riqualificazione edificio | Roberto Zampoleri

less & more Treviglio / Italy / 2010

0
0 Love 1,202 Visits Published
filosofia_l’incipit trova ragion d’essere dall’analisi del visibile, riassunto di un racconto prolisso e articolato che la storia di Treviglio ha sviluppato a partire dall’anno in cui i Romani vi fondarono il primo insediamento umano: il castrum vetus. È proprio in quell’antico luogo, carico di vicende umane ed urbane, che una drammatica ferita ed il suo rimedio produssero una serie di inconsapevoli incidenti architettonici a partire dai primi decenni del secolo scorso. Superfetazioni che cancellarono i segni dell’antica fondazione: la croce insediativa della centuriazio. L’isolato si chiuse temporaneamente nel proprio confine celando nel suo grembo un tesoro urbano per decenni abbandonato in stato di quiescenza, in attesa di essere riscoperto e riportato in vita, orgoglioso della sua natura, identitario nella sua forma, utile nella sua funzione. Un’operazione di microchirurgia urbana, delicata nei suoi movimenti, dovrà restituire significato al luogo, riscoprendo il genius loci latente ma ancora presente nelle sue tracce mai del tutto cancellate. Ripartire dall’inizio sviluppando il sottile file rouge della narrazione morfogenetica e seguirlo, con rigore ed ordine, senza cedere alle lusinghe di facili formalismi estetizzanti o di ridondanti gesti di forza autoreferente. Ciò che già esiste, ritrovato e adeguato alle nuove esigenze socio-culturali della Treviglio contemporanea, rivisitato e riconnesso allo spazio urbano e architettonico con il fine di riappropriarsi di un luogo simbolo. progetto_ partendo dal presupposto che un edificio (in questo caso l’ex UPIM), incongruo dal punto di vista urbano e di comprovato scarso valore architettonico, può eticamente considerarsi violabile ma che, per analoghe considerazioni etiche, risulta maggiormente sostenibile il tentativo di far ristabilire allo stesso (o al suo adeguamento architettonico) dei contatti virtuosi con il luogo, il progetto abbandona la strada del tabula rasa sostenendo l’opportunità di operare attraverso una ridefinizione semiotica dello spazio architettonico (quindi il vuoto e non la massa) attingendo dalla storia urbana i presupposti semantici. Il luogo ci suggerisce pertanto di ricercarne l’origine (l’incipit, appunto) e da essa procedere alla ricomposizione del tessuto urbano, indizio per indizio, condizione per condizione, ragione per ragione. L’emersione del disegno urbano storico (la croce insediativa) recupera il sistema dei percorsi urbani interni al lotto narrando con chiarezza una sequenza spaziale tipica, dove al portico succede un varco e al varco una corte dalla quale riprendere la misura umana di uno spazio intimo per poi procedere lungo un percorso storico sin verso il margine opposto. Nasce così la promenade nord-sud che da piazza Garibaldi, e perpendicolarmente ad essa, conduce alla via F.lli Galliari. Da tale incrocio di percorsi, progenitori di nuove gerarchie urbane, si costruisce la stereotomia del progetto architettonico come composizione semplice di misurati volumi stereometrici. Una calibrata operazione di riduzione della massa architettonica genera un profondo vuoto a nord nello spazio di contatto con il margine nobile dell’isolato. Uno spazio di distensione, di decompressione che stabilisce un’opportuna distanza tra ciò che c’era e ciò che diviene. Una vera piazza pubblica articolata su due livelli, due spazi dal diverso significato filosofico posti su scale gerarchiche differenziate: il luogo del mercato (a livello strada) che riporta vita nel cuore dell’isolato ed il luogo della meditazione (ipogeo) che dilata lo spazio interno della biblioteca/emeroteca/ludoteca in una nuova dimensione ieratica e concettuale (biblioteca come tempio della cultura). Su questo vuoto, espressione di un delicato contatto, tre volumi architettonici funzionalmente differenziati ed articolati su scale diverse, residuano dal processo di erosione della massa strutturale preesistente, corrodendosi a loro volta sul liminare del contatto con il vuoto, amplificando così il senso di gradualità del rapporto tra i luoghi. Erosioni geometriche che riprendono il disegno parimenti geometrico e l’orientamento dei cortili dell’isolato, erosioni evidenziate dal diverso trattamento della materia sia a livello della copertura che delle facciate sulle quali disegnano un sistema di aperture/chiusure coincidente con l’ontologia del dispositivo planimetrico. In corrispondenza del vuoto urbano della piazza Garibaldi l’architettura, diversamente dal suo articolato interno, ritorna ad essere nitidamente lineare, disponendosi longitudinalmente ad essa con un nuovo corpo architettonico sospeso: il margine del castrum vetus ripreso dagli storici allineamenti e reso ancor più evidente dall’estrusione dello stesso verso la piazza, così da proporre una nuova relazione spaziale/percettiva tra lo spazio aperto e la massa architettonica. Il corpo sospeso genera due nuovi luoghi per la città: il porticato e la loggia, spazi civici per la collettività, luoghi di svago e di approfondimento, luoghi di commercio e di cultura. La loggia ritorna ad essere l’antico luogo di sosta divenendo una sala per le esposizioni (temporanee o permanenti) in grado di duplicare la piazza su un nuovo livello, accessibile da generose rampe di collegamento collocate nel basamento tettonico. Tale ritrovata permeabilità a livello del suolo moltiplica le dimensioni dello spazio vissuto e percepito recuperando una ricercata profondità che, senza soluzione di continuità, accompagna lo sguardo ed il corpo oltre la massa dell’edificio fino alle corti interne ed anche oltre, fino a via F.lli Galliari. Emerge così la semplicità del progetto composto da due volumi sovrapposti: il basamento tettonico (superfici vetrate e travi reticolari parete) e l’apparato stereotomico (volume massivo trattato con un omogeneo rivestimento a membrana costituita da lastre in laterizio laccato). Permeabilità a livello del suolo, compattezza ai livelli superiori. L’interazione tra le parti in corrispondenza dei luoghi di connessione (ambulacro/loggia sospesi sulla piazza Garibaldi) genera una nuova relazione materica nella quale la massa si stempera ed il vuoto si compatta, individuando così una nuova caratteristica: la porosità. Porosità percepita dalla traslucenza di tale interazione che di notte proietta il proprio negativo sulla superficie della piazza invertendosi di giorno dove è la piazza ad entrare nello spazio interno grazie all’apertura a compasso dei pannelli di rivestimento e dalla rarefazione della trama della superficie, contribuendo ad arricchire il significato della relazione tra spazio aperto e confinato. L’insieme recupera le dimensioni dello spazio architettonico allineandosi alle quote degli edifici preesistenti anche per mezzo di uno sky line a falde inclinate che risponde alle istanze di un ambiente architettonico storico composto da edifici con coperture a falda e così da non ostacolare la vivace incertezza di un contatto simbolico e trascendente tra terra e cielo mediato, appunto, dall’architettura.
0 users love this project
Comments
    comment
    user
    Enlarge image

    filosofia_l’incipit trova ragion d’essere dall’analisi del visibile, riassunto di un racconto prolisso e articolato che la storia di Treviglio ha sviluppato a partire dall’anno in cui i Romani vi fondarono il primo insediamento umano: il castrum vetus. È proprio in quell’antico luogo, carico di vicende umane ed urbane, che una drammatica ferita ed il suo rimedio produssero una serie di inconsapevoli incidenti architettonici a partire dai primi decenni del secolo scorso. Superfetazioni che...

    Project details
    • Year 2010
    • Client comune di Treviglio
    • Status Competition works
    • Type multi-purpose civic centres
    Archilovers On Instagram