza oblò di lavatrici sulla quale campeggia, ironicamente, la scritta multisenso “wash your dirty habits”. E’ questo il divertito introibo alla cosiddetta Laundry Room, che è una sorta di club, di privé molto privé, intimo e raccolto, con cromie notturne e un’illuminazione densa e soffusa, adatto a inscenare piccoli spettacoli più o meno trasgressivi. 


Sempre dalla Dining Room si accede alla Play Room. In questa transizione l’armonia nel contrasto, uno dei tratti tipici della cultura progettuale di Nick Maltese Studio, si manifesta al suo massimo espressivo. Dalle atmosfere romantico-decadenti a un’esplosione di energia pop elettrizzante, con un tocco di irriverenza. Colori strillati, fotogrammi  di cartoon e immagini di fumetti pantografate su teli retroilluminati, pavimenti a pois blu, un’aura che comunica gioia di vivere e voglia di compagnia, di condivisione, di gioco. A questo complesso mix di ispirazioni e storytelling, che peraltro si ritrova pure negli ambienti di servizio, si confanno anche i molti pezzi di design sagacemente disseminati dai progettisti negli ambienti del ristorante tra i quali spiccano oggetti di grandi creativi come Angelo Mangiarotti, i fratelli Castiglioni ed Ettore Sottsass. 


L’insieme è davvero suggestivo, una ventata di teatralità che attraversa epoche e sentimenti di ieri e di oggi, che stuzzica la memoria, ma con un approccio contemporaneo, che mai cede alla nostalgia e sempre promuove una disincantata riflessione sul nostro essere in un attualità confusiva, ma stimolante, priva, nella visione di Maltese e Panetti, di preclusioni e pregiudizi. Una scenografia che, in combinazione con le sorprendenti leccornie della tavola, con le etichette della cantina e un servizio discreto e inappuntabile, offre una total experience a cui davvero non si può dire di no! 


 

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    Project details
    • Year 2024
    • Work started in 2023
    • Work finished in 2024
    • Status Completed works
    • Type Bars/Cafés / Pubs/Wineries / Restaurants / Interior Design / Custom Furniture / Lighting Design / Furniture design / Product design
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