Rilievo e disegno di progetto | Giacinto Barbera

Recupero di uno spazio urbano a Lascari Lascari / Italy / 2003

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DISEGNO E PROGETTO


DIPARTIMENTO DI RAPPRESENTAZIONE, CONOSCENZA, FIGURAZIONE DELL’AMBIENTE COSTRUITO/NATURALE
Gruppo di ricerca: Prof. Arch. Nunzio Marsiglia coordinatore, Arch. Giacinto Barbera, Arch. Marcella Moavero, Arch. Ettore A. Culosi.

Rilievo e disegno di progetto: recupero di uno spazio collettivo a Lascari.


Il progetto del territorio
di Nunzio Marsiglia

Le trasformazioni indotte dagli ultimi tre secoli di storia hanno prodotto sul campo una serie di effetti caratterizzanti l’attuale consistenza del piccolo centro urbano della provincia di Palermo: alle originarie connotazioni prettamente rurali che ne hanno giustificato la genesi si è infatti sostituita una fisionomia nuova in cui i luoghi ed i segni dell’abitare si sono consolidati secondo modi e forme strettamente connessi, da un lato con la straordinaria articolazione del sito geografico e dall’altro secondo modelli orientati alla utilizzazione delle risorse ambientali in funzione di uno sfruttamento turistico del territorio. Conseguentemente, il paesaggio agricolo, una volta fortemente caratterizzato dalle numerose masserie e case rurali legate alla conduzione delle aziende produttive, nella nuova configurazione dell’insediamento, è stato popolato da una ricca serie di relitti che documentano dell’obsolescenza di un modello di sviluppo consegnato all’archeologia senza comunque identificare una nuova configurazione con caratteristiche specificatamente urbane. E la stessa concentrazione della popolazione stanziale nel centro abitato conferma una tendenza che, negli ultimi cinque lustri, non ha subito alcuna inversione di tendenza.
In tale contesto situazionale, alla straordinaria implementazione del patrimonio abitativo a carattere residenziale, nella recente prassi di gestione urbanistica del territorio, ha corrisposto l’assenza di una qualsivoglia attenzione per il consistente patrimonio di beni culturali rinvenibile sul territorio nonché una sorta di indifferenza per la qualità dello spazio collettivo utile al fine di agevolare e qualificare le relazioni all’interno di una comunità ormai votata alla concentrazione all’interno del centro abitato. Da qui la ineluttabile esigenza di riesaminare la struttura insediativa per individuare nuove strategie attraverso le quali, con gli strumenti propri delle discipline urbanistiche e architettoniche, contribuire alla costruzione di una nuova identità territoriale. In tale ottica, il gruppo di lavoro che in questa sede presenta una delle elaborazioni progettuali mirate alla riqualificazione degli ambiti urbani di maggiore interesse all’interno della struttura urbana, in altra sede sta curando il recupero dei documenti di architettura popolare sparsi nel territorio e costruiti, in quanto a materiali, tecnologie e risorse, con il concorso diretto di tutta la comunità.


L’evoluzione della consapevolezza di un progetto
di Marcella Moavero

L’analisi del territorio è alla base delle sue continue trasformazioni e manipolazioni, sia fisiche che sociali. L’uomo sin dalle origini ha fatto proprio l’ambiente circostante, la cui prima espressione fruita è data dal paesaggio: esso è oggetto della visione e dunque della nostra percezione visiva; è la parte visibile del nostro ambiente, dal latino ambire, andare intorno, costituito quindi da tutto ciò che ci circonda, da quella parte limitata di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un punto determinato. Lo ha fatto proprio con il segno grafico, graffito nella parete rocciosa, dipinto con un pennello primordiale o con le dita, in origine una sorta di rito magico propiziatorio finalizzato ad impadronirsi dell’oggetto del desiderio. Il paesaggio è espressione primaria dell’ambiente, in origine incontaminato, puro, vergine, ed il ‘di’segno, uno degli strumenti per possederlo. L’uomo inizia quindi, anche tramite questo, ad interagire con il territorio permettendo il passaggio dall’ambiente naturale verso quello reso artificiale. Egli recinta la propria terra dando un limite e definendo la propria idea di possesso. Anche il confine è definito da una linea, un segno astratto primordiale tracciato nel terreno. Nascono dunque il campo coltivato ed il giardino, che vengono costruiti dall’uomo, resi artificiali e per ciò stesso limitati; un lotto viene cinto da un muro, definito, circoscritto; tale operazione diviene una traduzione stessa degli elementi propri della natura primigenia trasformati attraverso un processo progettuale compiuto. Nasce dunque l’idea di progetto. Vengono trasposti gli elementi costitutivi della Natura stessa (vegetazione, acqua, roccia, ecc.) in una composizione artificiale finita. I comuni denominatori dell’ambiente, del paesaggio e del segno sono dunque l’uomo e la Natura, tra cui si crea una sorta di empatia relazionale. L’uomo, è il soggetto dell’interazione, quella parte attiva che percepisce e che costruisce, trasformando. La Natura, è l’oggetto da percepire e da razionalizzare, da ordinare, da rendere artificiale. E’ un’entità concreta, che deriva la propria etimologia dal latino nasci=nascere, che ordina dunque con le sue leggi il sistema globale degli esseri viventi, e delle cose inanimate. E’, quindi, la forma generatrice di tutte le cose. Tale volontà di ordine prestabilito viene emulata dall’uomo per rendere propria la Natura con il controllo dell’ambiente.
Citiamo, “Continuo has leges aeternaque foedera certis imposuit natura locis, quo tempore primum Deucalion vacuum lapides iactavit in orbem, unde hominem nati, durum genus. Ergo age, terrae pingue solum primis extemplo a mensibus anni fortes invortant tauri, glaebasque iacentis pulverulenta coquat maturis solibus aestas; at si non fuerit tellus fecunda, sub ipsum Arcturum tenui sat erit suspendere sulco: illic, officiant laetis ne frugibus herbae, hic, sterilem exiguus ne deserat umor harenam.”, Virgilio, “Georgiche”, Libro Primo (“Subito impose natura sue leggi a luoghi diversi, insieme con patti eterni, da quando gettò Deucalione nel mondo vuoto le pietre, donde nacquero gli uomini, dura stirpe. Per questo rovescino i forti tori il fertile suolo alla terra dai primi mesi dell’anno ed arda le glebe riverse col sole violento l’estate polverulenta. La terra infeconda basterà solamente sfiorar con l’aratro al sorger di Arturo: là che non nuocciano l’erbe alla messe in rigoglio, qui che l’umore non penetri esiguo la sterile arena.”).
Ed ancora, “...Pater ipse colendi haut facilem esse viam voluit primusque per artem movit agros curis acuens mortalia corda nec torpere gravi passus sua regna veterno. Ante Iovem nulli subigebant arva coloni; ne signare quidem aut partiri limite campum fas erat; in medium quaerebant, ipsaque tellus omnia liberius nullo poscente ferebat. Ille malum virus serpentibus addidit atris praedarique lupos iussit pontumque moveri mellaque decussit foliis ignemque removit et passim rivis currentia vina repressit, ut varias usus meditando extunderet artis paulatim et sulcis frumenti quaereret herbam, ut silicis venis abstrusum excuderet ignem.”, Virgilio, “Georgiche”, Libro Primo (“La cura dei campi volle difficile il Padre stesso e primo li mosse per arte pungendo i cuori mortali d’affanno ne’ sonno permise pesante al suo regno. Prima di Giove non c’erano coloni che arassero i campi; neppure segnare confini alle terre o dividerle era lecito; i frutti in comune ed essa la terra ogni cosa donava senza richiesta di alcuno. Ma quello aggiunse il veleno ai serpenti, impose che i lupi predassero, che il mare bollisse, il miele tolse alle foglie, il fuoco nascose e i vini scorrenti a ruscelli dovunque richiuse: perchè meditando l’uomo foggiasse col tempo le arti diverse e l’erba del grano cercasse coi solchi e il fuoco nascosto destasse dai sassi.”.
L’uomo, dunque, fruisce visivamente della Natura; ne gode materialmente, fisicamente, delimitando il suo territorio. Contempla, interiorizza e trasforma, ponendo le regole e le leggi desunte da ciò che lo circonda, che si pongono alla base delle regole e delle leggi umane. La contemplazione, nell’evoluzione diacronica della storia, diviene razionalizzazione e ricerca, analisi, affinché la trasformazione sia essa stessa governo e controllo scientifico di un ambiente costruito. Il desiderio di trasformazione si incarna dunque in progetto. Questo viene gestito a più scale, da una molto grande, quella urbanistica, che pianifica e governa il territorio fisicamente, politicamente, socialmente, ad una media che diviene infine piccola, quella architettonica, a scala umana, che diventa un contenitore di oggetti quantitativamente diversi e tipologicamente differenziati. Dall’una discende l’altra, ma l’elemento comune, strumento primo del controllo dell’ordine ad entrambe le scale, è il disegno, il primo mezzo del governo dell’analisi del territorio. In tale sede ci sembra opportuno dare il nostro contributo scientifico con il progetto di uno spazio collettivo a Lascari, in provincia di Palermo, in cui il disegno ha costituito la base dell’analisi e della successiva trasformazione progettuale del luogo. Il disegno prima come rilievo, strumento di conoscenza e di documentazione di una realtà esistente ed analizzata nella sua entità di spazio architettonico, ma anche di contenitore sociale e relazionale. Il disegno poi come progetto, di trasformazione della realtà indagata. Il disegno, ancora, come strumento di marketing, forte mezzo espressivo per comunicare, per trasmettere un impatto emotivo al fruitore, per evidenziare la validità qualitativa della progettazione, avvalendosi delle nuove tecnologie informatiche che visualizzino immediatamente lo spazio nella sua entità volumetrica, materica, cromatica. Tali ambiti sono stati per l’appunto indagati simultaneamente nelle tre direzioni. Primo oggetto del nostro studio, suo punto di partenza, è stato comunque il territorio di Lascari. Questo, sito in provincia di Palermo, nasce a vocazione agricola; in esso prima la vita si svolgeva extra moenia, in insediamenti rurali accentrati attorno alle masserie, successivamente abbandonate a causa della crisi economica avvenuta nel medesimo settore. A conseguenza di ciò la popolazione si è concentrata all’interno del paese, vivendo i suoi vuoti urbani quali luoghi di relazione e di incontro. Sulla riqualificazione di uno di tali spazi, è stata indirizzata la nostra ricerca.


Il disegno per il progetto di un vuoto urbano
di Giacinto Barbera

L’analisi svolta ed il conseguente progetto di riqualificazione si riferiscono alla Piazza Garibaldi di Lascari, piccolo centro delle Madonie, in prossimità della cittadina di Cefalù. Il concetto di piazza ingloba in sé due elementi spaziali fondamentali, quali quello di centro e quello di limite. L’idea di ‘centro’ porta in se’ un’accezione relazionale, definendo un luogo di incontri e di rapporti, fondamentali specialmente in un ambito minore, con la funzione di convogliare al suo interno le risorse umane e sociali secondo un movimento centripeto. E’ dunque un elemento catalizzatore di risorse e come tale deve essere fruito. L’idea di ‘limite’ definisce un’entità spaziale, circoscritta, disegnata attraverso dei contorni netti che rispondono ad una logica geometrica di chiusura. La piazza è infatti una scatola aperta prima di tutto verso l’alto, un contenitore vuoto che crea una cesura nel sistema degli isolati pieni ed al tempo stesso una continuità nell’insieme dei percorsi lineari vuoti delle strade. Questa, a sua volta, viene riletta ad una piccola scala, che diviene architettonica, progettata al suo interno con soluzioni che riescano a legare il vuoto dell’invaso con i pieni dei paramenti murari degli edifici circostanti. La compenetrazione dunque delle varie funzioni ed il recupero dell’identità globale della piazza, oltre che la sua riconnessione al tessuto circostante per ridare una visione d’insieme della città, ha costituito la finalità prima della nostra ricerca. Questa, si pone infatti ad ampia scala lo scopo di una rilettura e riqualificazione complessiva, e dunque di un ridisegno globale, degli spazi vuoti all’interno di Lascari, siano essi di sosta, quali le piazze, ovvero di passaggio, quali le strade; in tale ambito d’insieme è stato approfondito dal punto di vista grafico in particolare lo studio della piazza in questione. Il rilievo urbano ed ambientale di un piccolo centro, è il primo strumento delle trasformazioni territoriali di un ambito culturale definito da una chiara identità urbana, al fine del recupero della stessa. All’interno di tale sistema spaziale, in cui pieni e vuoti assumono la stessa valenza sul piano compositivo, il nostro obiettivo è stato quello di combattere le alterazioni e la perdita dei significati che oggi appaiono profondamente mutati a causa di interventi che non hanno tenuto conto della coerenza del tessuto della città e dei linguaggi stilistici e dell’identità del luogo. Infatti la conoscenza e la valorizzazione di tali spazi sono state per lungo tempo ignorate dalle amministrazioni comunali avvicendatesi, poco sensibili a tali problematiche; tutto ciò ha causato una caduta di qualità del disegno architettonico ed urbanistico oltre ad un abbandono culturale a scapito della coerenza e validità degli interventi realizzati. La nostra convinzione deriva dal fatto che ogni intervento progettuale di riqualificazione dei piccoli centri non può dunque prescindere dal recupero dei loro spazi urbani a cielo aperto. Il lavoro di ricerca è stato distinto in quattro fasi correlate tra loro: l’analisi del sistema di vuoti collegati da percorsi individuati all’interno di tutto il tessuto urbano lascarese; la scelta della tematica progettuale, identificata nel vuoto di piazza Garibaldi, sita in una delle parti più antiche del paese; lo studio della documentazione storico iconografica esistente relativamente a tale parte; la schedatura dell’area urbana in oggetto, documentata tramite il rilievo diretto e la restituzione grafica, strumenti indispensabili di conoscenza; infine, la fase progettuale. Per quanto concerne la descrizione del luogo, la piazza ha una forma pressocché rettangolare; ad essa si accede in macchina attraverso due assi viari, posti in dislivello leggero tra loro, siti lungo i due lati maggiori del rettangolo. Da un punto di vista pedonale, altri due vicoli, di cui una scalinata che conduce verso l’esterno del paese, confluiscono all’interno dello spazio. In passato questo era valorizzato da una fontana-abbeveratoio circolare in pietra di Billiemi, disfatta agli inizi degli anni ’70 ed a noi non pervenuta. La pavimentazione, di tipo misto, era in acciottolato e lastricato. Oggi è in porfido trentino. Altro elemento rilevante, sicuramente da un punto di vista storico ed affettivo, se non artistico, tuttora in sito, è il Monumento ai Caduti di guerra, realizzato da uno scultore palermitano. Alcuni tra gli edifici che costituiscono i fronti della piazza sono di recente costruzione e di scarsa qualità progettuale. In particolare, solamente una facciata, che riecheggia nel suo stile il linguaggio liberty e che domina come quinta alle spalle del monumento, ha una sua coerenza stilistica che però non è attualmente valorizzata. L’intero invaso, inoltre, è oggi utilizzato come parcheggio, il che dequalifica la sua spazialità e ne limita la fruizione. Si è perso così il significato primario dello spazio quale luogo di incontro, poiché sono al momento attuale impossibili in esso l’aggregazione, la sosta umana e l’intrattenimento con le altre persone. Elementi che assumono valenza architettonica di pieni, per la loro presenza imponente, sono dei grandi alberi appartenenti alla famiglia delle magnolie. Le matrici spaziali fondamentali sono determinate dai due assi stradali sopra citati, da un passaggio coperto dalla direzione leggermente inclinata rispetto all’andamento geometrico della piazza e dalla scalinata che da essa discende guardando verso il paesaggio circostante. Tali elementi sono ormai assolutamente sconnessi sia da un punto di vista percettivo che fisico. Il progetto si propone dunque quale finalità quella di ricomporre lo spazio in un insieme armonico, che possa riamalgamare tra loro i vari elementi architettonici in una composizione organica ed unitaria. Trattandosi di un ambito contenuto, la nostra intenzione progettuale è stata quella di puntare su interventi minimi e puntuali, ridisegnando l’intera pavimentazione in maniera da tener conto della sua componente morfologico-topografica, dei suoi elementi di rilievo, dunque da evidenziare, e della sua logica urbanistica generale. Attraverso interventi misurati e studiati nel dettaglio basati sulla riproposizione di geometrie semplici e regolari, sul recupero di elementi (il Monumento ai Caduti dal valore “civico”) e materiali preesistenti (acciottolato di tradizione locale, pietra di Billiemi di cui era costituita la fontana, porfido di cui è attualmente costituita la pavimentazione e che, per una maggiore economicità dell’intervento, si intende recuperare in fase di progetto), oltre che sulla rievocazione di “memorie storiche” (la citazione della fontana), si intende dare un nuovo assetto di definizione urbana contribuendo alla unitarietà dell’intervento e creando un luogo pedonale di sosta e permanenza, eliminando inoltre i parcheggi, che sono altresì perfettamente raggiungibili nelle immediate vicinanze e dunque superflui. Piccoli segni, dunque, fondati sull’essenzialità della geometria, sulla fisicità dei materiali, sulla trasparenza dell’acqua, sulla continua trasformazione del verde. Unica eccezione figurativa rispetto alla regolarità ordinata della trama generale della pavimentazione il cui elemento determinante è la linea retta, è costituita dal sistema della fontana basato invece sulla linea curva che spezza il sistema. Altro episodio importante è la sistemazione dell’area di pertinenza del monumento, che riacquista il suo valore storico.
La definizione ultima dell’intervento è stata resa possibile attraverso il disegno di rilievo e quello di progetto; ciò è stato svolto con il supporto del disegno manuale, in particolare nella prima fase progettuale, utilizzato contemporaneamente a quello virtuale, due diverse espressioni di uno stesso processo mentale. Infatti a nostro avviso nella fase iniziale rimane insostituibile il disegno a mano libera, che resta il mezzo più immediato per fissare in forma indelebile l’idea di progetto. La diffusione dell’utilizzo del computer nel mondo della progettazione ha comunque generato una nuova metodologia più sofisticata con una ricerca linguistica rinnovata. Il disegno di progetto elaborato con tecniche grafiche informatiche, che permette la comunicazione e trasmissione dell’idea di architettura, utilizza, quindi, l’elaborazione di modelli digitali che danno origine a nuove forme espressive nella rappresentazione. Le idee progettuali trasmesse con differenti elaborazioni vengono integrate ed amalgamate tra loro; tale rappresentazione viene considerata anche come mezzo di comunicazione mediatica che viene fatta veicolare con vari mezzi, tra cui internet. La rappresentazione tramite l’uso del computer, come afferma Peter Eisenman, ci dà la possibilità di elaborare materiali che non potrebbero essere predisposti direttamente con un passaggio dalla mente alla mano. Diventa così, quindi, possibile controllare e verificare contemporaneamente i diversi aspetti utilizzando nuovi codici espressivi; le nuove tecnologie vanno comunque tuttora integrate con la conoscenza scientifica delle regole del disegno, senza le quali qualsiasi tipo di rappresentazione rimane inefficace.


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    Project details
    • Year 2003
    • Status Competition works
    • Type Public Squares
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