Concorso di idee per la riqualificazione del vecchio Magazzino 5 del cementificio Lafarge nella Sagra Villaluenga (Toledo). | Francesco Gulinello

Toledo / Spain

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Il rapporto con il tempo


Il progetto interviene sul manufatto con l’intenzione di preservare la sua conformazione originaria. Un attento intervento di conservazione e ripristino esprime il rispetto per la testimonianza, la memoria del luogo e la funzione che l’edificio ospitava. Il tempo assume per il manufatto un valore.


L’azione di trasformazione, pur operata in termini di conservazione, altera i segni del tempo, ambisce a una sorta di sospensione temporale o di apparente inversione e tende a cancellare il valore determinato dal “tempo”. Il progetto non intende riportare ad un tempo passato.


L’idea di progetto intende individuare un intervento che riveli la propria identità e autonomia rifiutando qualsiasi mimesi o ambiguità. Il vero rispetto nei confronti del passato ci spinge ad essere “autenticamente contemporanei”.


 


La conservazione


Le operazioni di carattere conservativo previste per la rehabilitación  del  antiguo  almacén  5  de   la  fábrica  de cemento de Lafarge avranno come finalità quella di ottenere, a livello dei materiali costituenti il manufatto, una “cristallizzazione della memoria”.


Puntuali quindi saranno le opere sull’involucro che tenderanno a “congelare” lo status quo della fabbrica. Gli impalcati verranno consolidati provvedendo solo al ripristino dei manti di tenuta estradossali, mentre le sommità delle murature saranno bonificate ripristinando i sistemi di allontanamento delle acque meteoriche.


Gli intonaci interni conserveranno le loro lacune e tutti quei segni che ne raccontano gli usi pregressi, questi verranno puntualmente consolidati mediante iniezioni solo ove necessario oppure, nei casi di polverizzazione, fatti oggetto di trattamenti coesivi superficiali.


Le ampie vetrate verranno ripristinate solo con tecnologie analoghe a quelle originali, ma solo in caso di mancanza, mentre si provvederà ad una generale verifica sulla loro tenuta.


Le pavimentazioni conservate saranno infine oggetto di una blanda pulitura con tensioattivi, solo per rimuovere depositi superficiali, mentre eventuali lacune saranno reintegrate con getti in cemento steso manualmente ed additivato per compensare possibili ritiri.


L’edificio dovrebbe conservare la sua natura di manufatto “lavorato dal tempo” divenendo così patrimonio metabolizzato e non più ferita aperta.


Una casa nella casa


Il progetto ricerca un approccio che riesca a definire un chiaro rapporto di relazione qualitativa tra contenitore (l’edificio esistente) e contenuto (l’intervento).


Si tratta di individuare una modalità per costruire all’interno di uno spazio dato: una casa nella casa, un’architettura nell’architettura. Si tratta di comporre, di porre/collocare insieme, di fare di più cose una sola. All’interno di questa composizione ogni oggetto, con la sua specifica identità, è legato all’altro da una relazione significativa, una sorta di “risonanza” formale.


All’interno del perimetro fisico dell’edificio esistente, il limite delle pareti diventa superficie attiva avvolgente, che contiene e delimita lo spazio in cui si colloca l’oggetto/soggetto dell’intervento. I piani e le superfici che definiscono l’ambito spaziale (l’involucro) dell’edificio esistente, di per sé elementi geometrici astratti, rendono così possibile una relazione tra le parti. L’involucro, limite doppio che interagisce con l’interno e l’esterno, contiene una serie di spazi ed oggetti senza negarne le qualità ma favorendo le relazioni di introversione ed estroversione.


Geometria come forma


Il progetto cerca la sua definizione nell’oscillazione tra i due margini di soggettività e oggettività, una sorta di esplorazione dei confini di due elementi che si oppongono respingendosi.


L’arbitrarietà della scelta di indagare la forma rifiutando l’ipotesi di partire dalla funzione si mostra come apparentemente in antitesi rispetto ad un approccio che aspira, invece, alla verità cercando la sua legittimazione logico-razionale all’interno della disciplina.


Il rigore del processo intende tuttavia restituire solidità al labile presupposto dell’arbitrio iniziale. 


Non si tratta di un’operazione gestuale, della pretesa di esprimere la propria individualità, bensì di una ricerca all’interno del processo di generazione della forma, in cui prevale l’idea di condivisione.


Il manufatto è inteso come un vuoto disponibile ad accogliere una “forma” intesa come esplicita manifestazione di un nuovo ruolo e di una diversa funzione. La soluzione formale si pone come elemento in grado di interpretare questo mutamento, di ruolo e di funzione, simbolicamente.


L’astrazione geometrica non appare più come semplice strumento, criterio d’ordine del sistema architettonico, ma si configura come parte attiva che provoca un processo di definizione formale. Essa rappresenta l’elemento generativo e contemporaneamente l’elemento di interazione dialettica tra le forme, tra l’esistente e il nuovo. La geometria favorisce così le relazioni fra le parti grazie ad una evocazione capace di restituire significato alla forma stessa.


Risonanze


L’idea quindi di instaurare un’iterazione dialettica tra contenuto e contenitore spinge ad immaginare una relazione intesa come rapporto di “risonanza” che tiene insieme gli opposti. Facendo riferimento alla ricerca a lungo perseguita da Jorge Oteiza, il meccanismo della risonanza si rivela come ciò che tiene insieme gli opposti di cui è costituita la materia, gli opposti che venendo a contatto tra di loro si annullano  sprigionando energia.


L’esplicito riferimento è il pretesto per indagare l’oscillazione sul limite tra astrazione e razionalità.  L’autonomia disciplinare dell’architettura e le contaminazioni di ambiti disciplinari esterni si confrontano in una sorta di tensione positiva di opposti, dicotomia fra razionalità e l’espressività, nel tentativo di ritrovare una conciliazione. Quella ri-conciliazione tra le posizioni che Josè Ortega y Gasset individua con estrema chiarezza: l’uomo mediterraneo e l’artista astratto e geometrico, lo stile vitalista e quello geometrico.


La soluzione distributiva


L’articolazione generale degli spazi è organizzata per rispondere in modo appropriato alle richieste del bando. Le funzioni sono disposte in modo da individuare aree separate e fruibili autonomamente, senza che ciò implichi allestimenti specialistici, in modo da rendere lo spazio versatile e facilmente adattabile.


L’ingresso principale, posto sulla facciata sud, permette di accedere ad un vestibolo, destinato ad accogliere i visitatori, da cui si distribuiscono i percorsi che conducono alle varie aree e dal quale è percepibile con chiarezza l’organizzazione dell’intero sistema.


Uno scavo sul piano del pavimento alla quota d’ingresso permette di cogliere nel suo intero sviluppo volumetrico l’oggetto architettonico, cassa armonica la cui base poggia sul piano inferiore dell’edificio esistente. Si tratta di un solido in cemento grigio determinato dall’articolazione dei suoi piani generatori, sottoposti a rotazioni, torsioni, tagli, dislocazioni.


Il volume subisce una rotazione rispetto alle geometrie regolari dello spazio che lo ospita per sottolineare, ancora una volta, la netta distinzione tra le parti. Un corpo esile, caratterizzato da uno sviluppo verticale e visibile da ogni ambito dell’edificio, individua il punto di rotazione, cardine da cui si sviluppa la tensione delle geometrie. Il sistema dei percorsi che porta al livello inferiore si innesta a questo cardine avvolgendo con una rampa lievemente inclinata il perimetro della cassa e conducendo all’ingresso alla sala.


La cassa armonica ospita all’interno del basamento una sala, un punto d’incontro in grado di accogliere 150 persone, gli spazi per l’esposizione delle soluzioni costruttive innovative proposte da Lafarge, i servizi e i locali di deposito.


Al livello superiore una sala espositiva che si affaccia sul sistema delle rampe è destinata a mostre temporanee. Allo stesso livello, all’interno dei locali attigui trovano sistemazione piccole sale di dimensione flessibile destinate alla formazione interna ed in grado di ospitare gruppi di 20-40 persone, uffici ed aree per il trasferimento di conoscenze dotate di pareti mobili.


Il piano orizzontale dell’oggetto, leggermente inclinato, in corrispondenza del punto di rotazione si raccorda con le quote dei percorsi per consentire di transitarvi al di sopra. L’inclinazione dissocia i piani distinguendoli.


La materia


Lafarge è oggi leader in Europa per la fornitura di cementi UHPFRC (ULTRA HIGH PERFORMANCE FIBRE RINFORCED CONCRETE) che garantiscono elevate performance tecnico/strutturali unite ad una straordinaria libertà progettuale e rappresentano il futuro nelle soluzioni per l’architettura.


Il Ductal (l’UHPFRC di Lafarge) permette, infatti, soluzioni tecniche e metodologie innovative di produzione finalizzate al miglioramento economico, strutturale ed estetico del progetto.


La composizione molecolare del Ductal permette una diminuzione degli spessori e una ampia gamma di finiture delle superfici, inoltre permette di realizzare elementi prefabbricati dalle forme complesse.


La soluzione individuata per questo progetto è il rivestimento di una struttura metallica, sottostante, con pannelli in UHPFRC che nella loro texture, colore, finitura e alto profilo tecnologico trasformino la materia in uno spazio architettonico sensoriale.


La luce


La luce gioca un ruolo determinante per l’intero allestimento dello spazio. L’inserimento di lucernai nel solaio di copertura permette e modula il suo ingresso all’interno del volume dell’edificio. Omaggio alla  Moñtana Tindaya di Eduardo Chillida, alla sua spazialità magica, la luce penetra con i cicli naturali, proponendo una visione contemplativa dell'uomo nel mondo, del suo rapporto con lo spazio e con il tempo. Due ricettori prismatici filtrano i raggi luminosi all’interno ricercando condizioni mutevoli, suggestive, percezioni inconsuete del sole o della luna.

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