PROTAGONISTI dell'ASCOLTO | Gaetano Taramazzo

una passeggiata con Paolo Portoghesi - 27 agosto 2005 CERVO (IM) / Italy

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protagonisti dell’ascolto                                                                                                                                      - inviato alla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale 


“Ho avuto l’opportunità di progettare in tutto il mondo, ma non ho una mia opera qui nel ponente ligure”. Con l'incipit di Paolo Portoghesi ha inizio la nostra passeggiata a Cervo.


 



Saliamo sul Defender della protezione civile che ci conduce nella terra sopra l’antico abitato.


Lo sguardo è disorientato da sensazioni contrapposte: il movimento delle curve di livello pare prosegua nel flusso della mareggiata di fine estate; nell’orografia si bloccail sistema dei ripiani a fasce.


L'ossimoro movimento bloccato,  racchiude la sintassi ambientale di un'antica interazione natura-territorio-uomo: nei terrazzamenti il rapporto scavi e rinterri è quasi sempre prossimo allo zero; nel paesaggio, i luoghi sconnessi, i muri a secco, gli ulivi, i vigneti, gli orti conformano l'evoluzione di azioni e di segni collettivi, spontanei.


Continuiamo a salire.                                                                                                                                           I sobbalzi del fuoristrada si acuiscono in prossimità dei recentitrapianti edilizi. Per un istante la mente va al pittore di Borges, che nella rappresentazione della realtà dei suoi paesaggi, scopre alla fine della vita il suo volto. Lo straniamento è interrotto da un nuovo salto: stiamo passando sopra pezzi dello storico tessuto connettivo del XVII secolo, ormai smarrito nell'eco di passive tutele e disaggregato dall’avidità della vista mare.


I vecchi marinai riferivano che ancora a metà ‘900, dall’approdo  si percepiva l'organica compagine dell'antica Pieve e della Podesteria:  dal mare i caposaldi segreti  dei pescatori erano mappati proprio sugli ambiti territoriali in cui era dislocata la Communitas del Cervo: prima sugli Oratori e poi, in età moderna, sulle  e sulle Ville, ovvero su aggregati di case, rispettivamente abitate da famiglie con cognome identico e differente.


Il volto di Cervo, rimanda immagini del suo paesaggio rimaste indietro, che il genius loci riferisce al cervo sacro a Diana, nella selva che la Tabula Peutingeriana  indicava nel territorio limitrofo di Diano Castello.


Finalmente arriviamo alla meta convenuta.                                                                                      Godiamo una visione d’insieme e lo spettro di altre componenti paesaggistiche e mutazioni ambientali.


Osserviamo su un poggio più basso, il conventuale S.Giorgio di Cappadocia (oggi San Nicola-img.4), fino al XV secolo chiesa madre extra muros degli oratori della Valle del Cervo: la sua esautorazione costituì l’impulso - dal territorio - per la trasformazione dell'edificato medievale interno al Castrum Servi.


Poi, dopo un breve interregno, con un movimento urbano definibile a pendolo (img.3a), le due chiese intra muros si scambiarono ancora le funzioni: la parrocchia passò dall’Oratorio gerosolimitano di S. Caterina alla chiesa tardo barocca di S.Giovanni Battista (detta dei Corallini), terminata dai mastri Marvaldi a metà del Settecento.


Alla sommità del Castrum,invece le variazioni ruotarono sul Palazzo del Marchese Bonifacio II di Clavesana (sec.XII), sede ecclesiastico-amministrativa-ospedaliera fino al XVIII secolo e polo generatore della primitiva mansio romana.


La veduta del Cervo del 1722, del cartografo Matteo Vinzoni, raffigura questa fase storica. (img.2)


La coscienza spontanea che ha conciliato le azioni collettive e individuali nella formazione del Castrum, prolifera poi, fuori le mura, il Borgo Marina.


La mente ritorna al pittore di paesaggi: quale volto di Cervo avrebbe dipinto oggi e come si sarebbero determinate le variabili storiche e sociali con i criteri della contemporanea pianificazione?


Il nostro dialogo si concentra ora sulla Porta Marina II a sud del Castrum.                                           Il luogo è stato confine inferiore, centro del Borgo Marina e nuovo confine più ravvicinato al mare, dal quale qui è arrivato tutto.


Sin dal XVII secolo, la Porta II era icona dell’iniziazione alla pesca del corallo dal cui passaggio si sublimava l'appartenenza alla marineria più audace. Dopo l’affondamento al largo di Bosa, conseguente all'agguato dei corsari turco-barbareschi, la mentalità della Comunità dell’epoca divenne più duttile.


La tragedia attribuì a Cervo l'appellativo di paese delle 70 vedove, anche per la loro capacità di implementare un virtuoso circolo economico tra la vita di terra e di mare: il ruolo delle donne divenne decisivo nella gestione delle colture, specie nelle stagioni in cui gli uomini sopravvissuti navigavano sulle coralline.                  


I proventi del corallo e l’affinazione del gusto, nel XVIII secolo, finanziarono la fabbrica del S.Giovanni Battista e consentirono un’ampia ricomposizione architettonica: si realizzarono palazzi ex novo, riconvertendo in parte il preesistente tessuto a schiera medievale: i Palazzi Viale-Citati, Morchio, “del Pulin”, Simoni-Croveri, ”del Duca”, Vento, Balleydier, “del Carmine”, “della Meridiana”, Rittore-Santi, Elena, Rittore-Emiliani. Marconi II, sono alcuni esempi. (img.3)


Con il Borgo Marina si plasma l’attuale immagine di Cervo. (img.1)


Non sfugge al nostro sguardo un’ultima trasformazione realizzata nella seconda metà del XX secolo, riguardante l’affiancamento all’antico nucleo, oltre il Rio Bondai, dell’insieme di edifici denominato il Poggio. L’architetto Mosso interpretò il suo progetto in chiave organico-razionalista, restituendo all'essenziale l’architettura di un secondo Cervo sul promontorio gemello a ponente: una sorta di Sindone dell’originario. 


Ridiscendiamo per cercare sulla spiaggia un punto di vista analogo all’approdo dei marinai.      Dal mare, si disvelano recenti interventi decontestualizzati, a ridosso del passato e della sua fragile bellezza. Seriali volumi che prescindono dalla qualità del luogo, sovvertono la fascinazione del disorientamento iniziale e il carattere vissuto dello spazio.


La pianificazione locale, proclamata per uno sviluppo ambientale sostenibile e compatibile, non ha sortito interessi  collettivi e inverando scelte opportunistiche, ha ridotto a ombre e ricordi le varie epoche storiche che qui si mescolano.


Oggi, la Comunità cervese, come nel '600, ha affidato alla sensibilità di una donna il Municipio: si auspica un'evoluzione coerente con le valenze culturali, architettoniche, ambientali che ancora resistono.


Il tempo dimenticatodi Cervo è nel presente che lo ha sostituiito, non nel passato dove termina la nostra passeggiata.


In prossimità della battigia Portoghesi resta qualche istante assorto nel fragore della ventosa risacca e lo sguardo indietro, al promontorio. Domandiamo cosa pensa di Cervo.                            “È una importante lezione di architettura che va ascoltata! Una tromba marina pietrificata” è stata la concisa risposta.


L’ingrossarsi della mareggiata ci impone un rapido congedo alla Marina delle Reti: qui tre secoli fa i pescatori salpavano per l'avventura del corallo; qui avveniva il rituale saluto delle donne custodi della terra agliuomini del mare, interpreti di un’armonia spontanea, di un unico organismo biologico, protagonisti dell'ascolto della memoria e dell'inconscio collettivo.

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