Riviera 107 | Giovanni Vaccarini architects

Pescara / Italy / 2022

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RIVIERA 107 _ Pescara  viale della riviera


 


 RIVIERA107 è un intervento di rigenerazione urbana


Un innesto di una nuova architettura all’interno di un tassello della conurbazione diffusa litoranea pescarese.


Pescara è una città americana in Italia” 


Così Giulio Piovene nel suo “viaggio in Italia” definisce Pescara, una città lineare, senza un vero centro, nata dalla confluenza delle genti d’Abruzzo che dalla montagna si spostava verso la costa in cerca di lavoro e di migliori condizioni di vita. Un sogno che somiglia molto a quello americano.


Una città che con la sua offerta di servizi è stata in grado di attrarre capitali, persone, attività e nell’arco di pochi anni è diventata il polo economico d’Abruzzo e del medio Adriatico. 


Pescara è una città giovanissima, ha meno di cento anni, è stata fondata nel 1927, ma è nel dopoguerra che la città è cresciuta ad un ritmo vorticoso. 


La Pescara  del dopoguerra, città natale di Ennio Flaiano, è una città dai forti contrasti : è la città dei “vitelloni”, ragazzoni nullafacenti che trascorrevano il loro tempo nei locali della città di mare, ma, al contempo la città laboriosa di una florida e giovane imprenditoria che oggi ha assunto dimensioni nazionali ed internazionali.


Il progetto si colloca in una porzione di tessuto urbano che racconta con efficacia questa crescita tumultuosa:


ad alcune -superstiti- ville liberty o neo classiche si affiancano imponenti edifici pluripiano, spesso senza qualità, interventi frutto dell’accorpamento di più lotti. Alcune delle ville, negli anni, sono state rapidamente sostituite dalla rampante tipologia edilizia della “palazzina”. Una tipologia a blocco isolata con distribuzione verticale centrale intorno alla quale si distribuiscono gli alloggi, nella misura di due o più per piano.


La palazzina è la figurazione di queste profonde trasformazioni:


Non è un "palazzo" (non ne ha la mole, ma sopratutto il ruolo urbano) , ma non è nemmeno un piccolo edificio mono/bi familiare (un villino).


Si tratta di un ibrido (altro passaggio cardine), una de-formazione che ha scardinato il consolidato rapporto tra tipologia edilizia e morfologia urbana proprio della città storica.


La costruzione della città con questi nuovi “dispositivi” architettonici ha generato delle fortissime lacerazioni nel tessuto urbano; se da un lato il volume architettonico è stato al centro delle attenzioni progettuali, dall’altro, il disegno dello spazio vuoto (lo spazio pubblico/collettivo) non è riuscito a dare risposte corrispondenti con il mutare della sua identità.


L'architettura italiana del dopoguerra da un lato si misura con i movimenti internazionali, dall’ altro tenta di coniugarli con quella che è la cultura dei siti in cui interviene (un approccio glocal). 


Mi piace pensare  alle produzioni architettoniche di questo periodo storico come la perfetta figurazione di un ibrido.


L’idea di progetto è quella di reinterpretare la tipologia a blocco della palazzina introducendo una logica distributiva per fasce e letteralmente sezionando lo schema tipologico nel suo affaccio a mare.


Il prospetto est (che affaccia sul mare) è pensato come una sezione più che come un prospetto:


Il corpo monolitico dell’edificio viene tagliato ed i piani “slittano” verso l’esterno secondo un ordine casuale.


Lo slittamento dei piani definisce un sistema di sbalzi che si protende verso il mare definendo una porzione di abitazione all’aperto, una sorta di “trabocco urbano”.


L’intradosso dei balconi aggettanti è in metallo, un rivestimento in ottone traforato che sbalza ulteriormente rispetto al piano di calpestio la cui estensione lo rende il quinto prospetto dell’edificio verso il lungomare e la città. 


La struttura tipologica segue uno schema per fasce con la giustapposizione della fascia pubblica dell’appartamento a quello dei servizi (distribuzione verticale, bagni, cucine, lavanderie, ecc) ed a seguire la parte privata delle camere e degli studi.


Luoghi per far scoccare scintille


L’alloggio non è soltanto il luogo in cui si mangia o si dorme, ma, inizia ad includere una serie di spazi per il lavoro, il benessere, il tempo libero e divertimento.


La tipologia architettonica ha fagocitato e metabolizzato queste nuove istanze trasformandole in tipi edilizi flessibili ed adattabili; due istanze con cui confrontarsi in una società le cui mutazioni corrono molto più velocemente della materia con cui riusciamo a dare forma all’architettura.


Le cellule abitative private costituiscono l’unità elementare di un tessuto aggregativo in cui i legami sono rappresentati da un puzzle di spazi pubblici e semi pubblici , a cui è affidato il compito di trasformare una semplice sommatoria di parti in un unico corpo, un luogo identitario in cui tutta la collettività vi si riconosce e vi pratica i propri riti.


In questo scenario acquisisce particolare importanza l’attacco a terra dell’edificio: l’androne diventa il luogo collettivo per eccellenza, ad esso viene affiancato uno spazio comune per riunioni, feste, gioco, e tutte quelle attività comuni che si dovessero rendere necessarie.


Il filo dell’edificio è arretrato rispetto al filo stradale, definendo uno spazio semipubblico di mediazione tra la parte pubblica della città e gli spazi privati. 


Una sorta di dilatazione del marciapiede che l’edificio condivide con la città. 


 


Data
Lot surface area: 750 square meters
Surface area of each floor: 250 square meters Number of floors: 7
Number of apartments: 13
Building height: 25 meters



Schedule

Start of design: October 2018
Start of construction: August 2020
Completion: January 2022



Photographer
Massimo Crivellari - www.massimocrivellari.com

Producer of the short film
The Piranesi Experience - www.piranesiexperience.com

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