Beata Solitudo

Installazione di Giuseppe Arezzi per “Una stanza tutta per sé” | Personale/Condiviso Rome / Italy / 2017

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Il progetto, è il risultato di una ricerca che ho iniziato circa due anni fa per la mia tesi di laurea magistrale al Politecnico di Milano. Frutto di una collaborazione con i relatori Francesco Faccin e Francesca Balena Arista.


Gli anni contemporanei del XXI secolo, sono fortemente caratterizzati dalla precarietà come aspetto sociale umano. La precarietà, ovvero la mancanza di stabilità economica, mentale e anche geografica, porta l’uomo ad una ricerca continua di cambiamenti all’interno della propria vita, al fine di trovare la situazione più comoda. Non pensare al futuro, ma cercare di adattarsi a ciò che offre il presente. Nella maggior parte dei casi, la vita in città frenetiche, un posto di lavoro a tempo indeterminato, tanti impegni e poco tempo libero, portano l’uomo a non essere soddisfatto e a ricercare una condizione che lo allontani da tutto questo.


Molti decidono di trasferirsi in centri urbani più piccoli, altri preferiscono piccoli paesi di campagna o di mare, altri ancora in percentuale minore rispetto ai primi preferiscono rifugiarsi in solitudine e in intimità con se stessi e la natura: deserti, valli desolate, boschi. Questi ultimi sono dei veri e propri eremiti contemporanei, abitano piccoli rifugi, a volte per brevi periodi dell’anno altre volte per tutto il resto della loro vita, praticano attività ancestrali come l’agricoltura e l’allevamento, altre volte, grazie all’utilizzo della tecnologia, riescono ad essere autosufficienti con l’aiuto delll’energia fotovoltaica, eolica e alla raccolta dell’acqua piovana.
“O beata solitudo, o sola beatitudo”, solo separandosi dal mondo e dagli altri è possibile trovare il piacere della tranquillità dell’animo.


Beata Solitudo è il rifugio dell’eremita contemporaneo - tecnologico, mutante e primitivo - una piccola casa con tutto il necessario per vivere da soli: un posto per cucinare, un posto per mangiare, un posto per lavarsi, un posto per dormire ed una soffitta per stivare i viveri e guardare le stelle, ci sono anche gli spazi per allevare gli animali e gli strumenti necessari a sfruttare le energie rinnovabili. Questo rifugio è stato progettato come un prodotto piuttosto che come un’architettura definitiva; avendo una struttura rigida e autoportante è possibile collocarlo in qualsiasi parte del mondo. Le pareti di legno, concepite come dei telai, permettono di volta in volta, in base al luogo in cui l’abitacolo viene montato, di intrecciare una copertura sempre diversa: diventa una casa di tappeti se si stabilizza in Mongolia o nel deserto, di palme in Tailandia o nei paesi equatoriali, di pelle di foca in Antartide....


Beata Solitudo non vuole porsi solo come uno spazio fisico, ma vuole rappresentare anche lo stile di vita dell’eremita tecnologico mutante e primitivo.

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    Il progetto, è il risultato di una ricerca che ho iniziato circa due anni fa per la mia tesi di laurea magistrale al Politecnico di Milano. Frutto di una collaborazione con i relatori Francesco Faccin e Francesca Balena Arista. Gli anni contemporanei del XXI secolo, sono fortemente caratterizzati dalla precarietà come aspetto sociale umano. La precarietà, ovvero la mancanza di stabilità economica, mentale e anche geografica, porta l’uomo ad una ricerca continua di cambiamenti...

    Project details
    • Year 2017
    • Work started in 2017
    • Work finished in 2017
    • Status Completed works
    • Type Exhibitions /Installations
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