Area ex caserma Scotti nella città di Chieri (concorso) | roberto miniero

Riuso dell'area delle caserme - concorso di idee Chieri / Italy / 2016

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Bisogna premettere che è oggettivamente difficile e destabilizzante per un progettista intervenire con le sue idee senza conoscere l'oggetto stesso della progettazione....
Ciò non di meno il tema offerto dall'amministrazione comunale di Chieri è di enorme interesse poiché consente un approccio che è solitamente precluso sia nelle logiche disciplinari della progettazione (tanto più quanto più esse siano normate), sia nella pianificazione del territorio da parte delle amministrazioni locali.
Il concorso offre la possibilità di affrontare il tema del recupero di un'area urbana privilegiando l'aspetto morfologico della città, ovvero la sua "forma" ed in definitiva la sua "estetica", in parte anche prescindendo da quell'insieme di dati meta-progettuali (ma fors'anche "vincoli") che solitamente indirizzano amministratori e progettisti nella definizione dell'oggetto urbano e nell'individuazione delle destinazioni d'uso del territorio.
Si tratta infatti di un'area di cospicue dimensioni, pregevole per posizione e caratteristiche intrinseche, non centrale né periferica, ben collegata (stazione autolinee e ferroviaria), emarginata ma non marginale, che fino alla sua acquisizione al demanio comunale è stata di fatto una sorta di "città proibita", un vuoto interno al tessuto urbano, presente ma non fruibile.
Tant'è che lo strumento urbanistico vigente (1997) la definisce semplicemente "area destinata ad attrezzature ed impianti di carattere speciale, ovvero impianti militari, caserme, ecc." (v. zona Fs di PRG) attribuendole una sorta di extraterritorialità e rinunciando a qualsiasi forma di controllo urbanistico. Semplicemente un'area che fino a ieri, pur essendo inserita in un zona strategica della città, non ne faceva minimamente parte.
Da qui il primo ineludibile ed ovvio quesito: cosa farne?
E' chiaro che il problema è urbanistico, ivi compresi tutti i complessi risvolti di carattere socio-economico che qualsiasi (nuovo) insediamento comporta. Ma è altresì chiaro che, prima ancora dell'essere "urbanistico", il quesito è "politico" - nell'accezione più alta e nobile del termine - e le idee possono scaturire solo dal territorio, dall'approfondita e vissuta conoscenza della storia, delle esigenze, delle problematiche della popolazione residente.
L'approccio che pertanto è legittimo chiedere al progettista, a fronte di una, peraltro giustificabile, indeterminatezza del "che cosa" fare nell'area dell'ex caserma Scotti, sarà quello di chiedere "come" intervenire: prescindendo dal "cosa", ovvero da quale attività introdurre nell'area, possibilmente senza stravolgere le impostazioni dello strumento urbanistico (che dovrà comunque essere modificato per recepire la variante alla destinazione d'uso), il quesito sarà "come" la città potrà riappropriarsi di questa porzione del suo territorio, "come" ricucire il tessuto urbano e ricomporre la lacerazione che dagli anni '40 ne ha separato intere parti della sua espansione sud-orientale.
In altre parole, l'approccio sarà metodologico ed il primo tema in oggetto dovrà essere inteso come individuazione
a) delle modalità di ricucitura del tessuto urbano
b) delle caratteristiche tipologiche da richiedere a quelli che, allo stato attuale, possono solo essere considerati dei "contenitori significanti".
Il secondo tema in oggetto dovrà essere inteso come individuazione del quadro giuridico di riferimento per la creazione delle condizioni di finanziabilità (e possibilmente di auto-finanziabilità) dell'intervento.
Il terzo tema in oggetto dovrà essere inteso come traduzione tipologica dell'intervento, garantendo tuttavia la gamma più vasta possibile delle destinazioni d'uso consentite ed altresì individuando i comparti funzionali di edificabilità e finanziabilità.
Di seguito alcuni punti salienti (premesso che la disamina non è esaustiva) sui quali articolare una proposta credibile, economicamente attendibile ed urbanisticamente corretta.
1. La ricucitura del tessuto urbano passa per la rete dei percorsi, sia pedonali che carrabili. Ancorché sia auspicabile un regime veicolare ove il traffico resti possibilmente marginalizzato, va preso atto che la totale estromissione è impossibile, in primo luogo perché si tratta di un'area di oltre sei ettari, ma anche perché ciò significherebbe perpetuare l'effetto barriera costituito per sette decenni dall'ex caserma e perché la viabilità esistente non sarebbe in grado di assorbire i flussi generati dal nuovo utilizzo dell'area stessa. D'altro canto la ricucitura tra la città e questa porzione di territorio passa, formalmente e fisicamente, attraverso l'individuazione degli assi, il recupero (per quanto labili siano le tracce nell'espansione moderna della città) delle quinte urbane e la ricostruzione degli invasi.
2. Il collegamento con le superfici a parcheggio già disponibili e la loro integrazione con le aree a parcheggio interne. Si segnala il principio di limitare, per quanto possibile, il consumo di superficie per realizzare parcheggi a raso: i nuovi parcheggi dovranno essere per quanto possibile interrati, poiché è ormai acquisizione comune il principio che l'area a parcheggio, ancorché necessaria per il soddisfacimento degli standards urbanistici, non contribuisca all'elevazione della qualità ambientale della città ed alla sua vivibilità.
3. Al contrario dei parcheggi, conferisce invece vivibilità la presenza di verde, soprattutto arboreo, che dovrà pertanto essere massimamente diffuso e caratterizzare tutta l'area. A proposito del verde è importante precisare un ruolo fondamentale che allo stesso è richiesto: è già stata sopra anticipata l'importanza delle quinte per la definizione degli invasi urbani, quinte che purtroppo sono spesso carenti (per semplice effetto delle normative sul distacco da confini e da edifici) fuori dall'ambito storico delle città. Le alberature possono costituire, in opportune associazioni, elemento architettonico a scala urbana e contribuire validamente alla ricostruzione di invasi, ovvero attrattivi ambienti all'aperto.
4. La tipologia privilegerà contenitori a scala urbana, la cui dimensione, tuttavia, non dovrà mai costituire un fuori scala rispetto al contesto. Parimenti importante, per non estraniare l'insediamento (che dovrebbe apparire come qualcosa che è sempre stato presente) dal suo contesto, sarà il ricorso a tecnologie non invasive e "naturali": le tecnologie spinte, che peraltro hanno sovente il difetto di una rapida obsolescenza, producono l'effetto "dell'astronave marziana arrivata dal cielo", senza un reale rapporto con il territorio. Si presenta quindi molto valido l'indirizzo dato dall'amministrazione comunale in merito all'impiego di blocchi in cemento cellulare autoclavato per la realizzazione degli involucri opachi (ma il medesimo materiale potrebbe essere impiegato anche per gli orizzontamenti e le coperture). La scelta, perfettamente coerente con i principi del protocollo CasaClima, individua la strada dell'efficienza energetica nell'ottimizzazione degli involucri con conseguente ridotto apporto delle attrezzature tecnologiche di climatizzazione, a fronte di un equilibrio ottenuto introducendo imponenti apparati energivori a compensazione dell'inefficienza dell'involucro e, contestualmente, le fonti di energia rinnovabili per sostenerne la gestione. In entrambe i casi l'equilibrio energetico può essere pari a zero, ciò non di meno è facile intuire come la prima forma di bilanciamento sia quella più razionale.
5. La tipologia edilizia, pur essendo franta e minuta nelle volumetrie, secondo quanto sopra riportato, dovrà comunque essere unitaria, integrata al contesto e conforme alla tradizione locale, pur senza rinunciare alla propria contemporaneità. In particolare si individuano prioritariamente alcune linee guida nell'uso dei piani terra e nell'introduzione di superfici porticate, nell'introduzione di fronti lineari per la creazione di quinte, nelle coperture a falda, nella profondità dei corpi di fabbrica, che devono essere tali da consentire la massima flessibilità di impiego. Per la parte residenziale (si veda nel prosieguo il capitolo dedicato alle destinazioni d'uso) saranno da escludere tutte le tipologie a torre, a corte chiusa, con sagome non stereometriche, che presentano oggettivi impedimenti alla creazione di ambiti urbani riconoscibili. Potranno pertanto essere impiegate tipologie a schiera oppure a linea purché contenute nei limiti di altezza consentiti.
6. Le varie attività consentite saranno sempre integrate fra di loro, privilegiando, per quanto possibile, un azzonamento a destinazioni miste.
7. Di fondamentale importanza sarà il rapporto con le stazioni di autolinee e ferroviaria: che piaccia o meno, questo insediamento non sarà soltanto una quartiere della città di Chieri ma rivestirà implicitamente anche il ruolo di quartiere remoto per la città di Torino (il cui territorio comunale è prossimo alla saturazione). E' il caso di passare quindi alla disamina delle possibili destinazioni d'uso. Anche applicando un indice territoriale molto basso l'estensione dell'area è tale da permettere la realizzazione di una cospicua cubatura. Prescindendo da accurati studi urbanistici e da valutazioni di impatto ambientale è comunque lecito ipotizzare quattro sviluppi fra loro integrati, premettendo che le valutazioni seguenti sono di opportunità al fine di raggiungere un elevato livello qualitativo, anche ignorando - per ora - i "numeri" (ovvero gli standards) tipici dell'urbanistica, che troppo spesso sa rispondere solo in termini di quantità:
- l'utilizzo a verde; laddove il verde è soprattutto di tipo arboreo, per le sopra menzionate esigenze di strutturare l'area e correlarla al contesto.
- la realizzazione di una piazza, che sia di ampio respiro e non un semplice vuoto identificabile magari come area a parcheggio; per la caratterizzazione dell'invaso occorrono quinte ed attività di tipo commerciale (a livello di vicinato); il ruolo delle superfici porticate è di primaria importanza per rendere vitale ed appetibile l'invaso.
- la realizzazione di "contenitori" flessibili e versatili per tutte le attività amministrative e di servizio, sia di tipo terziario che alla persona, che potranno essere definite in sede di progettazione esecutiva dell'intervento urbanistico. Come già sopra accennato le superfici a parcheggio dovranno preferibilmente essere ricavate nel sottosuolo. I servizi ed il terziario dovranno essere ubicati nella parte più vicina al centro città.
- infine, secondare un'implicita vocazione residenziale dell'area, soprattutto nella sua parte marginale. Anche in assenza di tensioni abitative, è fondamentale che una quota significativa della cubatura residenziale sia dedicata alle residenze a carattere sociale (residenze per anziani, per giovani coppie, studenti, alloggi temporanei, famiglie disagiate, ecc.).
8. I fabbricati esistenti, fatto salvo il recupero di pochi edifici meritevoli per grado di finitura, stato manutentivo e tipologia, non consentono per intrinseche caratteristiche un agevole ed economico riuso, pertanto se ne propone la demolizione.
9. La fattibilità dell'intervento di riqualificazione urbana è strettamente legato alla corretta individuazione di comparti funzionali ed alla formulazione di un attendibile piano di sviluppo economico basato sulla legislazione statale e regionale che faciliti il ricorso ai cosiddetti programmi complessi (Programmi integrati o similari), tali da garantire il concorso di risorse private per il cofinanziamento e/o l'autofinanziamento.

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    Project details
    • Year 2016
    • Client Comune di Chieri (TO)
    • Status Competition works
    • Type Parks, Public Gardens / Public Squares / Neighbourhoods/settlements/residential parcelling / Adaptive reuse of industrial sites / Feasibility Studies
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