UFFICI DELLA CONTINENTAL A MADRID | CLAUDIA BONOLLO

un progetto monocromatico che cambia di colore Madrid / Spain / 2001

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META-MORPHIC

Architettura legata a una certa anima spagnola, magari quella sregolata di Miralles o , per andare indietro, di Gaudì? Si e no. Alla domanda se fosse la Spagna la loro meta definitiva, la Bonollo mi ha risposto che in fondo sente la sua come una situazione nomade. Nella quale è il lavoro che chiama la persona, dandogli una collocazione geografica, piuttosto che viceversa. E a guardare bene alcuni elementi delle loro architetture ricordano Libeskind, Coop Himmelb(l)au e la produzione degli architetti della West Coast americana, penso a Moss e Morphosis.
Tuttavia è certo che arrivati alcuni anni fa in Spagna, Claudia Bonollo e Cesare Battelli decidono di restarci, organizzando uno studio professionale. A Madrid la concorrenza è dura, il contesto professionale non sempre facile, le posizioni culturali a volte arretrate. Ma è sicuramente una città in cui si respira un clima di speranza nell’architettura e di rispetto per la ricerca e la creatività. Vi è poi anche l’influenza di Miralles filtrata attraverso il Master che Battelli, appena laureato, ha conseguito alla Staatliche Hochshule fur Bildende Kunst a Francoforte.
La parola Metamorphic riassume il senso della ricerca dei due progettisti: lavorare nel confine tra animato e inanimato, tra oggetto e gesto. In una operazione che, investe, oltre al campo della costruzione, quello dell’arte. Ecco perché ogni segno dialoga sempre con qualcosa d’altro in un continuo rincorrersi che richiede un intervento attivo dell’immaginazione, che ricostruisca il complesso sistema che origina il processo formativo. Vi è in questo sforzo una tensione, quasi un’anima barocca che allude alla totalità senza mai mostrarla. Da qui la scelta di una articolazione per frammenti, spesso in sé incompiuti. Nello stesso tempo, sulla scia di una tradizione organica alla quale Bonollo e Battelli si richiamano, vi è sempre una puntuale attenzione agli aspetti tecnici e costruttivi , alle qualità e alle funzionalità dei materiali e degli ambienti nei quali oggetti e componenti edilizi possano trasformarsi, comprimersi, dilatarsi. Alla ricerca di una vitalità che si trasformi in una effettiva esperienza spaziale.


Luigi Prestinenza Puglisi

UFFICI DELLA CONTINENTAL A MADRID


“ Avviene che nella sua essenza la bianchezza non è tanto un colore quanto l’assenza visibile del colore e nello stesso tempo, la fusione di tutti i colori: avviene questo che c’è una tale vacuità muta e piena di significato in un paesaggio vasto di nevi, un’incolore ateismo di tutti i colori che ci fa rabbrividire. E quando consideriamo quell’altra teoria dei filosofi naturali, che tutte le altre tinte terrene... sarebbero soltanto astuti inganni non connaturati alla verità delle sostanze, ma soltanto sovrapposti dall’esterno, cosicché tutta la divina Natura si dipingerebbe soltanto come la prostituta le cui lusinghe non ricoprono che l’ultimo sepolcro... e pensiamo che il mistico cosmetico, il gran principio della luce che produce, ciascuno dei suoi colori, rimane in sé stesso sempre bianco e incolore”.
Henry Melville, Moby Dick o la Balena, 1851

Questo è il progetto piú bianco fra tutti quelli che ci è capitato di fare. Il bianco in quanto unità dichiarata di tutti i colori possibili pur nella nota ambiguità e il nero con la sua negatività, tendono a essere colori di riferimento per la loro connotazione positiva e più precisamente per la loro assenza di colore: dalla loro polarità si instaura meccanicamente un rapporto di individuazione di ogni colore, chiaro e scuro, scuro e chiaro, che tenderà a riformarsi nella medietà dei colori neutri e dei grigi che non offendono.

Il locale, situato in una zona di Madrid chiamata “el pasillo verde”
(il corridoio verde), in Calle Ercilla, è un loft di 560 mq, sede madrilena degli Uffici della Continental, cliente per il quale avevamo già lavorato in passato a La Coruña.
Il progetto iniziale, che a noi piaceva molto di piú, prevedeva una rampa scultorea capace di svolgere tutte le funzioni richieste e di approfittare adeguatamente dello spazio. Il budget disponibile non ci ha permesso di realizzare la nostra prima idea e abbiamo creato cosí un progetto molto diverso caratterizzato da tre elementi importanti:

- lo spazio stretto e allungato a doppia altezza (con un falso tetto inclinato) compreso fra due accessi (la porta sulla strada e quella che introduce alle funzioni vere e proprie), che accoglie i visitatori e in cui stanno le segretarie, costituisce uno spazio rappresentativo, la “vetrina” con cui presentarsi al pubblico. Su questo spazio si affacciano delle aperture vetrate da cui si puó guardare senza essere visti;

- una struttura a due piani (alcuni fori permettono la comunicazione con gli altri spazi) con una passerella che ospita gli uffici operativi della Casa di Produzione e gli uffici tecnici. Le finestre dalle forme irregolari e geometriche permettono una comunicazione fra gli spazi senza rinunciare alla privacy. Le aperture servono inoltre ad aumentare l’apportazione di luce agli uffici di rappresentanza. Alcuni uffici non hanno questa esigenza: vi sono funzioni che hanno bisogno della minore quantità di luce naturale possibile, soprattutto nel caso di spazi destinati alle operazioni di montaggio;

- l’ampio spazio centrale a doppia altezza, interrotto da pilastri di vari spessori, che prevede funzioni distinte e cambianti, fra le quali l’opzione del montaggio di scenari mobili e scenografie, con la possibilità di poterli filmare. Le finestre e la passerella si affacciano a una piazzetta raccolta e privata che ha dei pilastri invece che degli alberi. Abbiamo trattato un interno come se fosse un esterno. Anche qui da nessun punto di vista è possibile una visione d’insieme.

La suddivisione degli spazi e delle loro funzioni è stata sottolineata dal colore e dal disegno dei pavimenti, assai diversi fra loro. Di piú: il colore è l’elemento creatore dello spazio. Si è optato per un bianco riflettente e lucido dai toni madreperlacei a cui sono stati aggiunti pigmenti caldi o freddi.

Il primo pavimento, quello dell’entrata-sala d’attesa, è una mappa-collages con alcuni inserti di pietra naturale incrostati nel suolo (la pietra argentata, ricca di pirite che si trova in Galizia). Un “arabesco” di coordinate sinuose che formano porzioni di varia grandezza campiti di colori elementari, con il frequente predominio del bianco (la luce), suggerisce degli ipotetici percorsi o delle pause.

Lo spazio centrale, è metallico (alluminio) e riflettente, per meglio catturare la luce dall’esterno e portarla all’interno. Avevamo previsto un sistema di specchi per duplicare la luce ma poi, sempre per problemi di soldi, abbiamo abbandonato l’idea e preferito trattare lo spazio nel modo piú neutrale possibile, e far si che potesse adempiere alle funzioni piú disparate.

Il pavimento degli uffici, nasce da un sistema di diagonali che si biforcano, giocando su tonalità di grigi colorati molto caldi e con il contrasto dei bianchi caldi e freddi e gli elementi metallici del progetto (alluminio e acciaio). La materia complessa del bianco (la luce) deve essere ridotta “ai minimi termini” con le infinite variazioni di bianco: bianchi più freddi (mescolati a un po’ di azzurro o di verde) e più caldi (mescolati a un po’ di giallo o di rosso). Sono variazioni di quantità di luce ridotte a diverse qualità di colore. La valutazione del colore percepito muta con l’ampiezza dell’area coperta con la sua forma e con la profondità del tono (dato che il tono rappresenta la distanza dalla luce).

Il bianco opera nella nostra anima come il silenzio assoluto. Il silenzio non è morto, trabocca di possibilità vive... È un niente pieno di gioia giovanile antecedente alla nascita, antecedente all’inizio. Così forse è risuonata la terra, bianca e fredda, nei giorni dell’epoca glaciale” diceva Kandinsky.

“Se esaminiamo le rette schematiche – continua K. - in primo luogo l’orizzontale e la verticale nelle loro proprietà cromatiche, per forza di logica si impone un confronto con il nero e il bianco. Come questi due colori (che ancora recentemente venivano chiamati ‘non colori’, e che oggi si chiamano un po’ impropriamente colori ‘incolori’) sono colori silenziosi, così anche le due rette suddette sono linee silenziose. Qui e là il suono è ridotto al minimo: silenzio o piuttosto sussurro appena percettibile e quiete. Il nero e il bianco stanno fuori dal cerchio dei colori; così anche la linea orizzontale e verticale occupano un posto particolare fra le linee, perché quando sono centrate, non sono ripetibili e quindi sono solitarie”.
Così nel caso nostro, è nata l’inclinazione esclusiva verso l’orizzontale verticale. L’ulteriore conseguenza logica sarebbe l’inclinazione esclusiva verso il bianco e il nero, che la pittura ha già sentito alcune volte. Ma il collegamento esclusivo delle linee verticali-orizzontali è ancora compito del futuro.
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    Project details
    • Year 2001
    • Work started in 2001
    • Work finished in 2001
    • Client CONTINENTAL PRODUCCIONES
    • Status Completed works
    • Type Office Buildings
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